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Il Partito democratico americano ha aperto una causa multi-milionaria contro il governo russo, il comitato elettorale di Donald Trump e WikiLeaks. Il Democratic National Committee (Dnc) chiederà un risarcimento perché dice di aver subito i danni di una cospirazione a tre durante le elezioni presidenziali del 2016.

La denuncia depositata al tribunale federale di Manhattan (il Southern District di New York) dice che i principali funzionari della campagna di Trump hanno cospirato con il governo russo e la sua agenzia di spionaggio militare per denigrare la candidata presidenziale democratica Hillary Clinton e aiutare appunto Trump, anche hackerando le reti informatiche del Partito Democratico e diffondendo materiale da lì rubato.

Il Dnc chiede il rimborso economico perché sostiene che il cyber-attacco subito ha indebolito la sua capacità di comunicare con gli elettori, raccogliere donazioni e operare in modo efficace, mentre i suoi dipendenti hanno subito molestie personali e, in alcuni casi, minacce di morte.

“Durante la campagna presidenziale del 2016, la Russia ha lanciato un assalto a tutto campo contro la nostra democrazia e ha trovato un partner disponibile e attivo nella campagna di Donald Trump”, ha detto in una nota il presidente del Dnc, l’obamiano Tom Perez: “Questo è stato un atto di inganno senza precedenti: la campagna di un candidato per il Presidente degli Stati Uniti in combutta con un potere straniero ostile per rafforzare le proprie possibilità di vincere la presidenza”.

Un’accusa enorme che piomba sulla Casa Bianca in uno dei momenti più delicati del Russiagate: l’arrivo al Congresso dei memo segreti redatti dall’ex direttore dell’Fbi, James Comey, dopo ogni conversazione con il presidente. Da lì potrebbero uscire le informazioni più delicate sull’eventuale intralcio alla giustizia compiuto da Trump per rallentare il corso dell’inchiesta.

Lo scorso mese i repubblicani della Commissione Intelligence della Camera (che, come altre commissioni congressuali, sta conducendo un’indagine indipendente da quella del dipartimento di Giustizia) hanno detto di “non aver trovato” prove sulle eventuali “collusioni” di Trump e del suo team col piano di interferenza spinto dal Cremlino – che invece è dato per conclamato dalle analisi dell’Intelligence Community americana – mettendo il primo punto ufficiale sulla super-indagine. Ora il Dnc accusa apertamente il team del presidente di essere in combutta con Mosca.

Il Washington Post ricorda che la mossa del comitato nazionale dei democratici segue una tattica già vista nel 1972, quando il Dnc intentò una causa simile contro il comitato per la rielezione di Richard Nixon, incolpando lo staff del presidente per l’irruzione che creò lo scandalo “Watergate” – Nixon più tardi fu portato all’impeachment non per la colpevolezza sulla vicenda, ma perché aveva cercato di intralciare il corso dell’inchiesta per evitarne il peso d’immagine (in quel caso i Dem riuscirono a ricevere un indennizzo pari a 750mila dollari, presi dalla campagna Nixon).

I Democratici portano prove sull’hack subito e aggiungono che dietro c’è stato un accordo tra gli uomini di Trump e gli agenti dei servizi segreti russi: un’accusa pesantissima, non provata da nessuno finora, che si porterà dietro contromisure (tutto serve anche per smuovere demagogicamente gli elettori Dem, piuttosto fiaccati, in vista delle elezioni di mid-term che ci saranno tra qualche mese?).

Nella formulazione dell’accusa avanzata alla corte newyorkese, non si parla mai del presidente Trump personalmente, invece si fa riferimento esplicito al figlio primogenito Donald Trump Jr, a suo genero Jared Kushner, all’ex presidente della campagna Paul Manafort e al suo vice, Rick Gates. Nomi grossi del Russiagate, finiti già sotto il vaglio delle commissioni congressuali e dell’Fbi.

Chiamato in causa anche Juliane Assange, fondatore di WikiLeaks: il sito aveva contribuito a diffondere le informazioni rubate ai democratici tramite l’attacco hacker contro i server del Dnc, da cui poi furono create dozzine di fake news sul conto di Clinton e dei dem.

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