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Da Milano, a Roma, a Palermo, accanto alle analisi allarmate della recrudescenza di mafie & droghe, della violenza giovanile e della drammatica carenza di organici e mezzi, i magistrati dei 26 distretti giudiziari bocciano senza appello la riforma della giustizia cucita attorno alla separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri e la rispediscono al mittente al Guardasigilli col timbro: “Irricevibile!”.

Bilanci e prospettive dell’inaugurazione dell’anno giudiziario seguono radiografie convergenti. A Milano il presidente della Corte d’appello Giuseppe Ondei ha denunciato come la “sezione immigrazione e protezione internazionale del Tribunale milanese si sia confermata la più gravata d’Italia per sopravvenienze, con un incremento di oltre il 22% rispetto all’anno giudiziario precedente e di oltre il 63% rispetto a due anni fa. Le pendenze per l’immigrazione – ha aggiunto – sono oltre 10mila e i tempi di trattazione competono ormai con quelli biblici”.

Da parte sua Francesca Nanni, procuratrice generale di Milano, evidenzia la “preoccupante la diffusione di gruppi criminali composti da giovanissimi. Bande fluide che si aggregano e si sciolgono alla velocità dettata dai social network”. Giuseppe Meliadò, presidente della Corte d’Appello della Capitale, ha denunciato come Roma stia diventando “il coacervo di tutte le mafie e di tutte le forme della criminalità”. A porre l’accento sulla pervasività della criminalità organizzata a Roma anche il procuratore generale, Giuseppe Amato, che ha parlato di un territorio fortemente infiltrato.

Una giustizia efficiente nell’interesse dei cittadini, e non delle maggioranze politiche di turno, sta a cuore a tutti, ha messo in evidenza nella sua relazione, lungamente applaudita, il residente della Corte d‘Appello di Palermo, Matteo Frasca, che l’ha definita un’utopia positiva, perché l’utopia – ha detto – non é la fuga dalla realtà. E per spiegarlo Frasca ha citato lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano: “L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi e si allontana due passi. Cammino dieci passi e si allontana dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. A cosa serve allora l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”.

A Palermo rimane, anche più di prima, decisamente in primo piano l’azione di contrasto contro cosa nostra, che “non è affatto sconfitta”, ha sostenuto con forza la procuratrice generale Lia Sava, che ha aggiunto: “Permane vigorosa una mentalità mafiosa ed una voglia di mafia che è ben lungi da scomparire. Grande preoccupazione desta il forte sviluppo gestito da cosa nostra assieme alla ‘ndrangheta del traffico di sostanze stupefacenti che si snoda su vaste aree del pianeta con effetti devastanti. Nel solo bacino del Mediterraneo operano oltre 3600 organizzazioni criminali che intessono accordi per traffici illeciti che realizzano in modo agile, attraverso il dark web, utilizzando le monete virtuali per i pagamenti delle puntate delle sostanze stupefacenti, sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Tutto questo ha effetti devastanti in termini macroeconomici… Tutto si tiene in una spirale di morte che lascia sconcertati per le sue dimensioni globali”.

Un contesto di lotta e di denuncia che, secondo la Consigliera del Csm Bernadette Nicotra, rischia di fare passare in secondo piano le reali cause della crisi ormai cronica del sistema giustizia: “Si, il rischio è concreto – dice l’esponente di Magistratura Indipendente eletta nell’Organo di autogoverno della Magistratura a Formiche.net – “La giustizia è sempre al centro del dibattito pubblico e dell’agenda di ogni governo, in particolare la giustizia penale, perché è quella che meglio si presta ad appartenere alla nostra quotidianità. E ciò attrae la politica eleggendola a terreno di consenso elettorale e di scontro tra le diverse visioni esistenti in politica, magistratura e avvocatura. Il rischio è però che le riforme come quella costituzionale che mira a separare le magistrature e scalfire l’unità della giurisdizione, finiscano per diventare un arma di distrazione di massa per distrarre l’opinione pubblica dai temi più rilevanti che affliggono la giustizia. Il rischio che si crei un alibi per non affrontare le riforme di sistema e strutturali che servono per una giustizia più efficiente più celere, a coprire le gravi carenze di organico di magistrati e personale amministrativo. Insomma le riforme che servono al Paese e che rinnovano la fiducia dei cittadini nella giustizia”.

Cosa l’ha colpita maggiormente della relazione della prima presidente della Cassazione?

Sarebbe più facile dire quello che non mi ha colpito perché nella relazione della presidente Margherita Cassano ci sono molteplici punti condivisibili e densi di contenuti che invitano a riflettere sul ruolo della giurisdizione e sul rapporto tra legge e giurisdizione nella complessità del tempo che viviamo. Sicuramente lancia un messaggio che è monito e speranza quando nella chiosa finale descrive idealmente tutti gli attori del pianeta giustizia alla linea dell’unico arco sul quale poggia il ponte dello Stato di diritto e un forte richiamo all’osmosi tra Accademia-Magistratura e Avvocatura tutti tesi alla ricerca costante del dialogo e del confronto costruttivo. Come ho affermato oggi nel mio intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte d’Appello di Roma.

E complessivamente, come valuta le analisi dei presidenti delle varie Corti d’Appello?

Sono tutti concordi sia pure nella specificità delle diverse realtà territoriali nel ritenere che il principale problema comune attiene alla carenza di risorse che incide sui tempi della giustizia e crea sfiducia nei cittadini e non favorisce la coesione sociale e il rilancio economico e sociale del Paese.

Anche se non si riferiva esplicitamente allo sciopero indetto dall’Anm, il neo presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso ha sottolineato che “non giova al Paese che ci sia una situazione, se non di conflitto, di non armonia tra magistratura e politica”.

I conflitti non sempre sono negativi se contenuti nella dialettica fisiologica dei pesi e contrappesi di un sistema democratico possono contribuire alla soluzione dei problemi che li generano. La riforma costituzionale approvata in prima lettura alla Camera non mi preoccupa dal punto di vista culturale ma è sulla sua attuazione che nutro riserve. Nel rispetto delle prerogative del governo ritengo che sia una riforma inutile che ha il suo punto nevralgico nel cercare di alterare l’equilibrio tra i poteri . Il doppio Csm, un Pm più autoreferenziale e irresponsabile che orienta le scelte di politica criminale, un sorteggio che nella formula secca deprime la rappresentatività e la meritocrazia. Uno non vale uno. Insomma una riforma che incide sull’ architettura costituzionale e mira a scalfire i presidi di autonomia e indipendenza baluardo di legalità e alterare l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Questa riforma però si contesta non con inutili e plateali forme di protesta che finiscono per allontanare i cittadini dalla magistratura, ma spiegando con il ragionamento la nostra contrarietà.

Inizia l'anno giudiziario della controriforma delle toghe. Cosa non dimenticare secondo Nicotra (Csm)

Cerimonie d’apertura di lotta e di proteste. Mobilitati dall’associazione nazionale magistrati, i giudici hanno disertato gli interventi dei rappresentati del governo e si accingono a scioperare. Secondo Nicotra (Magistratura Indipendente) “il rischio è che le riforme come quella costituzionale che mira a separare le magistrature e scalfire l’unità della giurisdizione, finiscano per diventare una distrazione per l’opinione pubblica dai temi più rilevanti che affliggono la giustizia”

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