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“Che Salvini abbia esagerato o meno non me ne frega niente, la cosa importante è che con l’intervento del Presidente si sia sbloccata la situazione”.

Con queste lapidarie parole sulla vicenda della nave “Diciotti” della Guardia Costiera Luigi Di Maio certifica la chiusura della difficile settimana vissuta dal suo collega vice premier.

È un intervento politicamente rilevante quello del ministro Di Maio, perché segna una certa volontà di rimonta del Movimento, dopo settimane di strapotere leghista. Ed è così per tre motivi, che escono come lampi dalle parole pronunciate stamattina ad Agorà.

Intanto perché Di Maio mostra evidente sollievo per lo “sblocco” della situazione, che stava generando frizioni tra corpi dello Stato (in divisa e non). In secondo luogo perché si schiera indirettamente (ma pesantemente) sul fronte del più assoluto rispetto della divisione dei poteri, lasciando alla magistratura il compito di accertare reati e stabilire quali misure adottare per gli eventuali imputati (mentre il ministro dell’Interno ha tuonato parlando di manette ai facinorosi). Infine (ed è il passaggio politicamente più rilevante) perché Di Maio sceglie in modo volontario e fragoroso di sposare l’asse ConteMattarella, di cui da giorni si parla nei “sacri palazzi”.

Al tempo stesso occorre registrare il fatto che proprio Salvini sta toccando con mano quanto è difficile la solidarietà fra “sovranisti”, come è apparso evidente nel Summit a tre con i suoi colleghi di Austria e Germania ieri a Innsbruck.

Insomma una settimana amara per il leader della Lega, che sta misurando passo dopo passo quanto è difficile governare, quanto è complesso coniugare i doveri di responsabile della sicurezza nazionale con l’esuberanza del capo politico con il vento in poppa, quanto è faticosa la vita di coalizione, con ministri di un altro partito che hanno competenza diretta sui temi che gli stanno a cuore (Toninelli, Tria, Trenta, Bonafede).

Insomma per la prima volta abbiamo un Salvini in difficoltà, che percepisce l’irritazione degli apparati burocratici, la suscettibilità di colleghi di governo che non vogliono fare la figura degli scemi, l’irrigidirsi dei veri “poteri forti” del nostro Paese (magistratura in primis), che sempre più guarderanno al Capo dello Stato come garante degli equilibri costituzionali della Repubblica.

È un Salvini sulla difensiva quello che parte domani per la Russia, dove seguirà di persona la finale della Coppa del Mondo.

Un finale di settimana tutt’altro che casuale, Putin è (a tutti gli effetti) un “porto sicuro”, proprio come quelli che mancano nel Mediterraneo.

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