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Rivendica l’importanza e il peso dell’operazione fatta e sottolinea il miglioramento della situazione del sistema bancario e della congiuntura economica nazionale, anche grazie all’impegno dei privati. Non sono pochi gli interventi del presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, da quando Ca de’ Sass ha annunciato l’acquisizione di Popolare Vicenza e Veneto Banca ad oggi.

IL GIORNO DOPO IL CDA

All’indomani del consiglio d’amministrazione straordinario che ha deciso di chiudere la partita, l’ex numero uno dell’Iri nella prima parte della mattinata rilascia un’intervista al Gr1 Rai in cui evidenzia che “Intesa Sanpaolo prende a suo carico depositi e obbligazioni senior delle due banche venete, parliamo di circa 20-30 miliardi. Il prezzo di 1 euro è un prezzo simbolico. In realtà, le attività che noi riceviamo non sono in grado di coprire l’impegno che prendiamo”. Respinge poi l’accusa – come farà anche in seguito – di aver effettuato un salvataggio grazie ai soldi di chi versa le tasse in Italia: “Non è così perché Intesa Sanpaolo si fa carico di circa 30 miliardi. I debiti che queste due banche hanno non vanno a carico dei contribuenti”. Lancia poi due messaggi: ai piccoli risparmiatori che “possono stare tranquilli” e ai dipendenti cui promette solo uscite volontarie.

Poco più tardi Gros Pietro va all’Assemblea dell’Unione Industriale di Torino e anche qui, a margine dei lavori, parla dell’operazione che definisce “necessaria”. “L’effetto domino è stato scongiurato, i problemi ormai sono stati superati – afferma -. L’unica alternativa sarebbe stato l’intervento immediato del fondo di risoluzione interbancario per un ammontare stimato tra i 12 e i 13 miliardi”. Peraltro “l’intervento del fondo interbancario avviene attraverso un’immediata messa in carico pro quota di tutte le banche e quindi una decurtazione automatica del loro patrimonio di vigilanza. Questo avrebbe probabilmente messo in difficoltà un certo numero di banche che non avrebbero avuto un patrimonio sufficiente” e dunque si sarebbe innescato l’“effetto domino”. Gros Pietro allontana di nuovo la critica di aver ricevuto un regalo, come fanno nelle stesse ore sia il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sia il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Chi dice che Intesa è stata avvantaggiata non ha compreso il meccanismo” perché “la parte sana degli attivi non è sufficiente a pareggiare i passivi. L’intervento dello Stato non è a vantaggio di Intesa ma solo a pareggio degli oneri. Per questo la Dg Comp europea (ovvero la Direzione generale della Concorrenza a Bruxelles, ndr) dice che non c’è distorsione della concorrenza”. Il salvataggio di Popolare Vicenza e Veneto Banca, evidenzia il presidente di Intesa, “corrisponde alle regole europee come ha detto Elke Koenig”, a capo dell’Srb, il Single resolution board della Bce. Negli stessi corridoi in quelle ore il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, loda “l’atto coraggioso del governo e di un istituto finanziario grande” e ringrazia “Gian Maria Gros Pietro che rappresenta questo grande istituto che ha avuto coraggio”.

TORINESE DELL’ANNO

La sera stessa le agenzie battono la notizia che il numero uno della banca protagonista delle cronache finanziarie del giorno è stato nominato “Torinese dell’Anno 2016”, premio assegnato dalla Camera di commercio della città della Mole e che sarà consegnato domenica 3 dicembre. Il giorno dopo, mentre l’amministratore delegato Carlo Messina parla dalle colonne di “Repubblica”, Gros Pietro dice la sua dalle pagine del quotidiano di Torino. Anche qui ribadisce che l’operazione di salvataggio era necessaria e che si è evitato l’effetto domino per l’intero sistema bancario nazionale.

ATLANTE 2 E LE CASSE DI RIMINI, DI CESENA E DI SAN MINIATO

A luglio si registra la partecipazione all’assemblea di Federmacchine, a Cinisello Balsamo, dove il presidente di Intesa rassicura: per le Casse di Risparmio di Rimini, di Cesena e di San Miniato “si troverà chi vuole intervenire e gli strumenti affinché si risolva la situazione” ma “non si parla assolutamente di un nostro intervento”. In realtà poi Ca de’ Sass è intervenuta ed è storia di questi giorni: secondo indiscrezioni raccolte dal “Sole 24 Ore” il negoziato tra Banca d’Italia e Tesoro avrebbe portato a un rifinanziamento di Atlante 2 pari a 280 milioni di euro di cui 40 a testa da parte di Intesa e Unicredit, 30 da Agricole Italia-Cariparma e 30 da doBank, infine 140 da Sga e da Poste o Cassa depositi e prestiti. “Auspico anch’io la conclusione entro fine mese” ha commentato Gros Pietro qualche giorno fa dopo aver confermato l’impegno finanziario del suo istituto nella ricapitalizzazione.

