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Guelfo Guelfi, per anagrafe (classe 1945) e per storia politica (tutta a sinistra, per una vita accanto ad Adriano Sofri), potrebbe essere considerato una icona di quanto più distante al segretario del Pd. L’attuale componente del Cda della Rai è invece convinto sostenitore di Matteo Renzi e lo è da quando il giovanissimo esponente della Margherita iniziò a sfidare l’establishment dell’allora Ds. Vinse già a quei tempi la competizione per la guida della provincia di Firenze, quindi conquistò lo scranno di sindaco e poi Palazzo Chigi. Una corsa inarrestabile che Guelfi ha seguito con attiva discrezione. Dal referendum del 4 dicembre 2016 sembra come essersi rotto un idillio fra il rottamatore e quella classe dirigente che adorante lo aveva supportato, forse anche troppo acriticamente all’inizio. E se in tanti oggi bersagliano Renzi, o il suo “capro espiatorio” come il direttore de L’Espresso ha definito Maria Elena Boschi, Guelfi spiega a Formiche.net che sarebbe un errore di sottovalutazione grave considerare la carriera del segretario Pd già conclusa.

L’astro di Matteo Renzi, da tutti adorato fino a poco tempo fa, oggi viene raccontato come una stella cadente. Condivide questa idea corrente della sua crisi?

Non lo adoravano tutti e siamo in molti a credere ancora che quell’Italia, che ha chiuso riforme che attendevano da decenni e che ha lasciato un formidabile prelavorato al governo Gentiloni, esista. La sentiremo ancora. La sconfitta referendaria è stata pesante, ha ridato fiato e speranza ai trafficanti di voti. Matteo Renzi è lì e sorprenderà di nuovo. Checché se ne dica, checché se ne scriva, checché se ne pensi.

Quale è stato a suo avviso il limite dell’azione di governo di Renzi e quale il suo successo maggiore?

Il limite è stato la velocità: le riforme non erano abitate a sufficienza; l’innovazione, la trasformazione, va presidiata con cura; occorre più impegno riformista dopo per contrastare le reazioni corporative, massimalistiche, che prima per elaborare il contenuto e curarne l’esito. Il successo è sotto gli occhi di tutti: è la ripresa economica, il peso in europa, la modifica del paradigma rigore e sacrificio in ardire e coraggio.

Il segretario del PD sembra come isolato nel suo partito, o almeno nella relazione con i “colonnelli”. Nel rapporto con il suo popolo è lo stesso o sono due dinamiche differenti?

Siamo tuti figli di tante storie diverse che come un fiume carsico scorrono sotto e sopra, tacitate o esplicite. Il Pd ha trovato in Matteo Renzi una sintesi comoda più che condivisa. Lui ha la capacità e la forza, altri pensano di avere la ragione, le proprie. È normale il ventaglio che si legge ma forse si esagera nell’articolato rendita di posizione, opportunità, conflitto. La storia delle minoranze e dei distinguo è tutto fuorché un indirizzo politico che riguarda il Paese.

Le elezioni saranno il 4 marzo. Con quale spirito guarda a questa data?

Mancano ormai poche settimane al voto. Avrei preferito la finale di Champions ma sarà un torneo a squadre. La sorpresa sarà: quello che per tutti era il favorito e sulla cui pelle si balla il can can. Peccato che nessuno ancora abbia in mano la pelle dell’Orso. L’Italia del ‘48 sorprese e l’Italia riprese a marciare. Penso che crederci sia utile e che ne valga la pena.

Lei è un esperto di comunicazione. Perché votare Renzi nel 2018?

Mi piacerebbe risponderle: “Perché Sì!” Potrei dirle che l’alternativa non c’è, che il pericolo di un’involuzione totale è latente… e così cavarmela. Ma non lo farò. Le dirò che è a portata di voto c’è una prospettiva che pone l’Italia al fianco della Francia di Macron e della rinascente grande coalizione tedesca per un Europa che si prende in carico e si oppone alla crisi egoistica di Paesi venuti dall’est. Qui direi più Europa. Poi direi meno tasse e soprattutto meno burocrazia. L’Italia più facile è più felice. Aggiungerei aiuti a tutte le amministrazioni che aiutano il Paese a diventare migliore. Lotta agli sprechi e alla corruzione. Premiamo i virtuosi, perseguiamo i ladri. Ma io sono solo un vecchio comunicatore.

Ultima domanda: la Rai. Cosa farebbe che non è stato ancora fatto se fosse lei il direttore generale?

Prenderei il piano scritto da Verdelli, lo strizzerei addosso al futuro e ne farei la clava per rendere più veloce, più attrezzato, più vivace, più vitale, il sistema dell’informazione radiotelevisiva. La battaglia di tutte le battaglie non è ancora cominciata. Tutto dipende dal 4 marzo. Il 4 dicembre ci ha riportato indietro. Se il 4 Marzo ci riporterà un po’ avanti farebbe cosa gradita.

Renzi

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