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Innanzitutto gli avversari contro cui combattere. La burocrazia dei “tecnocrati” di Bruxelles, la Commissione europea, il mainstream delle élites e della stampa euro-atlantica (incluso George Soros e gli ambienti non governativi pro migranti a livello nazionale e internazionale), ad esempio, costituiscono dei target comuni al discorso pubblico di Salvini e Orbán. A ben guardare, seppur da punti di partenza differenti, la Lega di Salvini e il Fidesz di Orbán hanno una straordinaria coincidenza sui rispettivi retroterra politico-culturali a livello nazionale e sulle prospettive e strategie politiche in Europa. Certo, la Lega parte da posizioni di “euroscetticismo” (legate anche ai vincoli imposti all’Italia dall’appartenenza alla zona euro) condivise con il gruppo europarlamentare “Europa delle nazioni e della libertà”, mentre il Fidesz – solidamente ancorato al Partito popolare europeo – dichiara necessario un “eurocriticismo” per il rilancio dell’Europa a livello economico e internazionale, ma il “sovranismo identitario” che potremmo identificare come l’obiettivo comune da affermare sia per Matteo Salvini che per Viktor Orbán contiene la maggior parte degli elementi che saranno presenti nelle rispettive piattaforme politiche nazionali da qui alla prossima elezione europea.

Per l’Ungheria orbaniana questo “sovranismo identitario” è il cardine della “democrazia cristiana”, fondata sulla civiltà del Cristianesimo: è democrazia (antitetica al “liberalismo multiculturale”), ideologicamente cristiano-centrica (e quindi definita da Orbán “illiberale”) in quanto intende difendere la cultura dell’Europa centrale contro l’islamizzazione, evocata come conseguenza inevitabile del fenomeno migratorio di massa, propugnante il valore della “comunità” (prima ancora che dell’individuo) e della famiglia tradizionale.

Il “muro” costruito da Orbán inoltre è molto simile al “no way” di Salvini, anche se nell’attuale emergenza l’Italia chiede la redistribuzione dei migranti negli altri paesi europei, mentre l’Ungheria rifiuta categoricamente la propria disponibilità in questo senso.

Per l’Italia salviniana si profila un orizzonte molto simile: “sovranismo” è difesa delle radici cristiane (spesso anche dalle posizioni pro migranti della stessa Chiesa cattolica), è sostegno alle comunità e alle culture locali e regionali (ben saldo nel dna federalista della Lega), contro la concessione di ulteriori spazi pubblici a livello sociale e culturale all’Islam, per una decisa politica di respingimenti di fronte ai flussi migratori illegali.

Poi ci sono molto fattori storico-contingenti che uniscono i due leader, innanzitutto il contesto geopolitico europeo e internazionale: l’affermazione di Donald Trump negli Stati Uniti, la Brexit e la crisi del processo di costruzione europea, il nuovo protagonismo della Russia di Putin in Siria e nel Medioriente, il fenomeno di migrazioni di massa in Europa e in America. Il nuovo ordine mondiale, che sembra delinearsi su parole chiave quali “nazionalismo”, “identità”, “sovranismo”, trova un esempio nell’America di Trump e in Europa nell’Ungheria di Orbán: l’Italia di Salvini potrebbe costituire quell’ulteriore pilastro necessario per la proiezione di questa visione del mondo anche sul Mediterraneo.

Ecco dunque come da oggi la campagna elettorale europea del 2019 inizia con il lancio di due opa già sotto gli occhi di tutti: quella che Orbán di fatto ha già lanciato (con più di qualche simpatia nei cristiano-sociali bavarese e nei popolari austriaci) sul partito popolare europeo a guida Merkel attraverso la campagna anti-migranti, e quella che Salvini sta realizzando – quasi suo malgrado – all’interno del centro-destra italiano. Non sappiamo ancora se i due leader si presenteranno insieme nelle liste elettorali per le europee, ma di certo colpiranno uniti il tradizionale blocco di potere che ha dominato l’Europa dalla sua fondazione.

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