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Torna il sereno tra gli Stati Uniti e la Nato. Il viaggio a Washington del segretario generale Jens Stoltenberg e il riconoscimento a Donald Trump dei meriti sul fronte della spesa per la difesa hanno riportato nei tradizionali binari di solidità l’Alleanza Atlantica. Certo, dopo le numerose insofferenze manifestate dal presidente americano, resta la pressante richiesta agli alleati europei sull’assunzione di maggiori responsabilità, un messaggio che riguarda direttamente anche il nostro Paese, ben lontano dall’obiettivo del 2% del Pil da destinare alla difesa. In ogni caso, dopo le delicate settimane nel rapporto tra la Nato e Trump, gli ultimi giorni hanno visto succedersi una serie di rassicurazioni sulla stabilità del legame transatlantico, anche negli incontri tra Stoltenberg e i vertici dell’amministrazione, in particolare Mike Pompeo, John Bolton e il nuovo numero uno del Pentagono Patrick Shanahan.

I TIMORI SULLA TENUTA DELL’ALLEANZA

Una decina di giorni fa, a gettare preoccupazione sulla tenuta dell’Alleanza era stato il New York Times, che aveva riportato le indiscrezioni di alti funzionari della Casa Bianca sulla volontà di ritiro da parte del presidente, che sarebbe stato a un passo dall’annunciarlo nel corso del summit estivo di Bruxelles per poi rimanere affezionato all’idea. Pochi giorni dopo, a lanciare la prima rassicurazione era stato lo stesso Trump, ribadendo che “gli Stati Uniti resteranno al 100% nella Nato”. Certo, il tycoon non si era trattenuto dalle nuove strigliate “ai ricchi alleati che non spendono abbastanza”, con riferimento all’obiettivo, condiviso da tutti, di arrivare al 2% del Pil per la Difesa entro il 2024. A blindare le insofferenze del presidente è nel frattempo intervenuta la Camera dei rappresentanti, con uno schiacciante voto a favore (357 contro 22) del “Nato support act”, volto a impedire all’amministrazione il ricorso ai fondi federali per uscire dalla Nato. Più che il provvedimento (che dovrà passare per il voto del Senato) è stato il largo sostegno bipartisan a rassicurare gli alleati.

LE RASSICURAZIONI SULLA SPESA

Con il voto di Capitol Hill, ci aveva spiegato Fabrizio Luciolli, presidente del Comitato atlantico italiano e dell’Atlantic treaty association, a Bruxelles è arrivato “uno straordinario messaggio di recommitment alla Nato del suo più importante Alleato”. Il viaggio di Stoltenberg a Washington ha poi messo definitivamente fine alle polemiche. Negli incontri con il segretario di Stato Mike Pompeo, il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e il segretario alla Difesa pro tempore Patrick Shanahan (che ha preso da poco il posto del generale James Mattis, ritiratosi per i contrasti con il presidente) pare essere stata ribadita la fedeltà degli Stati Uniti all’Alleanza Atlantica, giunta quest’anno al suo 70esimo anniversario.

IL TEMA DELLA SPESA

A preparare il terreno per un incontro costruttivo è stato lo stesso Stoltenberg, cercando di mostrare gli avanzamenti sul fronte della spesa compiuti dai Paesi alleati. Nel suo intervento al World economic forum di Davos lo scorso giovedì, il segretario generale ha mostrato previsioni incoraggianti. Dal 2016 a oggi l’Europa e il Canada hanno incrementato di 41 miliardi di dollari la spesa destinata alla Difesa. “Entro la fine del 2020 ci aspettiamo che questo aumento arrivi a 100 miliardi, ed entro la fine del 2024 addirittura a 350 miliardi”. In più, a margine del Consiglio Nato-Russia di venerdì, Stoltenberg è intervenuto a ribadire il pieno sostegno dell’Alleanza alla causa statunitense sul trattato Inf, condannando le violazioni russe e chiedendo a Mosca di rientrare nel rispetto di quanto previsto. Una posizione non scontata, visto che il trattato resta bilaterale e vincola solo due Paesi. A tal fine, numerosi sono stati gli sforzi degli ultimi mesi da parte dell’ormai ex segretario alla Difesa James Mattis e dell’ambasciatore presso la Nato Kay Bailey Hutchison, finalizzati a consolidare il consenso Nato sulla causa Usa.

LE PAROLE DI STOLTENBERG E TRUMP

Insomma, sia dal segretario generale, sia dai vertici dell’amministrazione più vicini all’Alleanza, non sono stati lesinati sforzi per evitare di offrire a Trump pretesti di eventuale rottura. Da ultime sono arrivate le parole di Stoltenberg nel corso della missione statunitense. Il segretario generale ha riconosciuto al presidente americano il merito degli avanzamenti europei sul fronte della spesa (su questo, l’Italia appare in controtendenza). “Trump ha avuto un impatto; gli alleati hanno recepito il messaggio forte e chiaro”, ha spiegato alla stampa. Immediata la ripresa da parte del tycoon con l’ormai classico cinguettio via Twitter: “Il segretario generale ha appena detto che, grazie a me, la Nato è stata capace di aumentare le risorse come mai prima d’ora da parte dei suoi membri, dopo molti anni di declino; si chiama burden sharing; anche se a democratici e fake news piace riportare il contrario”.

COSA CAMBIA

In definitiva, si chiudono settimane turbolente tra Bruxelles e Washington, con l’impressione che poco sia cambiato. Gli Stati Uniti restano saldamente nella Nato (aspetto mai in discussione a sentire sondaggi, posizioni del Congresso e altri esponenti della società civile Usa), ma l’amministrazione non ha la minima intenzione di mollare la presa sul fronte della spesa. Dopo tutto, questo stesso messaggio era arrivato dal vertice dei capi di Stato e di governo dello scorso luglio. Nonostante le frizioni politiche tra i leader, l’Alleanza ne era uscita più che rafforzata sul fronte strategico e operativo, con tante iniziative volte a consolidare la presenza sul fronte est e con un’attenzione maggiore (voluta da tempo dall’Italia) al fianco meridionale.

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