WORKSHOP AMBROSETTI

Dopo la pausa agostana a settembre riprendono le attività e anche le dichiarazioni del banchiere 75enne che a inizio mese partecipa al workshop Ambrosetti. Di nuovo si torna a parlare dell’acquisizione di Bpvi e Veneto Banca: “Le banche venete sono un presidio creditizio di un’area estremamente importante del Paese, un’area trainante per la crescita. Dunque il nostro intervento aveva due obiettivi: uno, eliminare il possibile punto di origine di una crisi finanziaria perché le banche non erano piccolissime e poi ristabilire la continuità del credito verso i clienti. Queste banche – prosegue – devono essere portate al più presto allo stesso livello di qualità della gestione che ha il resto di Intesa Sanpaolo. La Bce pretende che tutte le banche che fanno parte del gruppo abbiano lo stesso livello di trasparenza informatica, della qualità dei crediti e della gestione, quindi questo è un lavoro da fare che non sarà semplice e nemmeno breve”. Gros Pietro ricorda poi che le due ex popolari “avevano emesso bond garantiti dallo Stato per 10 md, questa operazione ha immediatamente cancellato dai libri dello Stato questa pendenza da 10 miliardi da garantire”. A Cernobbio però il presidente di Intesa Sanpaolo riprende pure il discorso sulla situazione del sistema creditizio nel Paese che “è nettamente migliorata”. “Un anno fa – afferma parlando con i giornalisti – c’erano situazioni di crisi già note, gravi, molto pesanti, aperte, non solo di crisi di singole banche, ma di elementi di preoccupazione all’interno degli stati patrimoniali di molte banche e cioè i crediti problematici. Questo è un fardello che le banche hanno cominciato a smuovere con vari strumenti e ad esempio Intesa, che si prefigge prima di tutto di riportare in bonis i crediti problematici, ha riportato in bonis circa 60 mila imprese negli ultimi due anni e mezzo”. Aver risolto queste situazioni di crisi porta a dire che “il sistema bancario adesso sta bene”. E infatti Gros Pietro, del discorso di Gentiloni al workshop Ambrosetti, apprezza “le frasi sulla riconquistata solidità del sistema bancario nazionale a ci hanno contribuito alcune operazioni con l’impegno sia del pubblico che dei privati”. Il vicepresidente del Comitato esecutivo dell’Abi è ottimista: “Oggi l’Italia è robusta, ha risanato il suo sistema finanziario e bancario, ha ricominciato a crescere e può porsi con ambizione a svolgere un nuovo ruolo in Europa”. Tutto ciò si può prefigurare grazie alle “riforme economiche strutturali” effettuate dai governi Renzi e Gentiloni che “presentano l’Italia nel campo internazionale in modo ben diverso rispetto a quanto accadeva pochi anni fa” e “Intesa Sanpaolo si riconosce in questo scenario perché siamo stati i protagonisti del risanamento del sistema finanziario-bancario e continuiamo ad essere motore dello sviluppo economico del nostro Paese. Siamo pronti – si impegna Gros Pietro – a finanziarlo perché abbiamo le risorse, la liquidità e le competenze”.

PRESENTAZIONE INDAGINE SUL RISPARMIO

Arriviamo poi alla scorsa settimana quando Ca de’ Sass presenta l’indagine 2017 sul risparmio degli italiani realizzata insieme al Centro Einaudi. Il presidente di Intesa ricorda che dalle crisi di Montepaschi e delle banche venete “non ci sono state ripercussioni a livello di sistema, e cioè generalizzate, proprio perché la risposta che è stata data a queste crisi ha difeso al 100% i risparmiatori puri, quelli che non hanno fatto investimenti rischiosi”. Nel futuro del gruppo da lui guidato Gros Pietro vede un nuovo piano d’impresa, attualmente in preparazione, focalizzato sulla crescita organica e un aumento della presenza estera che è “soprattutto a supporto dei gruppi italiani che esportano” e che “contribuisce anche positivamente alla redditività del gruppo”. Anche in quest’occasione il banchiere torinese torna sulla congiuntura del Paese: “Siamo davvero in presenza di una svolta. Vorrei mettere in fila alcuni dati: produzione industriale +4,4% a luglio, esportazioni +8%. Per la nostra banca nel primo semestre 25 miliardi di erogazioni a medio lungo termine (+6,5%), ovvero richieste di credito per fare investimenti, mentre nel Paese l’occupazione dà i migliori dati degli ultimi sei anni”. Per il presidente di Intesa Sanpaolo la ripresa italiana “è congiunturale ma con elementi strutturali perché l’Italia sta crescendo a tassi in linea con l’Europa e per alcuni elementi anche superiori. Sono dati di assoluto rilievo e sono il primo effetto delle riforme strutturali effettuate negli ultimi anni”. Ancora un Gros Pietro rassicurante quello che il 21 settembre viene intervistato dal quotidiano finanziario tedesco “Börsen Zeitung”. “Al momento non scorgo altri focolai di crisi all’orizzonte” nel settore bancario italiano afferma ribadendo poi la volontà di continuare a investire in Atlante 2. “Siamo disponibili a versare circa 40 milioni di euro nel fondo che ha bisogno di ulteriori 280 milioni di euro per rilevare i crediti in sofferenza di tre banche, che dovrebbero andare sotto controllo di Credit Agricole, o meglio di Cariparma. Tuttavia, l’acquisizione è subordinata alla condizione che gli npl delle tre banche debbano essere esternalizzati”. Infine, qualche parola su Alitalia in cui Intesa – conferma il banchiere – ha esaurito il suo ruolo di azionista “ma come banca senz’altro cofinanzieremmo un piano di ristrutturazione credibile”.

Carlo Messina e Gian Maria Gros-Pietro

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