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Sì, la recessione, almeno da un punto di vista tecnico, è finita in Italia. Ma per i mercati finanziari non basta. Chi ci compra il debito, prestandoci 400 miliardi all’anno in cambio di Btp e Bot, chiede un prezzo ancora troppo alto per sottoscrivere i nostri titoli pubblici. Lo dice lo spread Btp/Bund, inchiodato a 250 punti base da settimane, mesi, costantemente 120 punti in più rispetto a un anno fa e mai così vicino al differenziale tra i titoli greci e tedeschi. Cioè tra un Paese fallito e la prima economia d’Europa.

E così se da una parte il Pil dà segnali di risveglio (qui il focus con tutte le stime Istat) dall’altra la spesa per assicurarci la sostenibilità del nostro debito sovrano, fresco di grazia da parte di Standard&Poor’s che ci ha confermato la tripla B (ma martedì arrivano le nuove previsioni della commissione europea), è ancora alta.

L’ultimo bollettino di Bankitalia sulla stabilità finanziaria (qui il testo integrale) contiene un conticino da non sottovalutare. Il passaggio incastonato nelle 61 pagine di documento recita più o meno così. “Lo spread Btp-Bund resta elevato rispetto a un anno fa e, se rimarrà così, nel 2019-2020 l’Italia spenderà 4 miliardi in più per gli interessi sul debito pubblico”. Questo perché “le tensioni sul mercato dei titoli di Stato, pur in attenuazione, rimangono rilevanti”.

“Da novembre – spiega Palazzo Koch – i premi per il rischio sui titoli pubblici italiani sono scesi, ma rimangono più alti rispetto ad aprile del 2018. Le tensioni sui titoli di Stato si stanno trasmettendo sul costo dei finanziamenti al settore privato, seppure gradualmente”. La conclusione è facile: “se i rendimenti all’emissione dei titoli di Stato italiani dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati, nel biennio 2019-2020 si avrebbe una spesa complessiva per interessi sul debito pubblico di circa 4 miliardi superiore a quella che si sarebbe avuta con i tassi attesi dai mercati ad aprile dell’anno scorso”, ovvero tassi con spread a 130 punti base.

In altre parole, se il differenziale Btp/Bund non comincia a calare in modo strutturale, l’Italia rischia di pagare ogni due anni l’equivalente di mezzo reddito di cittadinanza (8 miliardi) e un terzo di flat tax (valore del provvedimento caro alla Lega, 12 miliardi secondo le stime più ottimiste). Con quattro miliardi risparmiati, trasferendo ai mercati un più di fiducia al fine di convincerli a comprare debito chiedendo un rendimento minore, lo Stato italiano potrebbe fare molte cose. Basti pensare che secondo alcuni calcoli del Sole 24 ore riportati da Formiche.net, entro la fine del prossimo anno la spesa italiana in interessi sul debito toccherà il 3,6% del Pil, superando il budget che ogni anno lo Stato destina all’istruzione (3,5% del Pil, l’8% della spesa pubblica nazionale). Con più fiducia sui mercati si potrebbero insomma raddoppiare le risorse per scuole e università.

I danni dello spread elevato non si fermano alla nostra spesa pubblica. Anche le banche sono bersagli facili visto che, ricorda Bankitalia, “sono vulnerabili a evoluzioni avverse del mercato dei titoli pubblici, anche se l’impatto sul patrimonio delle variazioni dei corsi è inferiore rispetto al passato. Un aumento di 100 punti base della curva dei rendimenti dei determinerebbe un calo dell’indice di patrimonio Cet1 di circa 40 punti base, 10 in meno rispetto a giugno”.

Per Bankitalia, lo spread costerà all'Italia 4 miliardi

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