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Cominciamo a cambiargli il nome, perché così ci avviciniamo di più alla realtà. L’eventuale governo in fase di definizione sarà assai di più un “Grillo-Salvini” che un “Di Maio-Salvini”, come emerge plasticamente dall’intervista oggi diffusa dal blog del fondatore genovese.

La conversazione con Newsweek (che Grillo ha avuto in data 20 aprile) è infatti essenziale per comprendere quanto sta accadendo e ci consegna tre elementi di massima rilevanza politica, di cui dovremo tenere conto nel prossimo futuro.

In primo luogo c’è un tema di leadership, che Grillo rivendica senza neppure bisogno di calcare la mano. Anzi, per essere più precisi, una leadership che Grillo “sente” addosso come elemento naturale, a garanzia della “purezza” del movimento, soprattutto quando si avvicina una possibile stagione di governo (e quindi di compromesso con il “potere”).

Poi c’è un tema di merito, che riguarda tutte le battaglie da intraprendere. Battaglie che sono, nella versione di Grillo, dalla parte dei più deboli, degli esclusi dai circoli che contano ma al tempo stesso ispirate ad una moderna visione nazionale (“i flussi migratori devono essere controllati, dobbiamo sapere chi entra in Italia”, dice testualmente) che sono perfette per l’incontro con un solo interlocutore nell’intero panorama politico italiano fuori dal M5S: Matteo Salvini.

Infine c’è un tema di collocazione internazionale, perché Grillo spara a palle incatenate contro l’Europa (mentre Di Maio ha molto frenato in queste settimane) e usa parole dolci, quasi suadenti verso Putin, addirittura usando una brutale “fake news” (“le sanzioni alla Russia costano miliardi alle imprese italiane”) per sostenere le sua tesi di vicinanza con Mosca.

Insomma questa intervista di Grillo spiega molte cose, a cominciare dal perché questa trattativa va avanti, essendo profondo il legame che unisce un leader come Matteo Salvini (le sue parole di oggi confermano tutto quanto abbiamo qui riassunto) con le istanze più vere, più profonde del movimento fondato insieme a Gianroberto Casaleggio.

Salvini e Grillo hanno dunque in mente un affondo micidiale su Bruxelles (nell’intervista si parla di un referendum sull’euro) e un ripensamento profondo delle nostre alleanze internazionali, capace di guardare, per la prima volta da 70 anni a questa parte, più a Mosca che a Washington.

Qualcun altro ha fatto cose simili nel tempo recente? Si, ad esempio il primo ministro ungherese Orbán. Noi però siamo l’Italia e la Casa Bianca non è per noi solo un bel posto per un selfie, è bene che tutti lo ricordino. E Trump, per quanto forte possa essere nel suo mandato, non è l’America tutta.

Quale atteggiamento prenderà Silvio Berlusconi, atteso ad horas al vertice del Ppe a Sofia? Lo vedremo presto, ma difficilmente sarà morbido. E infine, cosa ne pensa il Capo dello Stato?

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