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È un fulmine a ciel sereno l’ipotesi diffusa da fonti del ministero della Difesa: ridurre il mandato dei vertici militari a due anni, eventualmente prorogabili di altri due, anziché i tre anni non rinnovabili né prorogabili in vigore dalla fine dell’anno scorso e che riguardano i capi delle Forze armate, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e il segretario generale della Difesa. Il ministro Elisabetta Trenta porterà in uno dei prossimi Consigli dei ministri un provvedimento basato sull’idea di “anticipare il tagliando” sul loro operato sulla base delle linee programmatiche del governo e, pur sottolineando che c’è massima fiducia sugli attuali vertici, il ritorno ai due anni sarebbe “un ritorno alla normalità” perché la valutazione dell’operato sarebbe “più attenta e immediata”. Questa linea politica, dunque, fa capire che la possibilità di riconferma per altri due anni rappresenta in sostanza un premio per chi supera il “tagliando”.

Le stesse fonti definiscono impraticabile l’ipotesi avanzata dal quotidiano La Verità secondo il quale ci sarebbe una proposta del Ministero dell’Economia (competente solo per la Guardia di Finanza) di prevedere invece la proroga di un anno all’attuale mandato triennale: un’ipotesi che la Difesa definisce senza senso perché aumenterebbe ulteriormente il mandato.

L’attuale triennio era previsto dal Libro bianco della Difesa che lo scorso Parlamento non approvò prima dello scioglimento. Allo scopo di definire un periodo adeguato per chi ha un comando di tale rilevanza e nello stesso tempo evitare trattative sulle proroghe, cordate e raccomandazioni varie, il governo Gentiloni e l’allora ministro Roberta Pinotti, d’intesa con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, inserirono in un decreto legge su materie fiscali che certamente sarebbe stato convertito la modifica di due leggi: il decreto legislativo n. 66 del 2010, cioè l’ordinamento militare, per quanto riguarda Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri, e la legge 189 del 1959 che è l’ordinamento della Guardia di Finanza. Si passò così da “non meno di due anni” salvo proroghe a tre anni non rinnovabili né prorogabili.

Non si conoscono i dettagli del provvedimento che intende proporre il ministro Trenta, ma è stato precisato che comunque si applicherà alle prossime nomine e non ai vertici attualmente in carica. Il comandante dei Carabinieri, generale Giovanni Nistri, è in carica dal gennaio 2018 e scadrà nel 2021; quello della Guardia di Finanza, generale Giorgio Toschi, ha beneficiato della norma triennale e scadrà nel maggio 2019 mentre nel giugno 2019 scadrà il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Valter Girardelli. Il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Salvatore Farina, è in carica dallo scorso febbraio e quindi resterà fino al 2021. Sta per assumere la carica invece il neonominato segretario generale della Difesa, generale Nicolò Falsaperna, anche lui con mandato triennale. Infine, gli incastri tra Aeronautica e Stato maggiore della Difesa: il generale Enzo Vecciarelli scadrebbe nel maggio 2019 e resta candidato alla successione del generale Claudio Graziano, che a novembre andrà a Bruxelles, al vertice della Difesa. Rumors indicano movimenti nell’Arma azzurra e se, per ipotesi, la scelta non cadesse su Vecciarelli la sua permanenza sarebbe confermata fino a maggio.

In attesa di conoscere il testo che andrà in Consiglio dei ministri restano in piedi molti dubbi. Dando per scontato che qualunque governo indica la linea e che i vertici delle amministrazioni sono tenuti a rispettarla a prescindere dalla durata del mandato, la rivoluzione che si prospetta rischia di creare parecchia incertezza in un comparto molto delicato.

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