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Che la gravissima vicenda di Macerata potesse essere strumentalizzata era una cosa ovvia fin dal primo momento. Questa campagna elettorale, infatti, ha al centro la questione della sicurezza e dell’immigrazione. Pertanto ogni occasione è buona per dimostrare che si ha ragione o si ha torto. Che si arrivasse però a farne il feticcio per rievocare antichi fantasmi e addirittura un improvvisato e fantasioso tribunale della storia: questo proprio era inatteso.

È chiaro che il tema vero delle elezioni politiche del 4 marzo non è né il fascismo, né l’antifascismo. È altresì logico che il Paese non ha bisogno della retorica antifascista e men che meno di riesumare riferimenti ideologici neofascisti che poco o nulla hanno da vantare di positivo. Ma questa è la politica, si dirà.

Le opposte manifestazioni, d’altronde, non promettevano e non promettono nulla di buono, proprio in ragione di questo anacronistico vestito di ideologia surreale che tutti i partecipanti vogliono indossarsi come addobbo di carnevale. E il governo, attraverso la prefettura, insieme al sindaco e alle autorità locali hanno fatto benissimo a vietarle tutte, indiscriminatamente.

In tanto perché il problema non è la libertà di scendere in piazza, ma il categorico obbligo degli organismi istituzionali di garantire l’ordine pubblico e impedire la violenza urbana. Inoltre concedere spazi ad urlatori di estrema sinistra o di estrema destra è esattamente quello che non serve agli italiani per avviarsi con calma e razionalità verso un appuntamento elettorale tra i più importanti e decisivi della propria storia.

In democrazia funziona così: si discute e poi si vota. E fin tanto che restiamo uno Stato democratico è antidemocratico fomentare la violenza in nome dell’antifascismo o del fascismo, comunque la si pensi in merito.

Scendendo nel particolare, i due soggetti, Forza Nuova e la compagine anarco-sindacale, sono animati appunto, sebbene opposti tra loro, da un medesimo intento preciso di forzare l’andamento naturale delle cose.

L’estrema destra si sta muovendo con una percentuale minima di consensi completamente fuori dallo specchio costituzionale, mentre, cosa abbastanza inquietante, le accuse di repressione al Governo vengono da una forza politica, Liberi ed Uguali, al cui vertice sta il presidente del Senato Pietro Grasso. Va bene tutto in politica, ma non tutto appare persuasivo allo stesso modo.

L’atteggiamento del Pd è stato all’opposto maturo e responsabile, bisogna riconoscerlo. D’altronde, il peggior modo di essere antifascisti è fare gli antifascisti fuori tempo massimo, per giunta contro un partito che rappresenta la forza politica più rappresentativa e importante del centrosinistra.

La battaglia tra centrodestra, centrosinistra e M5s deve guardare invece al futuro dell’Italia, e non a queste cose. E un buon futuro ha bisogno di un Paese sicuro, ordinato, sovrano, ma anche accogliente, moderno e, aggiungo io, cristiano ed umano.

I cittadini che eleggeranno il Parlamento devono poter scegliere non su un’alternativa tra valori, ma su valori alternativi che ritengono più importanti rispetto ad altri. Questo, in fin dei conti, separa una destra e una sinistra democratica da una destra e una sinistra antidemocratica: il rifiuto della logica amico-nemico e dell’uso esclusivo dei propri valori per negare quelli degli altri.

Nell’Italia di oggi non si deve scegliere tra Italia o Europa, tra cittadini o immigrati, ma se in un mondo in cui esistono Stati sovrani e Europa, in cui vi sono cittadini e stranieri, si debba dare maggiore rilevanza all’una o all’altra di queste realtà.

Pensare di andare a Macerata, città ferita da vicende macabre e dolorose, per sbandierare l’antifascismo pleonastico contro un fascismo inesistente o un fascismo utopistico contro una nazione antifascista è sciocco prima ancora di essere antidemocratico, assurdo e ingiustificato. E poiché, infine, la violenza è nell’aria, lo Stato fa bene a restare il garante oggettivo della legge e dell’ordine, senza guardare in faccia nessuno, dichiarando illegale questa pericolosa e raccapricciante mascherata.

Macerata, la violenza di piazza e lo scontro ideologico

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