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In un clima di crescente incertezza geopolitica, crisi multiple, sfide competitive e vincoli finanziari il Consiglio europeo negli scorsi giorni ha enunciato la sua strategia per il prossimo quinquennio. Un documento pieno delle solite ambizioni, con poche novità e apparentemente volto a riaffermare implicitamente gli obiettivi del passato decennio pur a fronte degli sconvolgimenti del quadro politico seguiti all’esito delle elezioni europee e in anticipo rispetto ai risultati che si attendono dagli elettori francesi, britannici e americani per la guida futura dei loro Paesi.

Il Consiglio ha voluto tracciare il percorso che l’Europa intende seguire con le sue politiche, e con cui i governi dei partner inglese ed americano, oltre che dei Paesi ostili, si confronteranno nella comune ricerca di una maggiore sicurezza e prosperità.

Il possibile rovesciamento delle attuali leadership politiche e l’approfondimento dei conflitti in Ucraina, Medio Oriente ed altri scacchieri del globo potrebbero sovvertire diverse parti della strategia, ma non tutte, perché rimarrebbero intatte quelle sul rafforzamento della difesa militare e sulla riduzione della dipendenza dalle forniture strategiche di Paesi che non condividono i valori delle democrazie occidentali.

Il Consiglio si pone gli stessi obiettivi perseguiti nello scorso quinquennio, aggiungendo un particolare rilievo alla necessità di rafforzare la sua capacità di difendersi dalle minacce esterne e di esercitare una maggiore influenza sulla scena mondiale. In particolare, intende svolgere un ruolo di primo piano nel propugnare una governance basata su regole e norme, multilateralismo e uno sviluppo sostenibile. Un compito molto arduo per un’Europa che manca di una coesione interna pari a quella dei grandi Paesi in concorrenza o sfidanti, e che essendo priva di una forza di difesa comune, deve fare affidamento sull’alleato americano per la sua sicurezza.

La distanza tra ambizione e realtà è evidente allorché parla di questo ruolo strategico solo dopo aver posto come primi obiettivi il potenziamento della competitività, il raggiungimento del primato di continente a zero impatto sul clima e la gestione delle migrazioni. La sfida di divenire un leader mondiale nella duplice trasformazione energetica e digitale è resa ancor più sfidante dall’impegno a non abbandonare quanti non riescono a compiere questo passo come gli altri, mostrando un tocco di sensibilità sociale, che peraltro non ha prodotto finora significativi risultati. Il digital e green divide nell’ambito della popolazione e tra paesi membri sono attualmente un fattore di malcontento sociale che si è già manifestato in sede elettorale.

Un’ascesa al potere nei maggiori Paesi delle forze d’opposizione potrebbe attenuare questo impegno e dare man forte alla posizione italiana per un passaggio più graduale all’adozione delle tecnologie verdi, ad esempio, nell’automotive. I motori per tradurre in realtà queste ambizioni sono individuati nel modello di economia sociale di mercato, nell’imprenditorialità e nella capacità delle compagnie di cogliere le nuove opportunità d’investimento, innovare, divenire competitive ed alimentare la crescita economica. Accanto a questi fattori trainanti si colloca l’approfondimento del Mercato Unico, che come già deciso nei mesi scorsi dai ministri dell’economia riguarderà l’integrazione dei mercati nei settori dell’energia, della finanza e delle telecomunicazioni.

Questa è la maggior traccia dell’influenza esercitata dal grande disegno presentato nel Rapporto Letta, che tuttavia propone un programma che va oltre la concorrenza di mercato. Su quest’ultimo punto il Consiglio resta nel generico quando afferma che tende a un approccio bilanciato tra la disciplina degli aiuti di Stato e la promozione di un’equa concorrenza. Nella realtà, la disciplina è stata già allentata per dare agli Stati margini d’intervento per contrastare la fuga degli investimenti verso il più conveniente regime di aiuti americano. Gli Stati membri con maggiore capacità di bilancio hanno ormai alterato le posizioni di concorrenza nel Mercato Unico.

Particolarmente ambiziosa la Strategia di fare dell’Europa una potenza tecnologica ed industriale colmando il divario che la separa dai maggiori concorrenti in termini di innovazione, produttività e crescita. Per questo traguardo non basta il Mercato Unico, ma bisogna mobilitare ingenti capitali privati e pubblici. A questo scopo si intende accelerare il cammino verso il Mercato Unico dei Capitali e l’Unione Bancaria, e fare anche leva sulla Bei. Ma non è dato sapere come si giungerà a questo traguardo dopo che se ne parla da decenni senza ottenere progressi decisivi. Probabilmente occorrono shock straordinari per spazzare le resistenze e convergere su soluzioni adeguate.

