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Mentre a Pozzallo sono sbarcati 450 migranti e mentre i funzionari e il personale della Prefettura e della Questura lavorano per i ricollocamenti a livello europeo delle persone arrivate, il governo guidato da Giuseppe Conte si trova adesso a dover fronteggiare anche la questione scottante della politica interna, con le relative iniziative economiche sulle pensioni e contro la povertà.

In effetti, passati ormai mesi dal risultato elettorale delle politiche del 4 marzo e avendo dimenticato del tutto, o quasi, il lungo iter che ha portato alla nascita della maggioranza gialloverde, il nodo politico che regge questa “strana alleanza” si rivela nei suoi aspetti problematici principalmente sul fronte sociale e previdenziale.

Infatti, dal lato dell’incisiva azione messa in atto in Europa dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, l’esecutivo sta ottenendo alcuni significativi risultati, se non altro la rottura di quel fronte di ipocrisia e omertà che ha contrassegnato il comportamento indifferente verso l’Italia che per anni hanno avuto gli altri partner europei sul fronte immigrazione. Da quello, invece, delle politiche sociali si evidenziano maggiori contraddizioni, specialmente sul piano programmatico, all’interno di un’alleanza che non ha evidentemente la stessa visione delle cose.

L’originario progetto del centrodestra, invero, non contemplava alcun tipo di opzione assistenziale. Il programma del Movimento 5 Stelle era ed è essenzialmente socialista. E la Lega, che è una forza rappresentativa di una sensibilità elettorale di tipo imprenditoriale, si trova adesso a dover accettare, come socio di maggioranza del centrodestra, il decreto dignità, voluto esclusivamente dai 5 Stelle, che subisce non soltanto le critiche da sinistra del presidente dell’Inps Tito Boeri, ma anche la prova severa del monitoraggio stretto della Ragioneria generale dello Stato.

Si sa, d’altronde, i nostri conti non permettono facilmente di scaricare sul bilancio pubblico oneri sociali tanto pesanti. Soprattutto si fa avanti un punto molto complesso e controverso che riguarda le necessarie scelte liberali di politica economica, di cui il Paese avrebbe tanto bisogno, le quali sono la premessa che giustifica la defiscalizzazione che il governo Conte vorrebbe attuare, in forma attenuata rispetto alla flat tax immaginata dal centrodestra: una cura dimagrante per lo Stato, in breve, che soltanto se unita con un rilancio delle imprese e un taglio delle spese può divenire volano vero per la crescita e l’occupazione.

In questo senso, il ministro dell’Economia Giovanni Tria è per tutti una garanzia di competenza, razionalità ed equilibrio, sebbene, inevitabilmente, dovrà confrontarsi con un’opposizione molto dura che non sarà il Pd ma Forza Italia. Silvio Berlusconi, in un’intervista al Corriere, ha esplicitato l’irricevibilità dello statalismo grillino, considerato non soltanto recessivo ma perfino rischiosissimo; e Renato Brunetta gli ha fatto eco con un duplice giudizio: da un lato positivo di sostegno a Tria, dall’altro negativo di opposizione frontale a Luigi Di Maio.

Guardando le cose con obiettività, bisogna dire che fin dall’inizio si sapeva che l’alleanza Lega-5Stelle conteneva al suo interno una contraddizione, specialmente dal punto di vista delle scelte economiche, ossia una sostanziale incompatibilità tra liberismo e assistenzialismo, con annesso e connesso il germe di una soluzione di continuità. E proprio adesso che la politica estera sta mietendo risultati importanti e positivi, si comincia a sentire la mancanza dell’apporto che Fi avrebbe potuto dare al governo con una sua presenza nella maggioranza, specialmente dal lato delle scelte fiscali e sociali.

L’intransigenza assunta durante le consultazioni dai grillini contro Berlusconi e i suoi è stata ed è sbagliata, presentandosi adesso come un conto salato per Conte. In definitiva, infatti, l’atteggiamento duro sul fronte migrazione sarebbe stato tenuto anche con maggiore forza un eventuale presenza integrale del centrodestra, mentre sul fronte economico non vi sarebbero stati i problemi che invece si palesano con il decreto dignità e con politiche così fortemente dirigiste come quelle adesso volute dai ministri grillini.

È importante per i cittadini, ad ogni buon conto, avere la certezza che Fi si propone come forza politica responsabile anche se di opposizione, che tiene un atteggiamento non distruttivo verso l’alleanza di centrodestra, e che resta perfino disponibile a sostenere in Parlamento quelle iniziative della maggioranza che avrebbe potuto condividere stando al governo. Tutto ciò è molto rilevante non soltanto nelle dinamiche legislative presenti, ma in una prospettiva più larga, che guardi al futuro dell’Italia.

Nello specifico garantire la durevolezza prospettica, non soltanto a livello locale ma anche nazionale ed europeo, di un centrodestra solido e compatto costituisce senza dubbio una valida speranza per l’Italia e un valido punto di appoggio per la Lega, comunque andranno le cose nei prossimi mesi e quale che sarà il destino temporale di questo esecutivo.

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