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“È un decreto che sarà migliorato ma che invito a non contestare perché è scritto con il cuore”, sono le parole (sincere ma abbastanza incredibili) con le quali il ministro Toninelli ha oggi commentato a Genova il “ravvedimento operoso” del governo sul decreto per la ricostruzione del ponte Morandi e le altre azioni in soccorso della città.
Vogliamo rispondere con schiettezza al ministro, non senza comprendere che affrontare emergenze drammatiche non è mai semplice.

Intendiamo cioè sottolineare che la dimensione del “cuore” c’entra con la politica e, soprattutto, con l’azione amministrativa come i cavoli a merenda. Il governo ha scelto una linea di forte ostilità verso la società concessionaria del ponte (Aspi), volontà discutibile ma comunque netta.

È una scelta, che di questi tempi è già qualcosa. Non può però accadere che a pagare il conto di questa scelta finisca per essere la città di Genova ed i suoi abitanti, soprattutto quelli direttamente toccati nelle proprie case, attività economiche, relazioni sociali e familiari.

Il decreto per Genova infatti ha avuto un parto lungo e travagliato, ma ora è già passato a miglior vita nella sua prima formulazione, poiché si ragiona di modifiche in sede di conversione parlamentare. Così si perde tempo, si crea confusione e si alimenta la rabbia, non a caso esplosa proprio oggi in città.

In fondo si ripete il copione del commissario, che ha avuto un certo volto per qualche giorno (con tanto di interviste programmatiche sui giornali) per poi trovarne un altro, cioè quello del sindaco Bucci (ottima soluzione che si poteva individuare sin dal primo momento).

Torniamo allora sul punto centrale di questa drammatica storia, che non deve aggiungere un secondo disastro a quello già accaduto. Il governo si gioca a Genova la faccia, perché qui hanno speso parole pesanti il premier Conte e i vice-premier Salvini e Di Maio.

Sulla ricostruzione già comincia il balletto delle cifre e ormai nessuno crede più alla fine dei lavori per dicembre 2019, come invece si è continuato a sbandierare per settimane: questo è un segnale pessimo perché rende il “governo del cambiamento” simile a quelli del passato, cioè un irriducibile “tiratardi”.

Genova invece chiede e merita altro. C’era a portata di mano la soluzione di obbligare Aspi a rifare il ponte alla velocità della luce. Si è scelto di fare diversamente e ormai il dibattito è chiuso. Ma non si può andare avanti così, tra passi avanti e fughe all’indietro. Toninelli lo capisca una volta per tutte e la smetta di pensare di essere Garrone (il buono del libro “Cuore”). Faccia il ministro, decida e produca atti di governo sensati e giuridicamente inattaccabili.

Genova vuole un ponte dal governo, per piangere i suoi morti ci pensa da sola.

Caro Toninelli, lasci perdere Garrone (il buono del libro Cuore)

“È un decreto che sarà migliorato ma che invito a non contestare perché è scritto con il cuore”, sono le parole (sincere ma abbastanza incredibili) con le quali il ministro Toninelli ha oggi commentato a Genova il “ravvedimento operoso” del governo sul decreto per la ricostruzione del ponte Morandi e le altre azioni in soccorso della città. Vogliamo rispondere con…

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