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In un’epoca di incertezze globali, rafforzare la cooperazione tra Paesi affini non è solo auspicabile ma necessario. Una convinzione che ha attraversato l’incontro “L’industria healthcare tedesca in Italia: impatto, sfide e prospettive”, ospitato presso la residenza dell’Ambasciatore della Repubblica federale di Germania a Roma e moderato da Flavia Giacobbe, direttrice di Formiche e AirPress. Un appuntamento che ha ribadito come “il settore healthcare sia rappresentativo del potenziale delle nostre due economie, ma anche delle strette relazioni economiche fra Italia e Germania” e, soprattutto, come “nel mondo di oggi l’Europa debba investire nella sua propria forza, sicurezza e competitività”, nella visione dell’ambasciatore tedesco Thomas Bagger.

LA FOTOGRAFIA DEL SETTORE

Al centro della discussione, lo studio realizzato dalla Luiss Business School sul contributo delle imprese a capitale tedesco in Italia. Un lavoro che ha voluto “approfondire l’impatto socioeconomico delle imprese a capitale tedesco in Italia, comprendendo ambiti di attività, investimenti e aree terapeutiche, e offrendo una fotografia quanto più ampia possibile”, come ha spiegatoil professore Luiss Ernesto Cassetta.

I numeri parlano chiaro: 5,4 miliardi di euro di valore di produzione, pari all’8% del totale farmaceutico e dei dispositivi medici, 9mila dipendenti e un export stimato nel 2023 in 1,4 miliardi di euro, con una crescita di quasi otto punti percentuali dal 2020. L’impatto economico complessivo sul territorio sfiora i 3 miliardi di euro, di cui un miliardo in effetti indiretti sulle filiere. Ogni euro di valore aggiunto genera quasi 3 euro per l’intero sistema economico.

L’obiettivo, ha aggiunto, era mostrare come “il contributo che le imprese possono dare al territorio è molto più ampio di quello che restituiscono i semplici numeri”. Le imprese tedesche si distinguono per una governance più stabile rispetto ad altre multinazionali a capitale estero: una struttura proprietaria spesso familiare, che privilegia strategie di lungo periodo, investimenti reali e continuità nelle scelte industriali e di ricerca. Un tratto particolarmente rilevante in una fase di volatilità globale. Ma non solo. Con una presenza diversificata lungo l’intera filiera con un ampio portafoglio di soluzioni terapeutiche, le imprese a capitale tedesco sono un partner strategico per il Ssn. Più di 200 le sperimentazioni cliniche attivate con più della metà degli studi clinici condotti in Fase I e II, percentuale superiore alla media italiana.

UN COMPARTO STRATEGICO IN UN CONTESTO COMPETITIVO

In uno scenario globale altamente competitivo, il settore farmaceutico emerge dunque come uno snodo cruciale. Un comparto che, nella lettura di Andrea Pompermaier, Capo Ufficio III, direzione generale per la promozione del sistema Paese presso il Maeci, “ha tutti gli elementi per essere definito strategico, perché strettamente correlato alla nostra qualità della vita. Un settore farmaceutico prospero significa più qualità della vita per tutti noi”.

“Oggi sappiamo che la competizione non è europea: è mondiale”, ha aggiunto Pompermaier. E si tratta di una competizione che l’Europa sta faticando a sostenere, come ha sottolineato Matteo Caroli, vice dean della Luiss Business School: “Da qualche anno l’Europa scende negli investimenti produttivi e in ricerca, mentre a livello globale gli investimenti crescono, con il peso crescente di Stati Uniti e Cina, e in prospettiva anche di altri Paesi del Sudest asiatico. C’è un tema evidente di competitività europea, e per questo la collaborazione tra i sistemi produttivi dei Paesi Ue diventa fondamentale”.

LE SFIDE REGOLATORIE E DI GOVERNANCE DELLA SPESA

Sul fronte normativo, il contesto europeo sta vivendo un’accelerazione significativa: “È un momento particolare, perché c’è una forte spinta seguita ai rapporto Draghi e Letta e al Competitiveness Compass dell’Unione europea”, ha ricordato Claudia Biffoli, dirigente divisione IV, direzione generale per le nuove tecnologie abilitanti presso il Mimit. Un cambio di prospettiva che rende necessario “osservare i provvedimenti europei non in maniera verticale ma trasversale”, evitando che iniziative legislative non coerenti finiscano per indebolire settori industriali strategici.

La questione regolatoria si intreccia con due nodi ben noti all’industria che lavora nel nostro Paese: burocrazia e payback. Un sistema che, per Christian Poehlking, gruppo healthcare Ahk Italien e Cfo & administration director Boehringer Ingelheim Italy, e resta “un puro meccanismo di budget che andrebbe superato, perché rappresenta un peso importante valutato dalle case madri quando decidono dove investire”. Francia e Spagna, ha ricordato, hanno adottato approcci più ampi, capaci di valorizzare il contributo industriale e scientifico sul territorio, invitando così a prevedere “meccanismi premianti per le aziende virtuose” anche in Italia. Il payback è stato definito “l’elefante nella stanza” da Jorg Buck, consigliere delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica, che ha invitato a ripensare l’intero quadro: la spesa sanitaria deve essere considerata “un investimento e un atto di politica industriale, perché non è un costo: è un investimento che ne genera altri”. La riforma del procurement e del payback, ha insistito, è essenziale per un ecosistema competitivo. E in questa prospettiva, il settore healthcare tedesco “è un asset strategico dell’economia italiana. Anche noi siamo made in Italy, e ci piacerebbe che questo sia riconosciuto come un asset strategico per il Paese”.

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