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Remare tutti nella stessa direzione non è mai stato facile in un Paese come l’Italia. Alzi la mano chi ricorda in tempi recenti un Paese politicamente compatto, proteso a qualche forma di bene comune. Eppure, nei momenti di difficoltà, bisognerebbe unire le forze. Ancor di più quando la vittoria, in questo caso la ripresa economica, sembra essere a portata di mano. Per questo, c’è qualcosa di fortemente emblematico e in un certo senso inquietante in quanto successo ieri a Taranto, nel corso di un dibattito sulle crisi industriali, simboleggiate dal caso dell’Ilva.

Piccola cronistoria. Nel corso di un dibattito sull’industria a Massafra, nel tarantino, il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli (qui l’intervista rilasciata pochi giorni fa a Formiche.net) avrebbe subito un tentativo di aggressione da parte di uomini vicini all’assessore regionale allo Sviluppo economico, Michele Mazzarano, del Pd, della stessa corrente del governatore Michele Emiliano. Tutto, pare, nato dall’estremo tentativo di Bentivogli di convincere Mazzarano, alzatosi in segno di protesta appena salito sul palco il leader dei metalmeccanici Cisl, a non abbandonare i lavori.

Una scaramuccia da clima elettorale, come se ne vedono tante? Una bega di partito? No, niente di tutto questo. Bollare i fatti di Taranto semplicemente come una brutta pagina delle relazioni tra politica e sindacati sarebbe riduttivo. Dietro c’è molto di più, ma per capirlo bisogna cogliere alcuni segnali. Andiamo con ordine.

Primo segno, a stretto giro di posta è arrivata la solidarietà a Bentivogli del segretario provinciale del Pd, Giampiero Mancarelli. Le parole, per una volta, hanno il loro peso specifico. Mancarelli parla apertamente di “escalation che segue le violente dichiarazioni espresse una settimana fa da Emiliano il quale ha accusato i sindacati di mobbizzarlo. Frasi che sono pietre e che continuano ad avvelenare un clima che già è ampiamente compromesso dalla contingente campagna elettorale in corso su questioni altamente complicate”. Tradotto, c’è una parte del Pd (locale) che va contro il Pd (regionale) che va contro il governo (guidato dal Pd) mentre un pezzo importante di industria regionale, per non dire italiana, l’Ilva, rischia di affondare. In mezzo, il ruolo e la responsabilità dei corpi intermedi, sindacati in testa (tutti), che cercano un percorso sostenibile per conciliare salute e lavoro. Qualcosa non torna. evidentemente.

Ancora. Il leader Fim-Cisl ha incassato su Twitter il pronto sostegno di Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico. Calenda e Bentivogli, giova ricordarlo, sono estensori di quel manifesto per l’Industria 4.0 che mira a portare la capacità produttiva made in Italy in una nuova dimensione, competitiva e solidale. Detto questo, se governo e parti sociali lavorano per un interesse comune e non elettorale ed una corrente del partito di maggioranza punta a far saltare il banco,  qualcosa non quadra. La conclusione qual è?

Semplice. La Puglia si sta rivelando il luogo della esaltazione delle divisioni di un Pd che si sta dissanguando in una guerra fratricida, incomprensibile rispetto alle vere priorità del territorio e del Paese. Si guarda, per dirla con un vecchio proverbio cinese, al dito invece che alla Luna. E invece di discutere di proposte concrete per il rilancio dell’Ilva (o per la difesa del Tap, perché no), si preferisce allestire una guerriglia dove le armi sono i ricorsi (Ilva?), gli scontri fisici (Tap) e i dispetti (il dibattito a Massafra?). Emiliano e Calenda, De Vincenti e Renzi sembrano due fazioni antagoniste e non espressioni dello stesso partito. Già, il bene comune. Ad avercelo. Nel dubbio, #NoiStiamoConBentivogli.

populisti, cremaschi, robot, bentivogli

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