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MISSILI

Secondo la stampa israeliana, sarebbero noti ai servizi dallo scorso settembre, quando era stato il premier Benjamin Netanyahu dinanzi alle Nazioni Unite a far presente alla comunità internazionale i movimenti iraniani in Siria. Già erano noti alcuni siti a Beirut, dove disse che Hezbollah aveva tentato di convertire missili terra-terra in missili di precisione. Adesso il nuovo rapporto israeliano indica i dettagli dell’operazione.

Secondo il premier israeliano uno dei siti in questione si trovava all’interno di uno stadio di calcio appartenente al gruppo terroristico libanese, mentre un secondo sito era nell’aeroporto internazionale di Hariri e un terzo a 500 metri dalla pista dell’aeroporto, nel cuore del quartiere residenziale di Ma’aganah. Tutti con il comun denominatore di un piano particolareggiato, attuato in beffa alle sanzioni internazionali.

QUI TEHERAN

Nel frattempo le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno inaugurato un missile balistico terra-terra con una gittata di 1.000 km: ciò in violazione alle richieste occidentali rivolte a Teheran di interrompere il suo programma missilistico. Il riferimento è alla risoluzione Onu del 2015 che sancisce l’accordo nucleare e che invitava il Paese ad astenersi per otto anni dallo sviluppo dei missili.

La fabbrica si troverebbe in un sito denominato “città sotterranea”. Ma non è tutto, perché Teheran ha annunciato una potenzialità maggiore, ovvero di disporre di missili con un’autonomia anche doppia (da 2.000 chilometri) per cui con la possibilità di colpire non solo Israele ma anche molte basi militari statunitensi nella regione.

QUI TEL AVIV

Ma come è riuscito l’Iran a ignorare le sanzioni? Secondo quanto apparso sulla stampa israeliana, sono state utilizzate due compagnie di facciata istituite dal Centro Studi e Ricerche Scientifiche (SSRC) della Siria, un’agenzia governativa che produce armi. Si tratta della Organizzazione delle industrie tecnologiche (OTI) e ANAS Group, guidata dal noto intermediario Jamal Said, e sono state create per acquistare materiali dall’Italia e dalla Cina.

Se da un lato Tel Aviv ha ammesso la paternità di centinaia di attacchi aerei contro obiettivi iraniani, dall’altro Mosca, alleata di Damasco, aveva accusato l’esercito israeliano nel settembre scorso dell’abbattimento di un aereo russo con 15 militari a bordo. Ma Gerusalemme respinse quelle accuse. Una contingenza che si lega alle nuove direttrici di marcia di Teheran e che stanno provocando una serie di reazioni multi livello.

STRATEGIE

È chiaro che la novità della potenza balistica iraniana si mescola al dato di fatto relativo alla più ampia strategia nella guerra civile siriana, dove Teheran ha giocato un’attenta partita, fatta di tattica tout court per invogliare nei combattimenti le milizie siriane con la regia di Hezbollah. Ciò non solo per limitare le perdite iraniane, ma per integrare le milizie siriane addestrate e finanziate dal Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC).

DOPO IL RITIRO?

Inoltre Teheran e Hezbollah hanno appoggiato la decisione del presidente Donald Trump di ritirare le forze americane dalla Siria, dipingendola come un’altra vittoria per l’Asse della resistenza. Un passaggio che porta in dote alcune variabili: se la decisione di Trump lascia spazio anche all’Iran in Siria, parallelamente accentua anche la concorrenza in corso tra chi dovrà farsi player nella Siria di domani.

Russia e Turchia non gradirebbero un Iran regista univoco e dalla forte influenza, anche se Mosca non ha fatto nulla per impedire il radicamento militare iraniano in Siria. Sul punto Israele non intende fare marcia indietro, come dimostrano le 200 bombe sganciate contro obiettivi iraniani in Siria definiti sensibili, come depositi di armi, installazioni antiaeree e convogli di rifornimenti. Gli israeliani puntano così a limitare il radicamento iraniano, ma Teheran non mostra alcun segno di resa, come dimostra ampiamente la nuova mossa sui missili.

Un ruolo lo giocherà anche Ankara: come annunciato dal presidente Erdogan, la Turchia è pronta ad assumersi la responsabilità nella lotta contro le organizzazioni terroristiche nei territori siriani. Resta da capire con quali margini e con quali conseguenze.

twitter@FDepalo

Netanyahu

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