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Il debito pro capite italiano è di 1.088 euro. Ma se si restringe la base di calcolo ad una singola regione, la Sicilia, quella cifra schizza a 1.583 euro. In altre parole, per azzerare ipoteticamente ogni pendenza debitoria, ogni siciliano dovrebbe pagare 500 euro in più della media delle altre Regioni. Basta questo dato per rendere, seppur parzialmente, la situazione contabile della Sicilia, una delle più critiche d’Italia.

IL DEBITO SICILIANO

È la Corte dei Conti di Palermo a porre in evidenza la questione, nella relazione allegata al rendiconto di bilancio 2016. Al 31 dicembre scorso, il debito complessivo della Regione ammontava a oltre 8 miliardi di euro. L’andamento di questo debito, se calcolato sull’ultimo quinquennio, segnala una crescita imponente, che si attesta al 41,4%. Invece, se si considerano gli ultimi due anni, si registra una calo, seppure molto modesto, del 2,2%.

Di per sé, la crescita dell’indebitamento non sarebbe automaticamente un segnale d’allarme: si sa che accendere mutui è la strategia principale che gli enti pubblici adottano per finanziare gli investimenti. Ovviamente, per farlo, si devono indebitare.

Il problema è che, nel caso della Sicilia, la crescita e soprattutto l’entità dell’indebitamento, per i magistrati contabili, non sono notizie positive. Anzi. Per la Corte “il recente andamento e la struttura del debito stessa depongono per un significativo deficit fra flussi di cassa in entrata e spesa”. In parole semplici, la Sicilia spende più di quanto non incassi, e si crea un buco.

A preoccupare è soprattutto la crescita degli interessi passivi, ovvero la quota parte di interessi che la Regione deve ai vari creditori. La corte evidenzia che a partire dal 2012 questa voce di spesa è cresciuta del 13%.

IL PROBLEMA DEI DERIVATI

Un altro capitolo spinoso è quello dei derivati. Si tratta di strumenti finanziari molto controversi, fondamentalmente delle “scommesse” in borsa su pacchetti di titoli, utili a tutelare l’investitore (in questo caso, la Regione) rispetto ai rischi di mercato. Il problema dei derivati è che possono essere strumenti rischiosi, e dunque molti analisti ne hanno criticato l’utilizzo da parte di enti pubblici.

La Sicilia, nel 2005 ha stipulato alcuni contratti derivati con l’obiettivo di finanziare alcuni mutui particolarmente onerosi che aveva acceso. Ma la “scommessa” non è andata bene. “Nel solo anno 2016 la Regione ha sostenuto un esborso aggiuntivo, rispetto ai mutui originari, di 37 milioni di euro” quantifica la Corte dei Conti, che poi avverte: “Questi esborsi aggiuntivi si potrebbero protrarre fino alla scadenza del debito, cioè fino al 2021-2023”.

Inoltre la Regione non si è sufficientemente tutelata rispetto ai rischi. “Non ha provveduto alla creazione di fondi dedicati alla copertura delle passività potenziali” bacchetta la Corte. Avrebbe dovuto farlo? Per i magistrati, sì perché “la tutela della finanza pubblica impone misure prudenziali ulteriori rispetto a quelle ordinariamente adottate dagli operatori privati”.

LE PARTECIPATE

Preoccupazione anche sul fronte delle società partecipate, che nel caso della Regione Sicilia sono tante e, in molti casi, non in salute. La Corte dei Conti evidenzia che la Regione non ha effettuato alcun accantonamento per le perdite generate delle varie società.

Al di là dei rilievi tecnici, risulta evidente come l’equilibrio finanziario della Sicilia appaia estremamente precario. Per di più, sia la Regione che le sue controllate non sono in linea con gli adempimenti di legge. Un esempio? I ritardi nella redazione dello stato patrimoniale da allegare al bilancio a cui, in teoria, sia l’ente che i suoi bracci operativi avrebbero dovuto provvedere. Ma così non è stato. Rilevano infatti i magistrati che “quasi nessuna delle controllate ha approvato il bilancio del 2016 prima della redazione dello stato patrimoniale”.

IL BILANCIO

Al netto delle criticità, la Corte evidenzia anche alcuni dati positivi del bilancio siciliano. Nel 2016, rispetto al 2015 si registra “un notevole miglioramento dei saldi finanziari sia in termini di competenza che di cassa”. Cioè la situazione migliora, in senso relativo s’intende, sia in termini di partite contabili “teoriche”, sia in termini di denaro che effettivamente passa dalle casse. Un segnale che lascia intendere come un processo di risanamento sia stato avviato: da qui a dire che il futuro contabile dell’isola si preannuncia roseo, però, ce ne corre.

Ecco come la Corte dei Conti lancia l'allarme sul debito della Sicilia

Il debito pro capite italiano è di 1.088 euro. Ma se si restringe la base di calcolo ad una singola regione, la Sicilia, quella cifra schizza a 1.583 euro. In altre parole, per azzerare ipoteticamente ogni pendenza debitoria, ogni siciliano dovrebbe pagare 500 euro in più della media delle altre Regioni. Basta questo dato per rendere, seppur parzialmente, la situazione contabile…

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