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Il regime nordcoreano ha chiesto di non mostrare tristezza alle persone che hanno perso tutto sotto le inondazioni. Quello che è di fatto un obbligo è stato dettato dal satrapo Kim Jong-un e imposto con forme di sorveglianza. Il Paese è quasi totalmente isolato dall’esterno, una tra le forme di iper-protezione di Kim, e sta spingendo una propaganda interna chiara e forte: quanto è successo è un evento calamitoso (minimizzato) dal quale il “brillante compagno” che guida il regime sta salvando il Paese. Circolano svariati foto e video che lo mostrano impegnato in interventi su gommoni o vari altri mezzi – tra cui uno su una delle sue Lexus, una delle passioni automobilistiche del satrapo, già mostrata nelle alluvioni di quattro anni fa, che ha un parco-macchine di tutto rispetto nonostante il suo Paese sia colpito da sanzioni di vario genere e il suo popolo non possa nemmeno immaginare di possedere beni di lusso.

Manca tutto a Pyongyang per affrontare la calamità (e le auto di lusso non bastano) ed è qui che Vladimir Putin ha sfruttato lo spazio per ricambiare l’aiuto ricevuto contro Kyiv (la Corea del Nord rifornisce di proiettili e forse missili di vario genere le forze russe impegnate nell’invasione su larga scala dell’Ucraina). “Ti chiedo di trasmettere parole di simpatia e sostegno a tutti coloro che hanno perso i loro cari a causa della tempesta”, ha detto Putin in un telegramma a Kim, aggiungendo: “Puoi sempre contare sul nostro aiuto e sostegno”. Secondo le informazioni fornite dalla Corea del Sud, attendibili ma non definitive perché il regime del Nord oscura e falsifica i dati ufficiali, ci sono almeno 1500 morti e diversi dispersi dopo le forti piogge di fine agosto (che hanno colpito anche le zone appena oltre il confine cinese).

Oltre 4mila case sono state sommerse, migliaia di persone sono ancora isolate perché Pyongyang non ha i mezzi per soccorrerli – nonostante il Paese abbia ormai raggiunto la capacità nucleare militare e creato un sistema di armamenti sufficientemente tecnologizzato. Tra l’altro, anche nei giorni scorsi Kim ha supervisionato il trasferimento di circa 250 missili verso il confine intra-coreano, ricordando che quelle armi erano un’evoluzione tattica con vettori “disegnati personalmente da me” – gli stessi che lo scorso mese sono stati testati per capacità nucleari. Nei giorni precedenti, il satrapo aveva accusato i media sudcoreani di diffondere voci sui danni e vittime delle inondazioni. Seul ha contattato Pyongyang per offrire aiuti umanitari, ma per la narrazione del regime funziona di più l’assistenza russa (con cui la relazione è stata esaltata a strategic partnership) e le manovre militari verso il 38esimo parallelo.

Durante la fastosa cerimonia per spostare i missili al confine meridionale, utile anche a distogliere l’attenzione dal disastro delle alluvioni, Kim ha accusato gli Stati Uniti di aver creato “un ambiente nucleare” nella regione. È un vecchio claim, il Paese (sin dai tempi del nonno dell’attuale leader, il “Grande uomo disceso dal Paradiso” Kim Jong-il) ritiene necessario il raggiungimento delle capacità nucleari per una ragione esistenziale: contrastare da potenza atomica gli Usa, e indirettamente la Corea del Sud alleata americana. Attualmente Washington non ha in realtà schierato armi del genere nell’area, tuttavia anche nei recenti colloqui con Seul (e Tokyo) si è parlato della futura postura strategica regionale.

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