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In Nord Corea c’è stata la parata militare per la fondazione dell’esercito; ricorre oggi il settantesimo anniversario, ma la sfilata di armamenti è passata leggermente sotto traccia. Il simbolismo con cui si muove il presidente Kim Jong-un va sempre inquadrato in un contesto più ampio. Venerdì, a PyeongChang, in Corea del Sud, si apriranno i Giochi Olimpici invernali, quelli in cui le due Coree parteciperanno in forma sportiva congiunta, sotto un’unica bandiera.

Lo show di Kim serve soprattuto per tenere fede alla sua linea con il consenso interno: accettare la proposta di dialogo avanzata dal presidente Monn Jae-in, intanto in forma olimpica – ma per Seul l’obiettivo è ben più vasto – non deve passare tra i nordcoreani come una debolezza, un’accettazione muta delle proposte del nemico, soprattuto non devono vederla così i potenti generali. E allora niente di meglio che una dimostrazione muscolare ad uso interno. Il regime nordcoreano è strettamente collegato a questo genere di exploit, la stessa corsa atomica, il massimo rafforzamento militare per uno stato, oltre che una necessità strategica, è un modo per aver presa sul paese, dipingendo Kim come un leader forte in grado di guidare il Nord come potenza globale nucleare – anche se i suoi cittadini in alcuni casi soffrono la fame.

Screenshot della sintesi trasmessa dalla televisione di stato del Nord

È forse proprio l’uso interno il motivo per cui la notizia della parata è stata diffusa soltanto una volta conclusa. Di solito queste attività sono fortemente sponsorizzate dal regime nordcoreano: per esempio, lo scorso i media internazionali erano stati invitati in anticipo a coprire questa stessa parata, quando fu trasmessa in diretta dalla televisione di stato (stavolta è andata in onda in sintesi e in differita). Ora Pyongyang è impegnata in quell’operazione distensiva col Sud, utile anche a dipingere il paese diversamente dalla folle satrapia con cui viene spesso semplificato – anche si notabili del regime sottolineano che questo avvicinamento è non più che una tregua olimpica.

E Seul fa il suo gioco: ha annunciato che il suo presidente incontrerà comunque – nonostante la dimostrazione di forza militare nordcoreana possa sembrare provocatoria – la delegazione olimpica nordcoreana in un pranzo prima dell’inaugurazione. Il gruppo inviato da Pyongyang sarà guidato dalla sorella minore di Kim, Kim Yo-jong, vera star del team di funzionari nordcoreani, che di fatto per incarichi reali dovrebbe essere invece capitanato da Kim Yong-nam, figura di spicco del regime, perché comanda da un ventennio l’Assemblea popolare suprema (e per questo potrebbe essere definito il capo dello stato).

L’incontro di Moon con una un membro di punta della famiglia regnante – Yo-jong, che, da quando lo scorso anno è entrata a far parte del politburo, ha visto rafforzarsi notevolmente la sua figura – è per certi versi in completa controtendenza con quello che vuole Washington. Lo staff del vicepresidente Mike Pence è stato possibilista su una sua stretta di mano con i rappresentanti di Pyongyang (“Vedremo quel che accadrà”, ma non c’è niente di ufficiale e pare difficile che si esca dai protocolli concordati): il Veep sarà presente all’inaugurazione che ci sarà tra poche ore, mentre oggi ha visto Moon. Ma il fatto è che gli Stati Uniti mantengono una linea aggressiva – per esempio vorrebbero che le sanzioni fossero irrigidite come mai prima d’ora in modo da stremare il Nord – mentre a Seul c’è un presidente dialogante che accoglie speranzoso pezzi grossi del regime durante una celebrazione pubblica mondiale. Glenn Kessler, che copre per il Washington Post le faccende nordcoreane da un decennio, ha scritto su Twitter: mai vista prima una “così grande mancanza di coordinazione” tra Seul e Washington.

(Foto: KCTV, screenshot, Kim Jong-un durante la parata)

 

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