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L’intesa tra Lega e Movimento 5 Stelle per formare il governo, per di più benedetta da Silvio Berlusconi, non ha mai entusiasmato Marco Travaglio che l’ha sempre considerata “indigeribile”, temendo il “linciaggio” per il leader pentastellato. Il direttore del Fatto, e grande amico di Beppe Grillo, solo pochi giorni fa aveva dedicato il suo editoriale proprio al curriculum del leader della Lega, dipingendolo in modo non troppo entusiasta (per usare un eufemismo).
Il pezzo forte arriva però oggi. Con una indicazione molto precisa.

“Il governo M5S-Lega conviene a Lega, B. e Pd, ma non al M5S e – quel che più conta – neppure agli italiani”, ha scritto come premessa per il messaggio più rilevante. “Starà all’abilità di Di Maio rinunciare a ruoli ministeriali e guidare il gruppo parlamentare per stanare Salvini, incalzare il governo sul contratto e staccargli la spina al primo cenno di tradimento o di logoramento. Peggio delle larghe intese ci sono soltanto le larghe fraintese”, ha chiosato infine Travaglio.

La posizione del direttore del Fatto non è fulmine a ciel sereno. Se la dichiarazione con cui Berlusconi ha dato il via libera al matrimonio tra Di Maio e Salvini ha fatto tirare un respiro di sollievo a quanti da mesi supplicano le forze politiche di restituire un esecutivo al Paese, forti mal di pancia si sono manifestati all’interno del Movimento a 5 Stelle. Da tempo ormai l’area che fa riferimento a Beppe Grillo e ad Alessandro Di Battista soffre le piroette di Di Maio.

E se difficilmente questo malcontento metterà a repentaglio la formazione del governo, più probabile che esso possa rappresentare nel corso dei prossimi mesi una ennesima difficoltà per l’attuale capo dei 5S. Il quale adesso, ai tanti grattacapi che già ha, ne aggiunge un altro: seguire o meno il suggerimento di Marco Travaglio e restare fuori dal governo per il quale si è fortemente battuto in questi mesi di campagna elettorale e poi di trattativa post-voto.

Di Maio fuori dal governo. Il suggerimento di Travaglio (e di Grillo?)

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