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L’Italia non può essere lasciata da sola nel cercare di fermare l’escalation in Libia. Alleati e partner devono fare la loro parte, ma seguendo il progetto tracciato dalle Nazioni Unite. È il messaggio che arriva dal ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che sull’intricato dossier è intervenuta nel terzo incontro (dedicato alla Marina militare) della serie “Difesa collettiva”, promossa dal sottosegretario Angelo Tofalo.

“UNA GRAVE INSTABILITÀ”

“In queste ore stiamo seguendo con grande apprensione l’evolversi della situazione nel Paese, con il suo già pesante bilancio di vittime civili e militari”, ha detto la Trenta. Un’apprensione dovuta “sia alla presenza di tanti nostri connazionali, sia al timore che l’impegno messo in campo sinora dalla comunità internazionale possa essere vanificato dagli eventi in corso”. Il dossier preoccupa particolarmente l’Italia, presente nel Paese “da tempo” per due ragioni, ha ricordato il ministro. Primo, “perché sentiamo il popolo libico particolarmente vicino, per ragioni geografiche, storiche, culturali ed economiche”. Secondo, “perché riteniamo che la stabilità della Libia sia la chiave per la sicurezza dell’intera area del Mediterraneo”. Da ciò ne deriva “l’impegno diretto assunto dal nostro Paese nei confronti delle istituzioni e del popolo libico, che va dalla sicurezza all’addestramento militare, dalla cooperazione in materia umanitaria e sanitaria alle iniziative per dare impulso allo sviluppo infrastrutturale ed economico del Paese”.

L’APPELLO A UNIONE EUROPEA E NATO

Eppure, l’Italia non può essere lasciata sola. “Oggi più che mai – ha affermato la Trenta – auspichiamo una maggiore assunzione di responsabilità di tutti i Paesi della Nato e dell’Unione europea, non solo nell’approfondimento del ‘dossier Libia’, ma nei confronti di tutte le tematiche afferenti la stabilità e la sicurezza nell’area mediterranea”. Sulla crisi libica, l’impegno italiano resta fisso sul sostegno al piano promosso dall’Onu e sulla promozione dell’incisività

di un processo politico che tenga conto di tutte le parti coinvolte “con onestà”. Ieri, alla Camera, il premier Giuseppe Conte ha spiegato di essere in contatto anche con il generale Khalifa Haftar tramite un suo emissario.

400 NOSTRI MILITARI NEL PAESE

L’interesse è forte anche per la presenza dei nostri militari nel Paese. “In questi giorni – ha ricordato la Trenta – Nave Capri, sede del comando della missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, è operativa nel porto di Tripoli per fornire, su richiesta delle autorità locali, attività di supporto e di sostegno alla Guardia costiera e alla Marina militare libiche”. Sempre a Tripoli è dislocato un Mobile training team impegnato a fornire formazione, addestramento e assistenza tecnico-infrastrutturale delle Forze di sicurezza libiche”. A Misurata, invece, è schierata la Task force Ippocrate con una struttura ospedaliera dedicata all’attività di assistenza sanitaria. Nel complesso, ha notato la titolare di palazzo Baracchini, si tratta di “un contingente militare di circa 400 unità, al quale sento il dovere, oggi più che mai, di esprimere la piena vicinanza di tutti gli italiani, della Difesa e del governo”.

SITUAZIONE ALLARMANTE…

Un appello a Bruxelles è arrivato anche da Cataldo Mininno e Iunio Valerio, rispettivamente capogruppo e segretario della commissione Difesa al Senato. Le notizie da Tripoli sono “allarmanti – scrivono in una nota congiunta – scontri e raid aerei sempre più vicini al centro di Tripoli e diecimila sfollati che non riescono a essere evacuati dalla zona dei combattimenti”. Per questo, i senatori auspicano “un deciso intervento diplomatico dell’Unione europea per fermare i combattimenti e trovare una soluzione politica prima che la situazione sfugga di mano e s’inneschi una crisi a livello umanitario difficilmente gestibile”.

…E I RISCHI PER L’ITALIA

I rischi di perdere il controllo sono altissimi. “L’ulteriore deterioramento della situazione provocherebbe flussi incontrollati di migranti e di profughi libici verso le nostre coste e una crescete penetrazione dell’Isis in Libia che rischierebbe così di diventare un pericoloso avamposto del terrorismo davanti alle nostre coste, per non parlare dei problemi relativi alla sicurezza dei nostri approvvigionamenti energetici”, hanno rimarcato Mininno e Valerio.

L’INVITO DEL SOTTOSEGRETARIO VOLPI

Anche per il sottosegretario alla Difesa in quota Lega Raffaele Volpi siamo arrivati “all’ora della responsabilità”. Il nostro Paese deve proporsi come “leader tra i partner euro-atlantici, nell’ambito del mandato Onu, nel promuovere azioni di concrete stabilizzazione e proposte condivise di collaborazioni economiche e di sviluppo da sottoporre a tutti gli attori libici”. La nostra presenza in quei territori e nelle acque del Mediterraneo, ha rimarcato il sottosegretario, “è da sempre apprezzata”. Per questo, l’auspicio è per “una forte azione multilaterale diplomatica con tempi immediati”.

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