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La rottura consumata da Jordan Bardella e Marine Le Pen con i tedeschi di AfD è senz’altro un dato politico rilevante a una manciata di giorni dal voto europeo. Così come lo è la presa di posizione pro RN fatta dal leader del Carroccio, Matteo Salvini. Ora, dunque, la famiglia politica di Identità e Democrazia si trova spaccata in due componenti. È un passo in avanti verso la “normalizzazione” ma è troppo presto per immaginare la costruzione di un asse europeo tra la destra e i conservatori. A maggior ragione è “improbabile pensare a un avvicinamento tra Id e Ppe”. L’analisi è di Roberto Segatori, professore ordinario di Sociologia dei processi politici a Unipg con il quale Formiche.net ha fatto una conversazione sui possibili scenari alla luce di queste novità.

Professore, appare guardingo rispetto a un possibile avvicinamento tra Id ed Ecr. Ora che AfD è fuori dai giochi, quali sono gli elementi ostativi?

Id resta un problema. Prevedo che ci potranno essere degli adattamenti politici opportunistici ma parlare di un possibile asse tra le due famiglie politica mi sembra del tutto prematuro. E tutt’altro che automatico. Sul lato italiano, Salvini sta conducendo questa ultima battaglia per tentare un’ulteriore deflagrazione dei voti in particolare riferibili alla base storica leghista: il Nord Est. La carta Vannacci è per lui molto rischiosa e il suo sbilanciamento a destra rischia di compromettere ulteriormente i rapporti in Italia con i partner.

A chi si riferisce in particolare?

Al partito “centrista” della coalizione al governo: Forza Italia. Il leader Antonio Tajani non perde occasione per marcare la differenza rispetto a Salvini e ha capito perfettamente che può raccogliere una parte sostanziosa del vecchio patrimonio elettorale della Dc. A maggior ragione a fronte dell’esperimento fallimentare del Terzo Polo. Il Ppe, a livello europeo, ha sempre chiarito che non avrebbe fatto alleanze con i sovranisti.

Questa prospettiva ingenera un dubbio legittimo: se è vero che in Europa sono rivali, come fanno in Italia a stare al governo assieme?

Questo è il punto centrale di tutta la campagna elettorale che si consuma sui due fronti: da una parte le amministrative con un sistema elettorale che presuppone coalizioni (anche larghe) e dall’altra le europee che invece si giocano con un sistema elettorale proporzionale. Le spinte contrapposte iniziano a pesare. Così come inizia a pesare le discrepanze tra offerta politica e richieste reali delle persone.

Le spinte di cui parla creeranno seri problemi internamente, dopo i risultati alle urne di giugno?

Probabilmente gli effetti più seri li creeranno nel centrosinistra più che nel centrodestra.

Eppure le differenze maggiori paiono esserci proprio nel centrodestra. 

Sì, ma il collante di governo è molto forte. Per cui le forze di centrodestra saranno ragionevolmente in grado di “ingoiare” diversi rospi. Benché differenze ce ne siano e sono sotto gli occhi di tutti. Per Schlein e per il centrosinistra in generale i problemi saranno forse più forti.

Una conseguenza delle candidature?

In parte anche. Con la scelta di abbracciare il campo largo e quindi il Movimento 5 Stelle, la segretaria nazionale sta scontentando la quota di ex margheritini nei dem. D’altra parte, però, la candidatura di Tarquinio in qualche misura risponde al mondo cattolico anche se sulla guerra in Ucraina ha posizioni molto diverse dalla linea ufficiale del Pd. Insomma, il terreno è molto scivoloso.

A proposito di campo largo, oggi Conte sul Corriere accusa il Pd di avergli rivolto “attacchi proditori”. Non tira propriamente una bella aria. 

Conte ha un problema di legittimazione interna come leadership nel Movimento, rispetto ai leader della prima ora. Sa che deve coltivare i rapporti col Pd per prospettare un’alternativa di governo ma allo stesso modo alza il livello dello scontro con la segretaria per ottenere più consensi e tentare di riequilibrare i rapporti di forza. Lo scontro Schlein-Conte ricorda un po’ quello tra Berlinguer e Craxi.

Sempre il pentastellato, sostiene che Schlein abbia fatto male ad accordarsi con Meloni per il duello Tv (poi saltato). Lei come la vede?

Fossero state elezioni politiche, non ci sarebbero stati problemi e probabilmente il confronto in televisione ci sarebbe stato senza troppi inghippi. Essendo un’elezione che si gioca con il sistema proporzionale, tutti i segretari dei partiti (anche minori) si sono sentiti legittimati a opporsi al duello. È nelle cose.

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