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Un tweet di buon mattino per dire che no, l’operazione Versace-Kors non è il massimo per difendere il made in Italy. Che certo negli ultimi anni è stato più preda che predatore. Questa mattina il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Michele Geraci, ha detto la sua sull’operazione da 2 miliardi di dollari che ha portato la maison fondata da Gianni Versace e guidata fino a ieri dai fratelli Santo e Donatella (lo stilista è stato assassinato nel 1997 a Miami) tra le braccia dell’americana Michael Kors, big Usa dell’alta moda.

“Un tipo di transazione che non combacia proprio con il mio modo di pensare di come portare valore all’Italia. I miei criteri per M&A sono 1) crescita Pil; 2) aumento occupazione 3) accesso a nuovi mercati…uhmmm, non ci siamo”, ha scritto Geraci. Il senso è chiaro. L’Italia almeno per il momento non trarrà alcun beneficio dall’acquisizione, visto che il know how di casa Versace dovrà inevitabilmente vedersela con quello già in possesso del gruppo Kors. E comunque, quando un pezzo di industria battente bandiera italiana se ne va all’estero non è mai una vittoria, almeno da un punto di vista politico.

D’altro canto, prendendola da un punto di vista più industriale, va detto che  l’ingresso in una conglomerata internazionale permette di avere grandi risorse per lo sviluppo da una parte e di creare sinergie distributive dall’altra parte. C’è da dire che Michael Kors potrebbe permettere la crescita ulteriore di Versace sul mercato statunitense, un’area importante per i capi di abbigliamento della maison italiana.

Oggi intanto, l’annuncio per la vendita del gruppo, in mano all’80% della famiglia Versace e al 20% del fondo Blackstone, verrà ufficializzato. Kors, che due anni fa aveva già acquistato Jimmy Choo, e che da tempo sta cercando di formare un polo del lusso americano, che si contrapponga ai colossi francesi Lvmh e Kering, e Versace da sempre è griffe molto rinomata nel mercato a stelle e strisce.

Il fondo di private equity americano aveva investito nel capitale del gruppo all’inizio del 2014, con un accordo nei confronti della famiglia per ricomprarsi la quota, procedere al collocamento in Borsa oppure rivendere a un terzo l’intera società.

E proprio Blackstone insieme alla famiglia Versace, avrebbe gestito la trattativa con il nuovo acquirente americano. Nonostante il rilancio compiuto negli ultimi 4 anni, i numeri della casa di moda ormai americana, che ha chiuso lo scorso anno con solo 15 milioni di profitti, non hanno reso possibile procedere alla quotazione. Sbarcando sul mercato con ricavi comunque fermi da anni introno a quota 700 milioni, e con utili e margini ridotti, sarebbe stato difficile estrarre valore dal marchio. Ma il governo gialloverde, comunque, non sembra essere convinto sull’effettiva bontà dell’operazione Versace. E lo ha fatto capire.

Diego Della Valle e Donatella Versace

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