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C’è un nome nuovo (ma non del tutto) nel marasma geopolitico che caratterizza questo fine anno libico: si tratta di Saif al-Islam, figlio del colonnello Gheddafi, che potrebbe diventare la figura attorno alla quale coagulare gli sforzi anche di Mosca nella partita in Libia.

Libero dallo scorso mese di giugno grazie a un’amnistia approvata dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk, è ormai pronto a tutti gli effetti per misurarsi con le urne del 2019. Resta da capire con quali capibastone al seguito, in virtù di quali intrecci con la geopolitica e soprattutto con quali accordi (o scontri) con il generale Khalifa Haftar.

CHANGE

Il generale della Cirenaica, figura divisiva, potrebbe essere non proprio bypassato, sostengono alcune voci, ma affiancato da Saif in una fase decisiva per lo sviluppo libico. Ci sono in ballo svariati fronti legati agli affari, che giocheranno un ruolo primario: i contratti di ricostruzione del valore di miliardi di dollari, la questione delle quote legate alle risorse petrolifere africane e una possibile nuova base navale sul Mediterraneo che più di qualcuno è certo che la Russia vorrà realizzare.

Mosca coltiva una serie di interessi in Libia, sfruttando anche la contingenza legata all’assenza dell’ambasciata Usa in loco dopo l’assassinio dell’ambasciatore a stelle e strisce nel 2012 a Bengasi: in primis il nuovo contratto da 2,5 miliardi di dollari per costruire una linea ferroviaria ad alta velocità da Bengasi a Sirte, progetto interrotto dopo i fatti del 2011, al pari delle forniture per la difesa libica del valore di 4 miliardi di dollari. Un interscambio lievemente controbilanciato dal grano russo, acquistato da Tripoli per poco più di mezzo miliardo di dollari.

SI VOTA?

Tra l’altro, come osservato ieri dall’emittente emiratina Al Arabiya, sarebbero già stati organizzati i primi comitati elettorali pro Saif, animati da quei capi tribù che negli ultimi anni hanno dialogato con l’uomo forte della Cirenaica.

Il servizio della tv aggiunge anche che Saif avrebbe scritto una lettera a Putin avanzando due scenari: il primo legato ad una nuova conferenza nazionale senza esclusione di alcuno dei players coinvolti (quindi evitando lo schema andato in scena in Sicilia, con la fuga della Turchia e i mille dubbi dello stesso Haftar), passaggio propedeutico allo svolgimento di quelle elezioni che sembravano certe fino a prima della scorsa estate, ma che poi sono state fatte uscire dall’agenda libica dopo i nuovi episodi legati alla violenza delle milizie e agli attacchi ai giacimenti petroliferi.

EQUILIBRI

I nodi al momento riguardano le sanzioni internazionali che pendono sulla figura di Saif: ha sulla testa un mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale e della Corte per crimini contro l’umanità spiccato il 27 giugno del 2011. E dovendo far supervisionare il processo elettorale dagli organi dell’Onu, ecco che quello giudiziario è uno scoglio considerevole sulla strada verso la normalizzazione istituzionale.

Ma di contro il figlio del colonnello può contare su un ponte diretto con Mosca rappresentato da Lev Dengov, presente anche alla Conferenza di Palermo dello scorso novembre e convinto delle buone chanches di Saif di essere nome di raccordo, magari contando anche su quell’appeal legato al cognome che porta in dote. Infatti lo scorso 4 dicembre invece era stato lo stesso Gheddafi a recarsi in Russia, per la prima volta dalla fine della rivoluzione libica, ricevuto dal vice ministro degli esteri, Mikhail Bogdanov, e accompagnato per l’occasione da Mohammed al-Ghoddi, ex ministro delle infrastrutture nel governo del colonnello.

SAIF

Secondo un sondaggio realizzato da Mandela Libia e riportato da una serie di media africani, il 90% degli intervistati lo vorrebbe come nuovo presidente “per ricostruire la Libia e portare pace e sicurezza nel Paese”. Se da un lato è evidente la fragilità dei sondaggi in un Paese come la Libia, dove i parametri anche sociali non sono all’altezza della media democratica, dall’altro anche il mondo legato alle imprese e ai capitribù pare si stia convincendo che Saif rappresenta la via per provare a rilanciare l’economia riprendendo i progetti sospesi.

Secondo alcuni rumors suoi fidati collaboratori avrebbero anche organizzato un viaggio-lampo a Parigi per incontrare intermediari che fungano da dialogo, tanto con l’Eliseo quanto con i colossi imprenditoriali ed energetici.

A questo punto, sia a Tripoli sia a Misurata, si attende una mossa da parte dell’inviato delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salame, per organizzare nel Paese una conferenza inter-libica, verosimilmente entro il prossimo mese di gennaio.

twitter@FDepalo

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