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Ma quali influencer! Se si pensa che la Chiesa cattolica sia assente, oggi, nel mondo delle comunicazioni digitali, è forse ora di ricredersi. Sta infatti per terminare in Vaticano il Sinodo dei Vescovi sui giovani, più precisamente su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, e uno dei temi più discussi è stato, senza alcun dubbio, quello della rete e dei social network.

“La Chiesa deve imparare ad abitare il mondo digitale, bisogna discernere come abitare ciò che è un terreno fertile per l’evangelizzazione”. “Per portare l’annuncio di Gesù il Vangelo invita a creare relazioni umane, e il digitale è un campo imprescindibile”. “La Chiesa è fortemente chiamata ad entrare in questo mondo digitale, che Benedetto XVI ha descritto come la nuova agorà del terzo millennio”. Sono solo alcune della affermazioni emerse nel corso dei vari interventi che hanno tenuto banco, nei giorni del Sinodo, durante il quotidiano briefing organizzato in sala stampa vaticana dalla commissione organizzata dalla Santa sede per la comunicazione dell’evento. Fu infatti proprio Benedetto XVI a dare il via alla comunicazione del Vaticano nel mondo digitale, con l’apertura del suo account personale il 12 dicembre del 2012, solamente sessanta giorni prima della data delle sue dimissioni.

Millequattrocento tweet contrassegnati dall’hashtag ufficiale #Synod2018 in sei lingue differenti da parte dei canali di Vatican News e Radio Vaticana, con centomila condivisioni e trecentocinquantamila interazioni sul social dell’uccellino azzurro, dieci milioni di utenti raggiunti su Facebook, seicentocinquantamila visualizzazioni su Instagram. Per un totale di cinquecento diversi contenuti condivisi sui social, tra post, articoli, immagini e video. E cinquanta milioni di persone raggiunte dal tweet di Papa Francesco dedicato al Sinodo il 24 ottobre, in cui si spiegava, nei nove account multilingua, che “questo Sinodo vuole essere segno della Chiesa che si mette davvero in ascolto e che non ha sempre una risposta preconfezionata già pronta”. Sono i numeri diffusi dal Dicastero per la Comunicazione come resoconto dell’attività dei social di Vatican News per quanto ha riguardato le attività del Sinodo sui giovani. Numeri ottimistici, che fanno ben sperare e che fioccano come gli hasthtag spontanei che sono circolati in rete, magari lanciati da alcuni degli stessi 32 giovani da tutto il mondo che hanno direttamente preso parte ai lavori: #PrayForSynod, #CaminarJuntos, #ConectadosNoSinodo, #PastoralJuvenil, #RejuvenateTheChurch, #NosVemosEnPanamà, sono alcuni tra questi, messi in fila da Vatican Insider.

Durante gli stessi lavori è poi stata messa a disposizione dei partecipanti una ricerca, realizzata dal network di informazione cattolica Aleteia in collaborazione con l’Università Saint Mary’s di Londra e l’Università Ramon Llull di Barcellona, prendendo come riferimento i dati di 540 milioni di profili Facebook e Instagram appartenenti a giovani tra i 18 e i 25 anni, in cui si è indagato l’utilizzo dei social, da parte dei giovani, per cercare argomenti a sfondo religioso. Tra tutti i risultati, ce n’è uno che attira maggiore attenzione, per quanto in un certo senso prevedibile. Quello cioè che vede come, tra i leader religiosi, Bergoglio sia di gran lunga il più seguito sui social.

