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La fine dell’Isis è avvolta nel buio, o per meglio dire in tante misteriose oscurità. La disfatta dei miliziani di al-Baghdadi è certa, ma anche le modalità di questa disfatta sono sorprendenti o oscure. Nel poco gentile conflitto mediorientale che ha opposto l’Isis a tante forze in Siria e Iraq si è assistito al sorprendentemente gentile epilogo di tre cruenti e cruciali battaglie: la battaglia libanese di Arsal, e le battaglie siriane di Raqqa e Deir ez-Zoor.

In tutti e tre questi casi i combattenti dell’Isis hanno alzato bandiera bianca e i loro avversari li hanno accompagnati in pullman lontano dai luoghi di combattimento. Con loro, si è scritto, c’erano anche i loro familiari. Dove si trovano tutti costoro? Cosa fanno? Questa domanda diventa rilevante se si considera che secondo alcune stime ancora tutte da verificare solo i figli dei combattenti dell’Isis sarebbero tremila, o forse di più, difficile dirlo. Gran parte di loro sarebbero nati lì, durante il conflitto, ma non tutti. Che ci siano però è certo. Bilal Tagirov, ad esempio, è un bambino di quattro anni. Ceceno, è diventato famoso per essere stato ripreso dai media locali mentre indicava la bandiera irachena tornata a sventolare su Mosul definendola la bandiera degli infedeli. Ora, grazie all’impegno del presidente della Cecenia, Kadyrov, il fedelissimo di Putin che dovrebbe diventare secondo i piani attribuiti al Cremlino il leader musulmano di tutti i musulmani dello spazio ex-sovietico, il piccolo Bilal è tornato in patria. Kadyrov si è speso per lui e per il suo ritorno in patria con tutte le sue forze e in prima persona.

L’impegno umanitario del leader ceceno, che nel 2015, cioè quando la Russia interveniva ufficialmente in Siria contro l’Isis, si disse pronto a inviare ceceni nei luoghi del combattimento, è uno sforzo strenuo e riguarda tanti bambini ceceni. Eh sì, ceceni, perché Bilal Tagirov è ceceno a tutti gli effetti, nato in Cecenia e portato in Iraq dal folle genitore, Khasan Tagirov, proprio due anni fa, in quel 2015 in cui la Russia intervenne in Siria e Kadyrov diede la sua disponibilità a fare altrettanto, se Putin avesse voluto. L’azione umanitaria di Kadyrov non riguarderebbe solo i bimbi, ma secondo alcune fonti anche le vedove o le sventurate consorti dei terroristi di origine cecena finite in Siria e Iraq.

L’impegno umanitario di Kadyrov ha visto il Cremlino al suo fianco. Un esempio: nell’ottobre del 2017 un velivolo russo, capace di trasportare cento persone, sarebbe stato inviato a Qamishli, liberata dell’Isis dai curdi, per portare in salvo sette donne e quattordici bambini appena liberati da un centro di detenzione allestito dai vincitori grazie ad un’azione militare russa. Il portale russo in lingua inglese RT ha però negato che tra le persone salvate ci fossero donne o madri, sostenendo che l’azione umanitaria ha riguardato e riguarda solo minori. Gli adulti, ha chiarito RT, risponderebbero tutti delle loro azioni. C’è però anche anche una correzione di parte curda: da quel fronte si è detto che nessuna azione militare russa avrebbe avuto luogo a Qamishli. Nessun sin qui, almeno per quanto mi risulti, ha smentito che prima di questa operazione di salvataggio, il 17 ottobre, come riferito dal sito curdo Rudaw, l’inviato russo in Medio Oriente, Mikhail Bogdanov, si sia recato di persona a Qamishli per colloqui con le autorità curde.

L’azione umanitaria di Kadyrov e il sostegno ad essa garantito dal Cremlino – includa o non includa le madri dei figli dell’Isis – conforta molti e li induce a ben sperare. Altri però, compreso l’autorevole Foreign Policy, temono che possa esserci un’altra lettura, altrettanto plausibile. Il loro ragionamento prende le mosse da una considerazione: pochi governi, e i governi sono tanti, hanno dimostrato tanta ansia a riprendersi elementi intrisi di radicalismo islamico, e forse è anche per questo che la polemica sul salvataggio garantito o no anche alle madri ha tanto rilievo. Liberarsi di costoro va bene a molti, andarseli a riprendere un po’ meno. A Mosca comunque non sarebbe difficile obiettare che terroristi sono i padri e magari i mariti di questi derelitti e nel caso delle derelitte portate in salvo; ma, visto che secondo Foreign Policy l’aereo impiegato per porre in salvo 21 persone poteva ospitarne cento, il timore che a bordo possa essere salito anche qualcun altro può starci.

Così fonti curde ricordano che l’Isis pubblicò uno dei suoi repellenti filmati di propaganda, in cui giustiziava Magomed Khasiev, un uomo che confessava di lavorare per il servizi segreti russi. Ha scritto Marcin Mamon su Foreign Policy: “Molti in Siria e Iraq dubitano dell’improvviso interesse di Kadyrov per salvare i ceceni. Gli appare più probabile, dicono, che voglia salvare le spie che hanno lavorato per lui”. Duro, certo, ma come non prendere in considerazione almeno il sospetto? Tutto sommato Kadyrov offrì di addestrare le truppe di Assad in Cecenia: per quanto umanitario è pur sempre un uomo consapevole della durezza dei tempi.

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