La strategia di potenza industriale e tecnologica è accompagnata da una apertura al commercio internazionale nel quadro delle regole del Wto e di una concorrenza equa. Pertanto, si insiste sulla difesa degli interessi europei contro quei paesi che usano pratiche sleali, ad esempio sovvenzionando le loro imprese ed ostacolando la concorrenza europea nei loro mercati. Il riferimento corre implicitamente alla Cina e ad altri paesi asiatici che si avvalgono di aiuti pubblici per penetrare nei mercati occidentali e battere la concorrenza.

Parte essenziale di questa strategia è anche la riduzione della dipendenza dall’estero per l’acquisizione di componenti fondamentali per la duplice transizione. La carenza di questi materiali rari all’interno dell’Ue ha generato una particolare vulnerabilità in quanto l’Europa dipende dalle forniture di pochi paesi distanti dai valori della democrazia occidentale e inclini a usarle come strumento di pressione. Secondo un recente studio dell’Ocse e precedenti analisi della Commissione Ue vi è attualmente una concentrazione moderata o elevata delle importazioni di materie prime critiche e terre rare da pochi Paesi esterni. Pertanto, con l’Eu Critical Raw Materials Act si è inteso promuovere un maggior sfruttamento delle fonti interne e lo sviluppo di materiali sostitutivi.

Per poter raggiungere il livello di una potenza tecnologica la Strategia punta sul sostegno alla ricerca e all’innovazione, e sull’alleggerimento del peso dei gravami pubblici sulle iniziative imprenditoriali. Si intende, quindi, limitare le regolamentazioni per dare più spazio alle attività imprenditoriali. L’impegno è rivolto a semplificare, accelerare e digitalizzare le procedure amministrative a tutti i livelli di autorità e per tutte le aree dell’intervento pubblico. In questa azione si fa leva sul coordinamento delle politiche nazionali e su meccanismi di monitoraggio e verifica dell’applicazione.

Nel campo della difesa il Consiglio è determinato a potenziare le capacità europee sui piani industriale e della ricerca, contando sulla collaborazione tra Paesi membri nel realizzare progetti e sullo sviluppo di un mercato unico europeo per gli armamenti. Si prosegue, quindi, lungo le grandi linee approvate negli scorsi mesi senza prevedere nuove iniziative, ma con un richiamo all’obiettivo di una maggiore interoperabilità tra le forze armate nazionali e alla promozione di commesse pubbliche in comune tra più Stati. Anche nella difesa e sicurezza si mira a ridurre la dipendenza da fornitori esterni per raggiungere una maggiore autonomia, ma sempre in funzione complementare con la Nato e i Paesi oltreatlantico, che rimangono alla base della sicurezza collettiva.

Una sezione della strategia è dedicata all’allargamento dell’Unione per esprimere un atteggiamento favorevole verso i Paesi candidati, tra cui implicitamente sono comprese l’Ucraina e la Moldavia. Nel progredire nei negoziati si sottolinea che si seguirà un approccio basato sul “merito”, ovvero sulla loro rispondenza ai requisiti stabiliti per il loro accesso. L’Ue è disposta a fornire incentivi ed aiuti perché questi paesi possano adempiere le condizioni attraverso una processo di integrazione graduale. Suona, tuttavia, ambiguo l’incoraggiamento che il Consiglio dà perché si sforzino di stabilire buone relazioni con i paesi vicini, per la riconciliazione e per la soluzione di controversie bilaterali. Quale messaggio si intende dare all’aggressore russo?

Per gli interessi italiani la Strategia del Consiglio, pur nella sua genericità, presenta punti favorevoli laddove si parla di una gestione nuova del problema delle migrazioni, di investimenti, ricerca ed innovazione, di difesa, di Unione Finanziaria e Bancaria, e di maggiori finanziamenti della Bei anche nel settore della difesa. Permangono, invece, dubbi sul tema degli aiuti di Stato e della concorrenza, sull’assenza di riferimenti ai finanziamenti in comune per grandi progetti, come avvenuto con il Pnrr, e sul tema della promozione della crescita.

Ma l’ultima parola sulla Strategia non è stata ancora detta, in quanto a parte l’approvazione del Parlamento Europeo, lo scenario politico è in grande fermento. L’esito delle prossime elezioni, ad iniziare da quelle francesi, potrebbero dare avvio a importanti cambiamenti, che sarebbero anche sollecitati dall’evoluzione delle crisi geopolitiche in atto.

Un’agenda tra incertezze e vincoli. I (soliti) buoni propositi della strategia Ue secondo Zecchini

La strategia del Consiglio europeo enunciata nei giorni scorsi si presenta come un documento pieno delle solite ambizioni, con poche novità e apparentemente volto a riaffermare implicitamente gli obiettivi del passato decennio pur a fronte degli sconvolgimenti del quadro politico seguiti all’esito delle Europee e in anticipo rispetto ai risultati che si attendono dagli elettori francesi, britannici e americani per la guida futura dei loro Paesi. L’analisi di Salvatore Zecchini

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