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Oggi in un’intervista, Sandro Gozi, afferma che sia necessario “superare” il PD seguendo il modello En Marche, di Macron in Francia. Al di là delle posizioni personali, che possono essere inclini o meno a guardare con favore all’esperienza macronista, occorre fare una riflessione di contenuto, di metodo e di visione politica generale.

In primo luogo, è abbastanza evidente che non si possa esportare un modello da un contesto a un altro e pensare che in automatico questo funzioni bene allo stesso modo ovunque. Ogni Paese ha una sua specificità politica, sociale, culturale ma soprattutto, istituzionale. In Francia, come noto, il sistema elettorale ha due turni. Il secondo turno prevede un ballottaggio tra soli due concorrenti, non si verifica in Italia, in Germania, in Spagna, in UK o altrove in Europa. Questo già ci dice che c’è un elemento cruciale e di sostanza che impedisce una qualsiasi opzione di “esportazione”.

Inoltre, c’è un dato politico. L’intero impianto di riforma costituzionale prima, e la legge elettorale poi, è stato sonoramente bocciato, sia dagli elettori, sia dalla Consulta. Quindi, stiamo su pianeti diversi e distanti. Prima riflessione: è sensato riproporre un qualche cosa che sappiamo essere già stato ampiamente bocciato dal popolo italiano?

In secondo luogo, una valutazione politica. Macron al primo turno prese 8.5 milioni di voti circa, il 24% appena dei voti complessivi. Il primo turno è quello che offre maggiori spunti per una riflessione politica pura. Il progetto di Macron non ha certo la maggioranza del consenso in Francia. Il secondo turno francese spinge elettrici ed elettori a scegliere tra solo due contendenti e se ti si presenta la sfida che abbiamo visto, tra Macron e la Le Pen, va da sé che la riflessione che viene fatta non è di appoggio al progetto di Macron, ma al dare il voto al “meno peggio”.  Per molti è stato così: certo per il 57% circa di elettrici ed elettori di Mélenchon che hanno votato turandosi il naso. Mentre la restante parte ha deciso per l’astensione.

Con una battuta: Bersani, nel 2013, col suo 25.5% e quasi 10 milioni di voti, aveva in Italia certamente più consenso di Macron ed En Marche in Francia nel 2016. Insomma, tutti a criticare Bersani, ma sia rispetto a Macron, sia rispetto a Renzi, alle politiche prese di più. Certo, non si fa un simile paragone. Non è scientificamente corretto. Ma tant’é.

In terzo luogo, la proposta della terza via con 20 anni di ritardo di Renzi e del PD degli ultimi 5 anni è fallita. Il PD ha preso il 18.8% ed è riuscito a far peggio della SPD in Germania. Mentre alla SPD si può perdonare un simile acciacco dopo 156 anni di storia, al PD, che passa dal 40% nel 2014 alle europee al 18.8% nel 2018 alle politiche, invece, no. Faccio fatica a capire come esperti politici non riescano a cogliere un dato di realtà: la proposta di una macronizzazione del centrosinistra italiano è fallita. Bocciata. Archiviata. Cestinata. E allora, come dice un detto: sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico.

Infine, trovo particolare che un esponente della socialdemocrazia europea invece di parlare dei successi dei partiti fratelli in Uk e in Portogallo, faccia riferimento a una forza, con tutti i limiti che ho detto, che non sappiamo se sopravviverà a una mezza stagione politica, che sta al di fuori del PSE e che è pure una forza concorrente nella teoria come nella pratica. Malgrado gli sberleffi di alcuni dirigenti PD, l’unico leader del PSE che ha raggiunto alle politiche il 40% è quel vecchio rottame che di nome fa Jeremy Corbyn. Il Labour Party è andato alla grande, mentre PD, SPD, PSOE e PS sono crollati. Ma, interrogarsi sul perché, no? Provare a chiedersi se allora una ricetta di “sinistra” vincente esiste? Provare a seguire questo modello, per uno del PSE, è troppo complesso?

Il fallimento della sinistra in Italia e altrove è evidente. Quando si cerca di scimmiottare nello stile e nella sostanza, una forza che ha altri obiettivi, altri valori e altri stili, le persone scelgono l’originale. Non la (brutta) copia. Mi si dice che è almeno per lo slancio europeista di Macron. Ma dove? L’obiettivo di Macron è di riplasmare l’Europa secondo i suoi voleri e quelli di Angela Merkel. Un’Europa unita, ma sotto le esigenze dei soliti due paesi membri: Francia e Germania. In una prospettiva conservatrice e atta a consolidare il potere di due Paesi su tutti gli altri. Anche questo è un nodo che la sinistra dovrebbe districare: un’Europa unita, ma di che tipo?

Serve una rifondazione del PD, non il suo superamento. Serve capire come il più grande partito del centro sinistra in Italia, che ha ancora il 18% possa rimettersi in pista, aggregando, e non più spaccando, un fronte progressista e socialdemocratico, per tornare al 25% o al 30%.

La sconfitta della sinistra in Italia, che va oltre il PD, è da ricercare non solo nella bassa qualità delle classi dirigenti, della loro miopia politica e totale assenza di visione, ma anche nell’incapacità della struttura di adeguarsi ai tempi, di capire il modo e di interpretare i fenomeni cruciali. E certo, di offrire proposte concrete, realizzabili e chiaramente alternative a quel che è il modello neoliberista che domina ormai da oltre un trentennio e che ha stufato. Tutti, o quasi.

Il motto, quindi, sia #rifondiamoIlPD per rifondare la Sinistra. In Italia e in Europa. Creiamo un modello italiano di rilancio del centrosinistra e lasciamo stare i modelli altrui. Ispirarsi si, scopiazzare no.

 

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