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Il Def è ufficialmente in Parlamento, in attesa dell’esame in commissione prima, in Aula dopo. Poi toccherà all’Europa dire la sua, mentre i mercati hanno già fatto capire da che parte stanno. Quindi la domanda è, che cosa c’è in questo Def e dunque in un certo senso nella prossima manovra, che non va, che non funziona? Formiche.net lo ha chiesto a Veronica De Romanis, economista e docente alla Luiss di Roma, che ben conosce i mali dell’economia italiana, non senza disporre di valide medicine.

De Romanis, mi dica che cosa non la convince…

Il punto di partenza è questo: la speranza non è una strategia di politica economica. E questo governo mi pare che di speranze ne abbia un po’ troppe. A cominciare dalla crescita nominale data al 3,5%, obiettivo difficile da raggiungere. Va precisato che il ricorso a stime del Pil nominale piuttosto ottimistiche non è una novità: lo faceva anche il precedente governo.

Insomma, troppa speranza e poca certezza, è così?

Sì. Un’altra speranza, per esempio, è la spesa per gli interessi sul debito che aumenta solamente dello 0,1% ogni anno rispetto al tendenziale: secondo il governo, con l’approvazione del parlamento verrebbe meno l’incertezza e quindi l’impatto negativo dello spread. Difficile però immaginare che lo spread torni rapidamente sui livelli di 4 mesi fa. Ma non finisce qui.

Prego…

Una terza speranza, sono i moltiplicatori della manovra, davvero alti: bisognerebbe capire come sono stati calcolati e con quali canali possano essere raggiunti.

Non è un buon biglietto da visita per questo Def…

A dire la verità c’è anche un altro problema. La mancanza di visione di lungo periodo. Non è facile capire quale sia la strategia del governo nel medio-lungo termine. Il grosso dei traguardi, dei target, è concentrato sul 2019, anno in cui le clausole di salvaguardia sono disinnescate totalmente mentre per il biennio 2020-2021, il disinnesco è solo parziale. Cosa succede dopo?

C’è ancora qualcosa vero?

Sì. Manca qualunque riferimento al problema della demografia, una delle principali sfide dei prossimi anni. Non stupisce quindi che non ci siano misure per le donne, per aumentare e favorire la loro presenza nel mercato del lavoro. Sappiamo che più donne nell’economia significa più crescita economica e anche maggiore tasso di natalità.

Se le dico reddito di cittadinanza?

Difficile considerarlo un incentivo alla ricerca attiva del lavoro come descritto nel documento: nella nota di aggiornamento è precisato che si possono rifiutare fino a tre proposte congrue e non lontano dal posto di lavoro: negli altri Paesi queste forme di sostegno hanno regole molto più severe nella loro applicazione. Il rischio di un incremento degli inattivi è concreto.

Nemmeno la cosiddetta quota 100 la convince?

Le pensioni come misura per aumentare l’occupazione giovanile? Diciamo la verità, della cosiddetta staffetta generazionale non c’è alcuna evidenza nei dati. Al contrario. I dati mostrano una correlazione positiva tra tasso di occupazione over 55 e tasso di occupazione giovanile. Peraltro, chi dal governo sostiene che se esce un anziano entra un giovane, sta ipotizzando un mercato del lavoro con un numero di posti fisso. Ma allora, ci si domanda, dova sarebbe l’effetto positivo delle misure messe in campo sulla crescita e sull’occupazione?

Adesso arriverà il giudizio dell’Europa…si è fatta un’idea? 

Questo sarà un mese fondamentale per noi: ci saranno i giudizi delle agenzie di rating e la risposta dell’Europa all’Italia sulla bozza della manovra. Con un disavanzo strutturale che aumenta (invece di diminuire) di 0,8 punti percentuali è quasi sicuro che si aprirà una procedura di disavanzo eccessivo perché l’Italia non sta rispettando le regole.

Rispettare le regole. Ma è davvero così importante?

Certo. Queste regole fiscali – che abbiamo concordato e firmato anche noi – sono importanti perché assicurano stabilità al Paese e all’area dell’euro nel suo complesso. A questo proposito, vanno ricordate le parole del ministro Tria – che ha firmato questa nota di aggiornamento- “senza stabilità non ci può essere crescita”.

Il Def tra speranza (tanta) e realtà (poca). Parla Veronica De Romanis

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