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Premetto che, non essendo economista, non ho gli strumenti per giudicare quanta plausibilità ci sia nella tesi del “signoraggio” bancario, come causa prima della crisi economica italiana, che emergeva da una video-scheda preparata da Alessandro Giuli, giornalista fra l’altro rispettabilissimo e certo non inesperto, per il talk “Povera Patria” che ha debuttato venerdì sera sul secondo canale.

Avendo però una formazione storica e filosofica, non ho mai dato il valore di “verità” indiscutibile alle tesi degli economisti, parziali in virtù del metodo stesso da loro scelto, né tantomeno alle loro previsioni (dimostratesi spesso errate se non altro perché l’elemento della libertà umana è sempre pronto a sconfessare le leggi di probabilità fatte proprio dai loro modelli). Detto questo, giudico veramente preoccupante la reazione dell’intellettualità mainstream ad un servizio, opinabilissimo come tutte le cose umane, in cui per la prima volta in Rai si dava spazio, con serietà e rigore, a delle tesi che uscivano dal seminato. Può anche avere ragione Sergio Rizzo, oggi su Repubblica, a definire “strampalate” le tesi sul signoraggio, ma dovrebbe farlo con argomenti e controargomenti non richiamando l’autorità, che non esiste, degli economisti più noti.

La scienza, al contrario di quanto pensa qualcuno, è proprio democratica: non esistono autorità indiscusse e ognuno può criticare, ovviamente con argomenti (il che ammetto accade in Italia raramente), chi la pensa diversamente. Strana concezione quella che si ha del “servizio pubblico”, che lo si vorrebbe quasi “di regime”: in nome della lotta alle fake news, che in verità sono sempre quelle degli altri, si vorrebbe che tutti seguissero un “pensiero unico” elaborato dalle centrali del pensiero e del consenso (non accusatemi di “complottismo”: le “centrali” esistono di fatto non perché qualcuno si sia messo attorno a un tavolo a “complottare”!).

Inutile dire che poi queste sollevazioni degli intellettuali sono sempre a senso unico: quanto a faziosità e a mancanza di buon senso, la Rai e i media in genere ne son ben pieni, e a buon mercato. Quello che dà fastidio, probabilmente, è che una diversa narrazione si affianchi a quella dominante, sulle banche e su tutto il resto. E che per di più sia promossa da giornalisti di spessore culturale indiscutibile come Giuli o Gennaro Sangiuliano, il direttore del Tg2.

Se essa abbia più credenziali della precedente, o al contrario abbia pochi argomenti dalla sua, in una democrazia dovrebbe essere il libero e civile “conflitto delle interpretazioni” a stabilirlo. Non la censura, o la delegittimazione preventiva.

Rai2

Perché critico la reazione degli intellettuali contro l'informazione di Rai2

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