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Mentre Giuseppe Conte è in Libia per tracciare una nuova trama verso la stabilità del Paese, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta vola in Libano, accompagnata per l’occasione dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. La partecipazione italiana alla missione Unifil è stata spesso snobbata dai grandi riflettori. Eppure, il contributo nazionale è rilevantissimo, a partire dal comando del generale Stefano Del Col, fino alla mediazione tra le Forze libanesi e quelle israeliane nella delicata gestione della “blue line”. Ora, con l’annunciato ritiro degli Stati Uniti dalla Siria, con il rischio di nuove tensioni e di maggiori occasioni di escalation, tale missione assumerà senza dubbio un ruolo ancora più rilevante.

LA VISITA DELLA TRENTA

Per il ministro Trenta si tratta di un ritorno, visto che già ad inizio agosto aveva partecipato al cambio al vertice della missione dell’Onu. Allora, per la quarta volta, l’Unifil tornava sotto il comando italiano, in particolare sotto quello esercitato dal generale Stefano Del Col, che la Trenta è tornata a trovare, questa volta con il presidente di palazzo Madama. L’impegno delle Nazioni Unite riguarda circa 10.500 militari provenienti da 42 Paesi. Il contributo italiano è tra i più corposi.

LA PRESENZA ITALIANA

Circa 1.100 soldati italiani sono infatti dispiegati nel Sector west, quello considerato di maggiore delicatezza in virtù della massiccia presenza di Hezbollah. A Shamaa, si trovano i bersaglieri della Brigata Garibaldi impegnati nell’operazione Leonte XXV, sotto il comando del generale Diodato Abagnara. Ad al Mansouri, molto vicino alla “blue line” con Israele, c’è l’unità di manovra di ItalBatt, che volge operazioni di pattugliamento e sorveglianza, al fine di garantire il mantenimento del cessate il fuoco. A tutto questo si aggiunge il comando dell’intera Unifil, ma anche la missione militare bilaterale italiana in Libano (Mibil), la quale si occupa, dal 2015, di attività addestrative a favore delle Forze armate, delle Forze dell’ordine e della Guardia presidenziale.

IL SALUTO AI MILITARI

“Sono veramente felice di essere qui con voi, anche per portarvi il ringraziamento a nome dell’Italia e dell’intera comunità internazionale, per il contributo che state fornendo alla causa della pace, della sicurezza e della stabilità internazionale in questo Paese tanto bello quanto difficile”, ha detto il ministro a Shamaa, rivolgendosi ai militari italiani. La Trenta ha rinnovato i saluti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che già pochi giorni fa aveva salutato tutti i contingenti all’estero dalla sede romana del Comando operativo di vertice interforze. “Lo so che oggi, nel periodo del Natale, sentite la lontananza da casa, dai vostri familiari, dai vostri affetti; a voi tutti, al personale dei contingenti stranieri e alle vostre famiglie rinnovo il saluto e l’augurio più sincero e cordiale del governo e del Paese per un sereno natale e un felice anno nuovo”.

LA CENTRALITA’ DEL LIBANO

Pur lontana dal grande dibattito, la missione italiana è considerata centrale per la stabilità dell’intero Medio Oriente, contribuendo alla stabilità, tutt’altro che scontata, di un Paese in cui si intrecciando le divisioni che caratterizzano l’intera regione. D’altra parte, ha spiegato il ministro, “il Libano è stato fin dall’inizio un importante banco di prova per il nostro Paese e le nostre Forze armate, caratterizzato da un impegno crescente negli anni, in termini quantitativi, qualitativi e di assunzione di responsabilità”. Ora, il comando italiano è “la conferma di un modello operativo vincente, le cui caratteristiche sono state sempre l’imparzialità nella mediazione e la ricerca del dialogo tra le parti in causa”.

L’IMPORTANZA DI ESSERE IMPARZIALI

Quello dell’imparzialità è sembrato essere un riferimento al recente botta e risposta con il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Da Israele, il leader leghista aveva apostrofato le forze di Hezbollah come “terroristi islamici”, facendo emergere “preoccupazione “ e “imbarazzo” dal ministero della Difesa. Un nuovo invito alla cautela del linguaggio era arrivato dalla stessa Trenta, che aveva spiegato l’esigenza di moderazione in virtù del ruolo “super partes” svolto dai nostri militari in Libano. Da Shamaa, il ministro ha ribadito essere “quanto mai necessario continuare alimentare in questa area il dialogo e il rispetto reciproco, attraverso un’azione corale della comunità internazionale che promuova la stabilizzazione e la pace, mettendo al centro la sicurezza collettiva”.

IL PERCHE’ DI ESSERE ALL’ESTERO

Ciò è ancora più vero se si considera la centralità del Libano per la stabilità del Medio Oriente, e dunque per interessi che ci riguardano direttamente. “È questa una circostanza che troppo spesso tendiamo a dimenticare, giudicando aree remote quelle che, sul piano geo-strategico, sono invece punti vitali degli attuali equilibri internazionali che, in quanto tali, coinvolgono direttamente anche nostri interessi fondamentali”, ha notato il ministro. “Contribuire alla stabilità del Libano vuol dire farsi garanti di una parte importante della sicurezza e della stabilità del Mediterraneo e del Medio Oriente, quindi dell’Italia. La pace e la sicurezza di domani – ha detto ai militari italiani – si costruiscono oggi, e voi, con la vostra presenza qui, le state costruendo”.

L’importanza di essere in Libano. La visita del ministro Trenta

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