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Cominciamo come farebbe Jacques de La Palice: Angela Merkel ha vinto, sarà Cancelliera della Germania per la quarta volta, batte ogni record, più di Bismarck, di Adenauer, di Kohl. Semplice ed evidente, però ad ascoltare la televisione e a leggere i giornaloni italiani sembra che abbia perso. Seconda constatazione lapalissiana: ha ceduto consensi, circa un milione e ha subito detto che ha intenzione di riconquistarli. Come, spostandosi a destra o convincendo gli scontenti che il suo conservatorismo benevolente è l’unica strada per un paese prospero, stabile e centrale nella vita europea e internazionale?

Il prode soldato che morì a Pavia assassinato a tradimento dopo essersi arreso non ci aiuta. Perché questa è la vera incognita del futuro politico tedesco. L’ottimo risultato di Alternative für Deutschland è in parte bilanciato da un buon successo dei liberali che quattro anni fa non erano nemmeno entrati nel Bundestag, e da una sostanziale tenuta dei Verdi, il che controbilancia lo slittamento a destra. Le forze populiste ed estremiste, di destra e di sinistra, in Germania hanno meno consensi (21,8% tra AfD e Linke) che in Francia, in Italia, o in altri partiti europei, questo è un dato di fatto che i lapalissiani dimenticano di sottolineare.

La vera catastrofe è quella della Spd: la gloriosa madre di ogni socialdemocrazia ha ottenuto il peggiore risultato dal 1933. E in molti già suonano le campane a morto. I partiti socialisti in Europa non se la passano affatto bene e in Francia è andata persino peggio. Chissà, forse il laboratorio italiano, eterna eccezione, darà torto ai profeti di sventura e ragione ai post-comunisti diventati vetero-socialisti, tipo Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. Chissà.

Jacques de Chabanne signore de La Palice, Pacy, Chauverote e quant’altro, aggiungerebbe che adesso è difficile capire quale governo verrà fatto e in quanto tempo. Il sistema elettorale tedesco, nonostante le speranze dei suoi molti estimatori in Italia, non indica la sera stessa chi è il vincitore e con chi governerà. Secondo il gran perdente, il simpatico Schulz, non ci sarà più nessuna Grosse Koalition. Ma già alcuni pezzi grossi del partito invitano a riflettere con calma. E’ probabile una Kleine Koalition con liberali e verdi, il governo Giamaica come viene chiamato per i colori dei tre partiti che lo compongono (il giallo dei liberali, il nero dei cristiano-democratici e il verde degli ecologisti). Ma vuoi vedere che alla fine spunta l’arcobaleno, una sorta di patto democratico (repubblicano lo chiamerebbero i francesi) contro l’estrema destra xenofoba? Non possiamo che ripetere chissà.

In mezzo a tante lapalissiane incertezze, qualche punto fermo si può comunque trovare. Il primo è che la Cdu-Csu ha perso non perché i cristiano democratici si sono dimostrati troppo austeri, ma al contrario perché considerati troppo morbidi (sia da chi ha votato AfD sia da chi ha scelto i liberali) e non solo con i rifugiati e gli immigrati, ma con i greci, gli italiani e tutte le cicale del sud Europa. Se il ministero delle Finanze va a un liberale, magari al leader Christian Lindner, o se lo conserva la Cdu, la cosa certa è che non vedremo nessun spendi e spandi come qualcuno s’illude. Questo pone l’Italia della prossima legislatura davanti a scelte difficili, speriamo non drammatiche. Rimpiangeremo Wolfgang Schäuble, anzi già lo rimpiangiamo.

La conseguenza diretta è che il presunto asse franco-tedesco verrà ancor più sbilanciato verso Berlino. Alcuni autorevoli commentatori sostengono che sarà più difficile mandare avanti il processo di integrazione così come prefigurato da Jean-Claude Juncker nel suo libro dei sogni. Forse. Sarebbe stato difficile comunque. Ma è più probabile che il nuovo governo tedesco metta Macron con le spalle al muro chiedendogli di rompere indugi e tentennamenti per allinearsi accettando una limitazione di sovranità fiscale; un fondo monetario europeo che faccia da guardiano tecnico, senza discrezionalità politica, alla stabilità economica dell’area euro e la condivisione delle sue capacità militari (compresa la force de frappe nucleare?) per costruire un esercito europeo. Sarebbe questa la risposta in avanti alle resistenze conservatrici, molto più plausibile che non una ritirata sovranista considerata (e non a torto) una resa da parte di una Cancelliera che vuole restare nella storia.

Angela Merkel non governa con rotture, ma per aggregazioni continue, spesso lente in modo esasperante, e non senza zig zag (è stata una delle sue maggiori debolezze in particolare durante la crisi dei debiti sovrani e il collasso della Grecia). Non è chiaro se condivide l’idea di una Germania leader o addirittura egemone in Europa; nel passato più no che sì, ma i fatti la spingono in questa direzione, quelli interni e quelli internazionali con un mattocchio alla Casa Bianca che tante ne dice e poche ne fa.

L’Italia resta in mezzo. Divisa da sempre, fin dagli anni successivi all’Unità, tra Francia e Germania, adesso non potrà più rifugiarsi nelle sue eterne ambiguità. Non ci sono due forni, ma per non finire arrostita in quello che cucina pane di segale e salsiccie, dovrà essere in grado di elaborare una propria ricetta, una sorta di dieta mediterranea per l’Unione europea. La legislatura che muore non ne è stata capace, ha navigato a vista anche se, per la verità, ha portato a casa la pelle. Ce la farà la prossima legislatura? E i partiti che oggi come oggi sembrano sfidarsi in un puro gioco per il potere, metteranno in campo anche qualche idea che non sia No Vax, No Tav, No Tap e tutti gli altri no dei quali si riempiono la bocca e il portafoglio voti?

Germania

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