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Sono vari i tentativi di Bruxelles di ostacolare il Nord Stream 2, il gasdotto che, stando ai progetti, correrà parallelo al Nord Stream 1 attraverso il Mar Baltico, portando più gas dalla Russia alla Germania e bypassano l’Ucraina. Da ultimo abbiamo la proposta della Commissione di applicare le stesse regole Ue sul gas a Paesi terzi che fa il paio con la recente richiesta di intervenire nei negoziati con la Russia sul contestato tubo. “La nostra proposta è complementare alla richiesta del mandato a negoziare sul raddoppio di Nord Stream”, dice la Commissione.

In realtà difficilmente Bruxelles riuscirà ad aprire un confronto con Mosca, che ha già rimandato l’“invito” al mittente. “E’ sconcertante l’idea di alcuni membri della Commissione Europea di imporre la necessità di ottenere un mandato di negoziazione per raggiungere un accordo speciale con la Russia su Nord Stream-2”, ha detto di recente il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. In campo sono scesi anche sei operatori europei del trasporto gas: “eventuali negoziati tra la Commissione Ue e la Russia sul progetto Nord Stream 2 potrebbero creare incertezze legali sul futuro del gasdotto e mettere quindi a rischio ingenti investimenti”, si legge in una lettera inviata al presidente dell’esecutivo comunitario, Jean-Claude Junker. Il quale, proprio qualche giorno fa, ha ammesso: “Non credo che raggiungeremo l’unanimità nei prossimi mesi”. Sta di fatto che la richiesta è da giugno ferma sul tavolo del Consiglio, che sta decidendo, evidentemente con non poche difficoltà, se dare il via libera o meno. “Non prenderanno alcuna decisione formale su questi temi tanto delicati. Anche perché le decisioni che realmente servono sono tutte dolorose”, dice nettamente Alberto Clô, presidente del Rie (Ricerche Industriali Energetiche) e già professore di Economia Applicata e ministro dell’Industria e del Commercio Estero nel Governo Dini (1965-96), che continua: “il problema è che Bruxelles non parla con una voce unica, è spaccata. Ci sono Paesi nettamente ostili al Nord Stream 2 ed altri favorevoli”.
In questo quadro, la nuova proposta della Commissione di applicare le stesse regole sul gas dei Paesi membri ai Paesi non Ue, si può leggere come una nuova carta per riuscire, se non a bloccare totalmente il contestato gasdotto, almeno ad assicurarsi un certo controllo. Del resto, nonostante i nuovi principi siano di carattere generale, la Commissione coglie nuovamente l’occasione per ribadire che del Nord Stream 2 non ce ne è bisogno e che comunque non permetterà di bypassare l’Ucraina. La nuova mossa Ue “è un qualcosa unicamente contro la Russia”, dice Giulio Sapelli, docente di Storia Economica all’Università di Milano, che specifica di non condividere affatto questo modo di procedere: “Si tratta di una nuova forma di neoprotezionismo aggressivo contro la Russia. Siamo alla pura ideologia”.
Bruxelles contesta da tempo il gasdotto russo-tedesco perché di fatto bypasserà l’Ucraina come Paese di transito e perché crea troppa dipendenza dalla Russia e meno sicurezza nell’approvvigionamento. Tuttavia l’Unione Europea, nonostante i proclami (“l’importazione di gas nell’UE dovrebbe rimanere stabile fino al 2030”, sostiene la Commissione), in realtà è legata a doppio filo con Mosca. La sua dipendenza aumenta a causa del calo della produzione interna di gas solo parzialmente compensata dalla caduta della domanda dovuta alle politiche di efficienza energetica e di decarbonizzazione. “L’Europa ha estremo bisogno del gas russo. E per il futuro c’è grande incertezza. Tutto dipende dai futuri accordi e politiche sul clima e sulle rinnovabili”, spiega Clô.

Così Gazprom, unico azionista della società Nord Stream 2 AG, nel periodo gennaio-ottobre del 2017 ha rafforzato le esportazioni verso i Paesi dell’Europa occidentale e centrale. In particolare, le forniture di gas verso la Germania sono aumentate dell’8,6%, verso la Francia del 5,9%, verso l’Austria del 42,7%, verso la Slovacchia del 26% e verso la Repubblica Ceca del 28,7%.

“L’Europa aumenta la sua dipendenza dalla Russia perché in realtà non esiste un’integrazione di vedute tra i vari Paesi, non si riesce a fare nessun accordo. Ogni regola che viene proposta è per favorire un determinato Paese. L’immigrazione, ma soprattutto l’energia, sono il buco nero dell’Unione europea”, chiosa Sapelli.

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