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Una direzione potenzialmente esplosiva. La politica italiana si ferma in attesa della direzione del Partito Democratica prevista per giovedì 3 maggio: in ballo non c’è solo l’evoluzione delle consultazioni per la creazione del nuovo governo, ma il destino stesso del Partito democratico. Dopo due mesi dalla più cocente sconfitta della storia recente del centrosinistra, i nodi all’interno del Pd sembrano venuti al pettine. Lo stato di congelamento a cui i democratici si erano condannati all’indomani della sconfitta è stato totalmente destabilizzato da Matteo Renzi che, ospite di Fabio Fazio, ha sostanzialmente archiviato ogni possibilità di un’intesa tra Movimento Cinque Stelle e Partito democratico; anzi, sembra ormai impensabile anche solo dar vita a quel tavolo di confronto rispetto al quale il presidente della Camera Robeto Fico si era detto ottimista nel momento in cui aveva concluso il suo mandato esplorativo.

Ma il vero oggetto della direzione del 3 maggio è diventata l’essenza stessa del Pd, se non addirittura la sua sopravvivenza. Mai come oggi sembra sia arrivato il momento del redde rationem, anche se, i più cinici, non mancano di far notare come le direzioni dem siano state sempre precedute da dichiarazioni di guerra che si sono poi trasformate puntualmente in documenti votati all’unanimità.

E anche questa volta, a dispetto delle tensioni sempre più evidenti, i pontieri sono al lavoro per evitare una “conta” interna che rischierebbe seriamente di dilaniare il partito.

Certamente a rasserenare il clima tra i democratici non ha contribuito l’apparizione del sito www.senzadime.it, che – rifacendosi all’hashtag tanto in voga tra i renziani su twitter – ha stilato nel corso della mattinata due liste con i favorevoli e i contrari a un’alleanza con i cinquestelle. Il sito, apparso proprio a 24 ore da un appuntamento tanto delicato, è sembrato a molti una sorta di provocazione, una messa all’indice dei componenti della direzione favorevoli all’accordo con Di Maio. Subito si è parlato, non a torto, di lista di proscrizione, con molti esponenti della minoranza pronti a chiedere la chiusura del sito. E, in effetti, pochi minuti dopo, i nomi dei componenti le due liste sono stati sostituiti da altrettanto “omissis”.

Mentre monta la tensione, comunque, pontieri e pompieri si danno da fare per evitare un’ulteriore lacerazione nel partito. La convinzione generale è che una conta non convenga a nessuno: né ai renziani, che spalancherebbero le porte a un congresso che rischia di arrivare troppo presto, cogliendoli senza aver puntato su un candidato unico; né ai governisti, che rischierebbero di uscire sonoramente battuti da un confronto nei gruppi parlamentari.

Lorenzo Guerini, infatti, ha redatto un documento, firmato da ben 77 deputati su 105 e da 39 senatori su 52, in cui i “renziani” dicono di ritenere “dannoso fare conte interne nella prossima Direzione Nazionale”. Un documento che viene definito dal Nazareno aperto al contributo di tutti, che però, pur chiedendo di evitare conte interne, mette bene in chiaro il rapporto di forza all’interno dei gruppi parlamentari dem. Cosa che non è sfuggita ad Andrea Orlando che, maliziosamente, ha commentato: “La conta promossa dai capigruppo per non fare la conta ancora non si era mai vista”. Un documento, fanno notare dalle parti dell’ex segretario, che non chiude nemmeno ad un’ipotesi di dialogo con il M5S, ma che esclude soltanto la possibilità di sostenere un “governo guidato da Di Maio”.

L’ala governista, però, pare intenzionata a chiedere un voto “di fiducia” in favore del segretario reggente Maurizio Martina. È infatti questo il nodo da sciogliere, secondo chi si contrappone a Matteo Renzi, e cioè se chi è oggi responsabile di trovare la sintesi all’interno del Pd possa lavorare senza la spada di Damocle dell’ex sindaco di Firenze. Impossibile guidare un partito se con un solo tweet Renzi può far saltare in un secondo tutto il lavoro di cesello portato avanti dal segretario reggente.

È questo il nodo di tutto: garantire e salvaguardare il lavoro di Martina almeno fino all’Assemblea Nazionale che dovrà decidere le sorti del partito o dando vita ad un percorso congressuale oppure confermando Martina segretario.

Un mossa che però, fanno capire in ambienti vicini all’ex segretario, rischia di risvegliare sentimenti ostili nei confronti di Martina, ostilità che nel documento scritto e promosso da Guerini i pontieri sono riusciti ad estromettere. Insistere in una ricerca di una sorta di fiducia a Martina, fanno notare gli uomini vicini al segretario, metterebbe a rischio il futuro di reggente di Martina stesso. Invece, l’ala renziana del partito non avrebbe problemi a votare a favore di una relazione del reggente che magari portasse al tavolo della trattativa con i cinquestelle la necessità di lavorare tutti insieme sulle riforme costituzionali, necessità sostenute sia da Renzi sia da Franceschini.

È proprio su questo versante che si gioca la partita della direzione del Pd e su cui i rispettivi ambasciatori si confronteranno per tutta la notte: garantire a Martina un’agibilità politica all’interno di un alveo circoscritto e condiviso da tutti.

di maio, Pd partito democratico

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