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Velocità e sostenibilità. Sono le parole d’ordine di Jim Bridenstine, amministratore della Nasa, per cercare di rispondere alla spinta con cui Donald Trump ha imposto al sistema spaziale Usa di riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024. L’impresa è ardua, anche perché prima di un paio di settimane fa, l’obiettivo dell’agenzia americana era fissato al 2028. Eppure, nell’intervento allo Space Symposium in corso a Colorado Springs, da Bridenstine è trapelato un certo ottimismo.

I PIANI PER IL LANCIATORE…

Negli elementi che compongono il programma lunare degli Stati Uniti cambia poco. C’è lo sviluppo del lanciatore Space Launch System (Sls) e della navicella Orion che dovrà trasportare gli astronauti, c’è il Lunar gateway che orbiterà intorno alla Luna e ci sono i progetti per svariati lander per l’allunaggio. Il problema è che non sono ammessi altri ritardi, ha detto Bridenstine, ragion per cui la tabella di marcia è stata rivista in due fasi. “La prima fase è di velocità: vogliamo mettere i piedi sulla Luna il prima possibile; ci libereremo di qualsiasi cosa sarà di distrazione per raggiungere tale obiettivo”. In termini pratici, l’obiettivo a breve termine è caricare la navicella Orion già sulla prima missione esplorativa (Em-1) dello Sls, quella che si tradurrà in un viaggio in orbita lunare senza equipaggio. Poi, “appena possibile”, sarà la volta dell’Em-2, con equipaggio a bordo.

…E PER IL GATEWAY

Parallelamente, sempre nella fase “velocità”, si svilupperà il gateway, che però includerà (almeno inizialmente) solo una parte degli elementi su cui la Nasa era a lavoro insieme ai partner internazionali. “I primi elementi del gateway saranno focalizzati solamente sulla superficie della Luna”, ha spiegato Bridenstine, citando in particolare le proposte per modulo abitativo ed elementi di propulsione. L’accelerazione riguarda anche i piani per i lander. Rispetto alla precedente tabella di marca, nell’ambito delle Next Space Technologies for Exploration Partnerships (NextStep) con cui la Nasa ha già chiesto alle industrie di sviluppare concetti per veicoli di trasporto e di discesa, saranno inseriti anche i moduli di ritorno sulla piattaforma orbitante. Su questo arriverà presto una sollecitazione, ha notato Bridenstine, così “da permettere un rapido sviluppo dei dimostratori di volo”. Cioè dovrebbe permettere di dare una spinta al programma Commercial lunar payload services (Clps) che ha già visto assegnare diversi contratti.

VERSO LA SOSTENIBILITÀ

La seconda fase riguarderà la “sostenibilità nel lungo periodo”. Si tratterà di costruire “un’architettura esplorativa completa” da acquisire “entro il 2028”. Su questo ci sono meno dettagli, ma si dovrebbe trattare di un potenziamento del Lunar gateway e una connotazione reusable per i lander, così da raggiungere una certa autonomia rispetto ai collegamenti con la Terra. “Tutto questo – ha notato il capo della Nasa – era già pianificato; ne stiamo solo accelerando i diversi componenti”. Certo, l’aumento di velocità richiederà risorse aggiuntive, ed è per questo che Bridenstine si è detto pronto “a tornare al Congresso con una richiesta di budget aumentato”. La porta resta poi aperta alle collaborazioni con altri Paesi, anche se ad essi verrà richiesta la stessa accelerazione. “Se potessimo chiedere ai nostri partner internazionali di aumentare un po’ di più la velocità – ha detto Bridenstine – sarebbe una gran cosa”.

LA SPINTA DI TRUMP

La nuova scaletta per il ritorno sulla Luna è il frutto della spinta impressa dalla presidenza targata Donald Trump. L’obiettivo Moon2024 (hashtag gettonatissimo allo Space Symposium) è stato definito a fine marzo dalla quinta riunione del National Space Council (Nsc), l’organo che il tycoon ha voluto re-istituire mettendone la guida nelle mani del vice presidente Mike Pence. Tra gli obiettivi, dicono da tempo i più maliziosi, anche il tentativo di accrescere il peso della Casa Bianca e di ridurre quello della Nasa nella definizione delle linee strategiche nazionali. Tra l’altro, già a dicembre del 2017 con la Space Directive Policy 1, il presidente aveva indicato la via da seguire nell’esplorazione dello Spazio: prima il ritorno sulla Luna e poi l’approdo su Marte, capovolgendo di fatto l’ordine delle priorità in vigore durante l’amministrazione Obama.

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