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Stando a quanto traspare dai media, lo scouting di Di Maio non sembra registrare i successi sperati. Le personalità esterne, che avrebbero dovuto dar lustro alle sue liste elettorali dei 5 stelle, latitano. Tanti “no, grazie” sia in pubblico che in privato. Soprattutto tante prese di distanza nelle dichiarazioni rese alla stampa. Avrebbe cortesemente rifiutato Nicola Gratteri, il procuratore anti ’ndrangheta. Stessa risposta da economisti come Carlo Cottarelli, Mariana Mazzuccato e Roberto Perotti, solo per citare i più noti. Lo stesso Marcello Minenna, che pure lì ha conosciuti da vicino, nella sua effimera esperienza come assessore al bilancio della sindaca Raggi (un’aggravante), ha declinato l’invito: “Io sono e resto un tecnico – ha dichiarato a Repubblica – non c’é una mia disponibilità”.

Resta l’incognita Pier Camillo Davigo. Indicato come possibile ministro della giustizia, in un futuro Governo a 5 stelle, lo stesso minaccia querele contro Silvio Berlusconi che, a tale ipotesi aveva fatto cenno. In compenso c’é la pletora delle decine e decine di auto candidature, nei curricula inviati alla Casaleggio associati. Ma il confronto, nonostante la soddisfazione dimostrata dai vertici del Movimento per il successo dell’iniziativa, rimane improponibile. Da un lato una sorta di riffa per un posto sicuro in Parlamento. Dall’altro lo scrupolo, di chi avendo un nome ed una credibilità professionale da difendere, non se la sente. Gli si può dare torto?

In risposta, Luigi Di Maio tocca la corda del vittimismo. Usano i casi di Roma e di Torino per attaccare il Movimento. Ma che dire, allora di Massimo Colomban? In una recente intervista a Il Messaggero, ha messo il dito nella piaga. Racconta l’ex assessore alle partecipate romane: “Io alla Raggi l’avevo detto subito, due mesi dopo la nomina in Giunta: per salvarsi l’Atac non può restare al 100 per cento in mano al Campidoglio, è una società con troppi problemi. E lo stesso vale per l’Ama, l’azienda dei rifiuti. Ma hanno prevalso le direttive del Movimento, diciamo. Se il concordato fallisce, ci sarà l’amministrazione straordinaria con l’intervento del Governo”.

Questo piccolo spaccato riassume tutte le contraddizioni del Movimento. Che si qualifica come una forza che non è di destra e nemmeno di sinistra. Tesi anche sostenibile. Se l’intento fosse quello di superare le contraddizioni interne che ne hanno reciprocamente condizionato il rispettivo divenire. Per delineare un diverso orizzonte, in cui qualcosa si elide. Le ipotesi di base si aggiornano. Antiche certezze si contaminano con gli schemi teorici degli antichi avversari. Tesi, antitesi, e nuova sintesi. Per poi ripartire.

Ma non è questo l’orizzonte teorico dei 5 stelle. Essi sono soprattutto apolidi. Non hanno una patria culturale di cui sentirsi figli. Sono agnostici. Un passato che è interamente da cancellare, salvo una spruzzatina di verde ambientalista. Una storia che è solo corruzione e malaffare. Anzi presunto malaffare, che è all’origine di ogni benessere individuale. Perché, come sosteneva Davigo, a proposito dei “politici” non esistono innocenti; ma solo colpevoli che non sono stati ancora scoperti. Che poi qualcuno abbia lavorato una vita e conquistato vette, che non sono alla portata di tutti, è solo una fake news. Che il Movimento ha avuto il coraggio di svelare. Perché la professionalità, l’impegno individuale, non sono cose di questo mondo. Come mostra la richiesta di un salario di cittadinanza sparso a piene mani.

Questa impostazione di fondo è stata la causa dei mille corto circuiti che hanno caratterizzato la breve esperienza di governo, seppure a livello locale, del Movimento. Il tecnico chiamato ad integrare e supportare le funzioni del politico è una persona che ha vissuto in un mondo diverso. Tanto più è qualificato, tanto maggiore è stata la sua integrazione in quel passato che i grillini vorrebbero cancellare. Per divenire tale, infatti, è vissuto, come Jona nel ventre della balena, subendone i succhi gastrici e le relative convulsioni. Può forse rinnegare questo vissuto, a fronte delle pretese degli “ortodossi”?

Difficile che questo avvenga. Poteva accadere all’inizio com’è accaduto a Carla Raineri, il magistrato prestato all’amministrazione comunale di Roma o allo stesso Minenna. Ma dopo la processione di tecnici ed assessori rimasti in carica lo spazio di un mattino, la lezione è stata compresa da coloro che, avendo una professione e quindi del “proprio”, in termini di benessere, non hanno bisogno di subire il fascino tutt’altro che discreto dell’”uno che vale uno”. Che trasforma la personalità di ciascuno in un vuoto a perdere.

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Il difficile rapporto fra Movimento 5 Stelle ed i tecnici

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