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Una bomba ad orologeria posta sul cammino di papa Francesco. Il memoriale diffuso dall’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, che si è spinto addirittura a chiedere le dimissioni di Bergoglio perché a conoscenza dal 2013 degli abusi sessuali compiuti dal cardinale americano Theodor McCarrick (da poco gli è stato tolto il titolo dallo stesso pontefice), è una doccia fredda per tutto il mondo cattolico, italiano e non solo.

Un colpo durissimo alla credibilità della Chiesa intera, già profondamente lacerata dalle notizie di abusi perpetuati da vescovi e sacerdoti in mille angoli del mondo, ma con una particolare concentrazione nel continente americano (Stati Uniti e Cile soprattutto), ma anche in Irlanda. Proprio da Dublino è venuta in queste ore la drammatica confessione del papa “per il fallimento delle autorità ecclesiastiche – vescovi, superiori religiosi, sacerdoti e altri – nell’affrontare questi crimini ripugnanti”. Un fallimento che, dopo il memoriale di Viganò, restituisce purtroppo un senso diffuso di impotenza.

In sostanza i vertici della Chiesa cattolica, da papa Francesco in giù per i rami, sarebbero stati a conoscenza non solo degli abusi di McCarrick, ma soprattutto lo avrebbero protetto. In una miscela di interessi torbidi riconducibili anche a personali inclinazioni sessuali, tanto da far affiorare in tutto il suo potere di condizionamento, una potentissima lobby gay vaticana. Quello di cui tanto si era chiacchierato, tanto da apparire anche ai più smaliziati come un mito alimentato da pettegolezzi, si è invece materializzato su un quotidiano (La Verità di Maurizio Belpietro) con tanto di nomi, cognomi, circostanze, favori innominabili e conseguenze.

Ora, se la durata decennale degli abusi fosse confermata, insieme con le protezioni di cui si è paventata l’esistenza, ci sarebbe da vergognarsi. Ma soprattutto sarebbe necessario agire con una tempestività e una fermezza (al limite della spietatezza) senza precedenti. E dovrebbe farlo il papa dall’alto della sua indiscussa capacità di farsi interprete dei sentimenti del popolo.

Ed è del popolo che ora vogliamo parlare. E non solo del cosiddetto popolo di Dio che da questa terribile pagina di vita del cristianesimo può rimanere disgustato e disorientato, ma anche di quell’opinione pubblica internazionale che assiste altrettanto sconcertata a questo scandalo globale.

Se da un lato la sola vicenda irlandese di cui lo stesso papa ha dovuto prendere mestamente atto è sufficiente per creare smarrimento in tutti, credenti e non credenti, è la montagna di accuse piovute oggi che va verificata e confutata se ce ne sono gli estremi. Di sicuro, possiamo immaginare la reazione dei fedeli, anche italiani: il crescere dei timori dei genitori nell’affidare i propri figli alle strutture ecclesiali (dalla parrocchia all’oratorio e al seminario), la sfiducia nelle persone consacrate (forse dovremo attenderci anche gravi casi di intolleranza), l’ulteriore difficoltà ad accogliere l’insegnamento morale (“da che pulpito viene la predica”), la perdita di stima nei confronti della Chiesa gerarchica per la sua presunta inazione e dunque mancanza di capacità di governo.

Dinanzi a tutto questo sarebbe urgentissima una pratica vera e profonda di trasparenza, ivi compresa la messa a disposizione di quanti ne richiedano visione, di tutti gli atti posti in essere nelle diocesi di tutto il mondo per fermare gli orchi; la possibilità di denunciare immediatamente gli autori di questi crimini senza interporre alcuna mediazione; l’accertamento immediato di tutte le responsabilità a carico di quanti avrebbero taciuto; l’allontanamento o la sospensione dalle cattedre di tutti i pastori che avrebbero costituito la cosiddetta lobby gay. Chiamatela pure “tolleranza zero”, se volete. Ma è il minimo sindacale ed ecclesiale…

Per quanto riguarda l’opinione pubblica internazionale, sapere dell’esistenza di una lobby gay che avrebbe dominato il Vaticano non è questione di poco conto. Soprattutto perché nel memoriale appare chiaro che impropriamente si parla di pedofilia. In realtà si tratterebbe di abusi commessi da sacerdoti e vescovi nei confronti di minorenni, soprattutto adolescenti e giovani maschi all’interno delle strutture ecclesiali. Uno scenario che, se confermato, sarebbe devastante. Creerebbe infatti un nesso irrimediabile fra pedofilia e omosessualità, con conseguenze inimmaginabili nel dibattito pubblico.

Di sicuro noi siamo garantisti. E quindi anche tutte le accuse rivolte da Viganò andrebbero verificate e se del caso, confutate. È certo, però, che resta un disagio di fondo: il sospetto di aver vissuto per anni accanto agli orchi e di non aver aperto gli occhi in tempo. Fortuna vuole che molti di noi abbiano anche incontrato la santità in uomini e donne che hanno speso la vita per gli altri. Anche io sono uno di quei fortunati, per aver incontrato, ad esempio, Madre Teresa di Calcutta. E non solo lei, ma anche Padre Pio e Giovanni Paolo II. E mille altri cristiani e santi del quotidiano che ci hanno confermato nella fede cristiana.

Ora tutti noi attendiamo da Francesco altre parole e gesti di verità. Se ci sono lupi in Vaticano spetta a lui fare pulizia.

L’accusa di Viganò a Francesco. Tocca al pontefice fare pulizia degli scandali

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