I risultati della ricerca dicono che solo il quattro per cento dei giovani condivide contenuti relativi alla fede cattolica sui social network, molto meno di quanti cercano marchi e generi di consumo, ma allo stesso tempo si spiega anche che i giovani interessati alla religione hanno un livello accademico maggiore degli altri, oltre ad accesi interessi sociali e culturali. Oltre ai cinque milioni di ragazzi coinvolti in Brasile nelle tematiche di fede su web, i due milioni nelle Filippine e il milione in India, in Italia si parla di settecento mila ragazzi, mentre stupisce il Vietnam comunista, dove il quattro per cento dei giovani nutre interesse per la religione in rete. E il fatto che, in genere, non vi sia rilevato alcun tipo di odio verso la fede, ma solo indifferenza, lascia pensare agli organizzatori che la colpa sia dovuta a un loro senso di spaesamento generale, dovuto alla mancanza di punti di riferimento, e che per questo ci siano spazi aperti per la religione cattolica, invitando così a trovare nuovi canali di evangelizzazione.

Un altro aspetto che sicuramente incuriosisce è l’attivismo del mondo cattolico considerato più conservatore, ovvero di quanti tentano ormai apertamente, da tempo, di dare il grande assalto al pontificato di Francesco. Ben noto è quell’universo di siti iper-tradizionalisti da cui sono scaturiti negli anni scorsi prima i dubia, dei quattro cardinali firmatari, e poi la correctio filialis, almeno inizialmente da parte di un centinaio di intellettuali sparsi per i cinque continenti.

Meno conosciuto invece il mondo di hashtag e meme che fanno riferimento a un orientamento cattolico conservatore: generalmente molto meno sociale e popolare ma al contrario molto più integerrimo e ascetico, ma che tuttavia pare accumuli un certo seguito tra il pubblico giovane, talvolta incuriosito e attratto dalla dimensione più mistica e devozionistica della fede, e in alcuni casi, come negli stessi ambienti si sostiene, anche con dati alla mano per quanto riguarda le nuove vocazioni, dalla liturgia più tradizionale, fino addirittura al rito in latino. Quindi hashtag come #tridentinemass, #missatridentina o #tridentinelatinmass, ma anche acronimi come #icksp, #icrss e #icrsp, che, spiega il settimanale, stanno per Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, ma che suonano quasi più come dei moderni cristogrammi digitali.

Ed è proprio a uno dei quattro firmatari dei Dubia, il cardinale Raymond Leo Burke, a cui L’Espresso ha dedicato un articolo descrivendolo come un influencer “altro che Chiara Ferragni”. Il porporato americano è colui che viene considerato il capofila di quel mondo tradizionalista vicino alla destra internazionale, quella che almeno solamente per orientamento ideologico fa capo all’ex consigliere americano Steve Bannon, tanto da riunirsi insieme nel quartiere generale della Certosa di Trisulti, il monastero nella ciociara provincia di Frosinone, ormai passato alle cronache come una sorta di Vaticano ombra, in cui ha sede l’istituto Dignitatis Humanae. E nel cui advisory board siede come capo proprio il porporato americano, con il gusto bene in evidenza dei lunghi strascichi e dei merletti tradizionalisti, assieme allo stesso ideologo americano che ne segue le attività da molto vicino, collaborando per l’apertura prossima di una scuola di formazione per una nuova e giovane classe dirigente conservatrice.

Per i palati più raffinati, insomma, che non si accontentano del cattolicesimo di Papa Francesco, l’universo tradizionalista ha le porte aperte del web. Anche se aveva fatto il giro dei profili social degli addetti ai lavori, negli scorsi mesi, la foto che metteva plasticamente a confronto lo stesso cardinale in attesa di cenare di fronte a una regale quanto bislunga tavolata, davanti a giovani sacerdoti pronti a servire, e Papa Francesco più francescanamente in procinto di assaporare una minestra, in piatti di carta, nella buona compagnia di un gruppo di senza tetto romani. Ma se si cerca con l’hashtag #cardinalburke si può anche trovare con facilità la foto in cui il porporato stringe la mano al ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Decisamente meno simpatizzante dell’universo digitale è invece il nuovo superiore della Comunità San Pio X, don Davide Pagliarani, capo dell’isola ultra-tradizionalista lefebrviana che si situa “al largo” della altre all’interno “dell’arcipelago antimoderno”, come ha scritto Guido Mocellin su Avvenire, che ha confessato di detestare visceralmente i “moderni mezzi di comunicazione”. “Devo confessare – cum grano salis – che detesto in maniera irrimediabile tutti i mezzi elettronici, senza eccezione e senza possibilità di cambiare opinione”, ha infatti affermato il sacerdote a capo dei seguaci dell’arcivescovo cattolico francese Marcel Lefebvre, uno dei più irriducibili avversari del Concilio Vaticano II.

