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Con l’incarico a Roberto Fico la “fase due” di questa difficile crisi di governo prova a prendere forma, pur sempre nella precarietà generale. Lo fa consegnandoci innanzitutto una novità assoluta (almeno dal 4 marzo in poi), cioè una ritrovata centralità del Pd, grande sconfitto alle elezioni di marzo e come tale ai margini in tutte queste settimane.

Due sono i fattori che contribuiscono a questo stato di cose. Il primo è l’ormai evidente fallimento di ogni tentativo di mettere insieme il M5S con l’intera coalizione di centrodestra, poiché il distacco di Salvini da Berlusconi non è ipotizzabile (anche grazie ai risultati del Molise) e Di Maio non può certo fare marcia indietro (a maggior ragione dopo la sentenza di Palermo).

Il secondo è l’iniziativa programmatica oggi messa in campo dal giovane leader grillino, il cui tempismo contiene anche un pizzico di malizia, poiché cade esattamente nel giorno dell’incarico all’amico-rivale Fico.

Il lavoro coordinato dal prof. Giacinto della Cananea infatti è strumento idoneo per imporre al Pd una verifica nel merito delle questioni, cercando cioè un terreno di convergenza programmatica prima che nella stesura di un organigramma di governo. Certo, il lavoro del gruppo di saggi a cinque stelle è rivolto anche alla Lega, ma è piuttosto evidente che il documento guarda “a sinistra”: lo dimostrano due assenze di grande rilevanza politica, cioè la riforma della legge Fornero e la questione vaccini.

Insomma la “fase due” deve esplorare questa metà del campo, proprio grazie al lavoro del presidente della Camera e all’impianto programmatico oggi messo in campo. La palla andrà così nelle prossime ore al Pd, dove la situazione rimane confusa (e la batosta elettorale molisana sparge sale sulle ferite).

Avrà Martina la forza di fare sintesi fra le varie anime del partito? Vorrà Renzi ammorbidire la sua posizione originale fino al punto da mettere in campo una trattativa vera? Esiste un margine perché il Pd accetti le proposte di Di Maio tutto insieme, senza spaccarsi in due (o più) pezzi?

Nessuno conosce le risposte a queste domande, per il semplice fatto che la decisione non è presa (e nemmeno si capisce bene chi dovrebbe prenderla). Però questo è il momento del Pd per decidere di provare a giocare in “maggioranza”, perché dopo la palla tornerà a Salvini, con una prospettiva di ritorno alle urne che tutti temono ma che molti iniziano a vedere non troppo lontana.

Il Capo dello Stato può molto ma non può tutto, sia per ragioni costituzionali che per ragioni politiche. Ad esempio non può costruire una maggioranza che “non c’è“. Quella è l’isola di Edoardo Bennato, ma vive nella magia di una canzone.

Fico al timone, barra a sinistra. E ora il Pd può entrare in partita

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