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Scheda bianca e nessun candidato alla presidenza del Senato. Per ora è questa la posizione ufficiale e ufficiosa del Partito democratico in queste ore. Non offrire alcuna sponda al M5S che vorrebbe trovare nei democratici un modo per mettere in difficoltà il centrodestra; e, al contempo, non contribuire all’elezione di Paolo Romani a seconda carica dello Stato. Questo l’obiettivo del Pd all’inizio della diciottesima legislatura.

È una schermaglia tattica complessa quella delle presidenze di Camera e Senato. Le forze politiche, a iniziare dal Movimento Cinque Stelle, hanno più di una difficoltà a risolvere il puzzle delle cariche istituzionali. Da una parte il rifiuto dei pentastellati di votare il candidato del centrodestra, Paolo Romani, e di incontrare Silvio Berlusconi; dall’altra il rifiuto di Forza Italia a cambiare il nome del proprio candidato.

Un empasse che per tutta la mattina rischia di scaricare le proprie tensioni proprio sul Pd. Infatti, Di Maio e i suoi fanno trapelare di essere intenzionati a votare per Luigi Zanda come presidente del Senato, per portarlo al ballottaggio contro Paolo Romani. Un modo per mettere il Pd davanti ad un bivio pericoloso: votare Zanda eleggendolo alla seconda carica dello Stato, facendo però asse con il M5S, oppure spaccarsi nel segreto delle urne. Una mossa che innervosisce i democratici: il nome di Zanda, infatti, è tra i meno graditi ai renziani, soprattutto per le critiche mosse dall’ex capogruppo Dem a Matteo Renzi subito dopo le dimissioni dell’ex segretario.

Nel Pd, comunque, è forte la sensazione che il Movimento 5 Stelle alla fine non darà vita ad una mossa tanto azzardata e comunque, fanno notare dalle parti dell’ex segretario, il controllo del gruppo parlamentare al Senato è saldamente in mano al Giglio magico con “almeno 32 senatori, se non 40” dalla loro parte.

La morsa, si ragiona in casa Dem, con il passare del tempo si stringe sempre più intorno al M5S. Il tempo passa e il centrodestra sembra compattarsi sempre di più sul nome di Paolo Romani, mettendo in difficoltà i pentastellati nell’elezione del presidente della Camera. A quel punto o Salvini offrirà i propri voti per un presidente del M5S, incassando in questo modo un credito, oppure l’elezione di un “grillino” sullo scranno più alto di Montecitorio, diventerà una chimera. A meno che l’ipotesi di Anna Maria Bernini non prenda quota e si consolidi come sussurra qualcuno in questi ultimi minuti.

E, con un sottile sorriso sulle labbra, alcuni democratici, si lasciano scappare un certo compiacimento per i primi passi falsi di Luigi Di Maio alla prova da leader nella politica parlamentare: “Figuratevi, anche noi ci aspettavamo qualcosa di più”. Ma la partita delle presidenze delle Camere è ancora lunga, e la notte non passerà senza lasciare una qualche traccia. Con almeno altri due nomi che coltivano delle speranze: Emma Bonino e Anna Maria Bernini.

bonino

Sul Pd sventola scheda bianca. E al Senato potrebbe tentare la carta Bonino (o Zanda)

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