“La Missio ad gentes riguarda anche la rete, e come cambia il mondo anche le opere pontificie devono guardare a nuove forme di coinvolgimento, risvegliando ardore, passione e zelo per la missione della Chiesa”, è un’altra delle affermazioni udite nel corso dell’aggiornamento quotidiano sui lavori sinodali, pronunciata dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, assieme al segretario generale della Pontificia Unione Missionaria e direttore del CIAM padre Fabrizio Meroni. “Il mezzo è neutrale, i padri sinodali sanno che i casi negativi non sono colpa dello strumento ma di come lo si usa”, si è detto ancora. “La Chiesa deve stare in maniera continua in un mondo digitale, che esige l’esercizio assiduo della coscienza morale, portando la pastorale biblica”, ha poi spiegato  ai giornalisti il prefetto della comunicazione vaticana Paolo Ruffini, riportando quanto detto all’interno dei lavori. “Forse la Chiesa è chiamata anche a indicare quali sono quei siti che portano veramente la fede cattolica”, ha infine buttato sul tavolo monsignor Joseph Naffah, vescovo titolare di Aradus, in Libano.

In ogni caso, catechismi on-line che riuniscono cattolici, su Skype o su software dedicati, nei territori più dispersivi come le lande del nord-Europa o nelle terre infuocate come quelle del Medio Oriente. Video-catechismi imponenti come quello presentato alla Pontificia Università Gregoriana, che raccoglie quarantasei capitoli di trenta minuti ciascuno, realizzati in cinque anni di lavoro e venticinque ore di registrazione. Applicazioni per smart-phone che, imitando il successo di Pokémon Go, invitano a catturare santi in “squadre di evangelizzazione”, curando per di più la salute spirituale dell’utente con la misurazione del livello di preghiera, come accade con quella lanciata dal Vaticano, anche se al momento solo in spagnolo, Follow JC Go, per la Giornata Mondiale della Gioventù prevista a Panama il prossimo 22 gennaio. O invece app che trovano la Messa più vicina, permettendo integrazioni partecipative degli utenti sugli orari delle celebrazioni, come quella creata da quattro universitari milanesi e ribattezzata DinDonDan. Sono diversi ma sempre più numerosi, e soprattutto più creativi e colorati, gli stimoli che vengono dal mondo cattolico attraverso i quali “abitare” il mondo digitale, quello di una vera e propria “Chiesa 2.0” che, lentamente ma con sempre più decisione, si va configurando.

Ma non solo incensamenti, da parte dei padri sinodali, sono stati riservati al mondo digitale. Al contrario, si è anche spiegato che “l’anonimato nelle reti, che le manipola e genera ideologia in modo nascosto, sta diventando, come in passato, un nuovo totalitarismo per controllare la società, ed è importante un’educazione integrale ai rischi della rete”, come affermato dal cardinale Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Città del Messico. Ma tra tutte le considerazioni fatte in quasi un mese di Sinodo quelle che hanno risuonato in maniera più diretta, e centrata, si è presentata in forma di domanda e l’ha pronunciata monsignor David Bartimej Tencer, vescovo di Reykjavík, in Islanda. “Come attrarre i giovani a leggere la Bibbia?”, ha chiesto il religioso, forte della sua particolare esperienza, se non altro per la complessità del suo compito pastorale. “Facendo download sul proprio cellulare sono riuscito a fare lavorare e leggere a tutti. Dove trovate voi nella Bibbia che Dio fischia alle api? Con un pc o un cellulare si può trovare in pochi minuti”.

Chiesa 2.0. I giovani, la fede e la rete

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