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I due vincitori delle elezioni del 4 marzo trionfano (con un giorno di ritardo) anche nell’elezione dei presidenti di Camera e Senato.
Matteo Salvini e Luigi Di Maio impongono dunque la loro linea con selvaggia durezza, “tagliando la faccia” in modo brutale a Silvio Berlusconi e relegando il Pd nella dimensione dell’irrilevanza.

Lo fanno con un giorno di ritardo (avrebbero fatto meglio ad accordarsi prima, evitando la manfrina da Prima Repubblica delle schede bianche), ma riescono ad imporre la legge del più forte, che in politica è l’unica praticabile.Perché accade  tutto questo?O meglio, in cosa consiste la vera novità che abbiamo davanti, posto che dal 1994 in poi, per ben sei legislature, tutti i presidenti di Camera e Senato sono stati decisi (alternativamente) da Silvio Berlusconi o dal segretario del Pds-Ds-Pd?

Di fronte a noi c’è l’imponente novità rappresentata dal Movimento 5 Stelle da un lato e dalla leadership di Matteo Salvini dall’altro.
Per ragioni diversi queste due esperienze sono pienamente coerenti con il tempo in cui viviamo, perché sono figlie della politica contemporanea, fatta di web e leadership assoluta.Sono cioè soggetti totalmente refrattari ad ogni forma di intermediazione organizzativa o partitica, sono spavaldi ed aggressivi, non guardano al centro come luogo politico d’elezione, picchiano duro dalla mattina alla sera negando alla “mediazione” quel senso ultimo dell’agire politico: sono insomma perfetti per quello che oggi il pubblico chiede.

Al contrario il Pd e il Cavaliere paiono soggetti novecenteschi, pur in forza di motivi differenti. Da un lato il partito degli ex comunisti e dei cattolici di sinistra perpetua un modello d’azione politica (sezioni sul territorio, organismi nazionali) che, affondando le sue radici nel secolo scorso, mostra oggi tutta la sua inadeguatezza, pur avendo svolto una nobile funzione in passato.

Lo sa bene Matteo Renzi, la cui vera sconfitta è non aver saputo ribaltare quel tavolo, pur avendo in mente di farlo da anni.La sinistra italiana rinascerà solo abbandonando quel modello, cioè relegando ai libri di storia la generazione del ‘68, che solo quel modello concepisce.

Poi c’è il Cavaliere, che, ad onor del vero, tutto questo l’ha capito prima di chiunque.Forza Italia, plasmata sulla sua persona, è intuizione geniale messa in campo da un uomo geniale, ma oggi paga il prezzo inevitabile del  tempo che passa. Berlusconi è l’uomo della Tv e, per essere più precisi, di “quella” Tv. È un gigante del business e della politica, ma oggi ha più di ottant’anni e non si può chiedere seriamente ai ragazzi nati nel 2000 di votarlo: lui sta sulla scena politica ininterrottamente da 24 anni, onestamente “too much”.
Berlusconi ha capito con un quarto di secolo d’anticipo cosa sarebbe arrivato, aprendo la strada ai Trump, ai Putin e ai Macron di tutti il mondo, ma oggi non è più in grado di interagire con un mondo dove quasi tutti sono più giovani di lui.

Dunque M5S (con l’abile Di Maio) e Salvini. Hanno stravinto la prima partita della legislatura e ora hanno in mano l’intero mazzo di carte.
Vedremo cosa ne faranno.

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