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Caro Alessandro Di Battista,

Ieri davanti alle telecamere di Domenica Live su Canale 5, lei ha chiarito che non tifa e non ha mai tifato il governo di Nicolás Maduro in Venezuela. Ha detto però che, così come c’è molta gente che sostiene l’opposizione venezuelana, ci sono anche tanti sostenitori del governo socialista.

Forse lei ha ragione. Lo dichiarano persone che hanno assistito alla manifestazione a sostegno di Maduro lo scorso 23 gennaio, le cui testimonianze sono state riportate dall’emittente statale Venezolana de Televisión. Una signora, tra molti altri nella stessa condizione, ha detto ai microfoni di essere arrivata dallo stato Zulia, all’ovest del Venezuela, perché l’avrebbero pagata con un bonus di 10.000 BsS (circa 3 euro), premiandola per la sua presenza e “fedeltà alla patria”. In un Paese dove lo stipendio minimo è di 18.000 BsS, un chilo di formaggio costa 15.000 BsS e la disoccupazione è del 40%, è normale che in tanti colgano l’occasione.

È questa la realtà contro la quale protesta gran parte della popolazione venezuelana. È contro questa crisi, e la cattiva gestione da parte del governo, che gli elettori hanno votato a dicembre del 2015, dando la maggioranza del Parlamento ai partiti dell’opposizione nelle ultime elezioni considerate legittime.

Al voto per le presidenziali del 2018 hanno impedito – con diversi stratagemmi formali di ultimo minuto – la registrazione delle candidature dell’opposizione.  Ed è per questo che il Parlamento, basandosi su quanto prevede la Costituzione, ha preso la guida del Paese per convocare nuove elezioni. Nessuno invoca l’intervento militare (né da parte degli Stati Uniti né qualcun altro). Ma il nuovo voto deve svolgersi in maniera diversa, garantendo i principi democratici di trasparenza e parità di condizioni.

Il Foro Penal, un’organizzazione che assiste legalmente i prigionieri politici (che purtroppo in Venezuela negli ultimi anni sono tanti) ha registrato 791 detenzioni per motivi politici nelle ultime ore. L’ong Justicia Venezuela, invece, 622. Tra le accuse ci sono: istigazione all’odio, alterazione dell’ordine pubblico, associazione per delinquere, terrorismo e tradimento alla patria. Gran parte dei detenuti ha tra 18 e 21 anni.

I venezuelani – anche nei quartieri roccaforte del chavismo perché tutti patiscono ugualmente la crisi umanitaria del Venezuela – hanno protestato in questi giorni contro la fame, l’ingiustizia e la mancanza di libertà.

I giovani vogliono un cambiamento e hanno il diritto di poterlo sperare. In nome dei principi che difende il Movimento 5 Stelle, alzi la voce su quanto sta accadendo in Venezuela. Non si limiti a quello che – dall’Italia – guarda in tv.

Caro Di Battista, cosa pensa dei giovani prigionieri politici del Venezuela?

Caro Alessandro Di Battista, Ieri davanti alle telecamere di Domenica Live su Canale 5, lei ha chiarito che non tifa e non ha mai tifato il governo di Nicolás Maduro in Venezuela. Ha detto però che, così come c’è molta gente che sostiene l’opposizione venezuelana, ci sono anche tanti sostenitori del governo socialista. Forse lei ha ragione. Lo dichiarano persone…

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