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Alla fine era solo questione di tempo. Anzi, di numeri. Country Garden, primo gruppo immobiliare privato cinese, aveva illuso il mondo, lo scorso settembre, schivando per un soffio il default grazie al pagamento di alcune cedole legate a un bond emesso sul mercato, mesi prima. Era fatta, si disse allora. Invece, come raccontato da questa testata nei primi giorni di settembre, l’appuntamento con l’insolvenza era solo rimandato e questo per una semplice questione di cifre: il debito che la società immobiliare, consorella di Evergrande, madre di tutte le crisi industriali cinesi, deve rimborsare al mercato, supera di gran lunga le sue disponibilità.

E così, a un mese dallo scampato pericolo, continuano a crollare uno dopo l’altro i colossi dell’industria immobiliare cinese. Country Garden, come detto il più grande costruttore della Repubblica popolare, ha comunicato alla Borsa di Hong Kong che non sarà in grado di onorare una tranche di obbligazioni sul mercato internazionale per il valore di 60 milioni di dollari, in scadenza la settimana prossima. Il debito totale del gruppo basato nella città di Fushan in Guangdong si aggira sui 1.430 miliardi di yuan (quasi 200 miliardi di dollari a fronte di asset in pancia che valgono poco meno di 14 miliardi) e circa 10 miliardi del debito sono collocati in dollari.

Già in estate Country Garden aveva ritardato il rimborso di una tranche di obbligazioni, evitando il default all’ultimo giorno disponibile e fino a pochi mesi fa gli investitori puntavano ancora su Country Garden, considerato finanziariamente al riparo dal default: a fine giugno il costruttore aveva ancora in cassa 147 miliardi di yuan (20 miliardi di dollari) destinati a finire i lavori in una serie di cantieri dove gli alloggi erano già stati pagati. Ma la crisi delle vendite di case in Cina si è propagata: da sei mesi consecutivi il mercato ormai saturo è in calo, si calcola che nel corso degli ultimi anni siano rimasti invenduti 648 milioni di metri quadrati di appartamenti, equivalenti di 7 milioni di unità abitative da 90 metri quadri.

E ora sembra arrivato il redde rationem. La nota diffusa dalla stessa azienda segnala come il gruppo si stia avviando verso il suo primo default a causa delle varie scadenze in calendario, precisando che i mancati pagamenti “non sono solo limitati a quelli relativi ai bond in dollari emessi dalla società. Tali mancati pagamenti possono portare i creditori rilevanti del gruppo a richiedere un’accelerazione del pagamento del relativo debito nei loro confronti o a perseguire azioni esecutive”. Il suono è quello della resa.

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