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Con l’approvazione del “documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell’Italia e dei Paesi europei nell’Indo-Pacifico” da parte della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, l’Italia compie un passo significativo verso la definizione di una strategia nazionale per la regione più dinamica del modo. Il testo, frutto di lavoro bipartisan (mosso soprattutto grazie al presidente del Comitato, l’onorevole Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione), si configura come la prima articolazione sistematica del pensiero strategico italiano rispetto a una delle aree chiave della competizione globale del XXI secolo.

L’Indo-Pacifico non è soltanto il teatro della competizione sino-americana o il crocevia del 60% del Pil mondiale e del traffico commerciale globale. Per l’Italia, rappresenta un’estensione funzionale del Mediterraneo allargato: uno spazio connesso dove si intrecciano sicurezza marittima, catene logistiche, accesso alle risorse critiche e competizione tecnologica. Il documento, che si compone grazie a oltre quaranta audizioni di esperti e funzionari istituzionali, coglie questa interdipendenza e propone una lettura integrata dei due scacchieri, suggerendo che la capacità dell’Italia di difendere i propri interessi nel Mediterraneo dipenderà, sempre più, dalla sua credibilità e presenza a oriente.

Tre sono gli assi portanti che emergono con chiarezza nella raccolta conoscitiva iniziata nel maggio 2023. Primo, la necessità di una presenza strutturata, credibile e continua, soprattutto sul piano navale e diplomatico. Le recenti missioni del Carrier Strike Group di Nave Cavour e l’intensificarsi delle operazioni congiunte testimoniano che il capitale operativo italiano è pronto a essere proiettato in scenari di alta complessità, con effetti diretti anche sul piano industriale e dell’interoperabilità con gli alleati.

Secondo, il riconoscimento della dimensione economica e tecnologica dell’Indo-Pacifico. Il documento individua chiaramente l’urgenza di inserirsi nelle filiere critiche – dai semiconduttori all’energia rinnovabile, nonché l’industria della difesa – promuovendo al contempo la penetrazione industriale italiana in mercati come India, Asean, Australia e Giappone. In questo contesto, strumenti come il corridoio Imec e il rafforzamento della diplomazia scientifica assumono un ruolo centrale, segnando una sorta di agenda di lavoro.

Terzo, la costruzione di alleanze strategiche con partner regionali e like-minded countries, non solo in chiave anti-coercitiva rispetto alla Cina, ma per consolidare un ordine internazionale basato sulle regole. Il documento propone un mix di hard power (presenza militare e industriale) e soft power (diplomazia culturale, cooperazione allo sviluppo, presenza scientifica) che, se sostenuto nel tempo, può rafforzare il posizionamento italiano come attore di equilibrio e connettore tra Europa, Mediterraneo e Asia.

In sostanza, il Comitato ha analizzato come essere presenti, visibili, credibili sia per l’Italia una necessità strategica. Non più marginali in una regione dove si decide l’ordine mondiale. Lo studio è pensato per essere tutt’altro che un punto d’arrivo, il documento costituisce un’infrastruttura politica per un’agenda strategica di lungo periodo.

Il valore del testo risiede dunque nella sua funzione di orientamento, offrendo una cornice coerente entro cui sviluppare politiche pubbliche, iniziative multilivello e una narrativa internazionale credibile. Una strategia nazionale formalizzata permetterebbe all’Italia di superare la frammentazione degli sforzi attuali, rafforzando la coerenza dell’azione del Sistema-Paese e migliorando la credibilità verso alleati e partner regionali. Offrirebbe inoltre una risposta aggiornata all’evoluzione del contesto geopolitico, colmando il ritardo rispetto ad altri attori europei. Infine, costituirebbe un quadro stabile per l’azione di governo nel medio termine, evitando approcci discontinui.

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