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Facciamoci caso. La vita reale non è più quella che incontriamo per le strade, nei supermercati, al lavoro o in vacanza, in trattoria o alla tavola calda, in chiesa o allo stadio. La vita vera ormai è quella che ci propinano in televisione o (per chi ancora li legge) sui quotidiani. Prendiamo il caso ricorrente delle emergenze: un mese fa sembrava che dovessero sciogliersi i ghiacciai, prosciugarsi i fiumi, morire di sete gli animali e bruciarsi le coltivazioni. Poi questa emergenza è sparita per cedere il posto a nubifragi, bombe d’acqua, grandinate, trombe d’aria, tifoni e quant’altro. Ma la madre di tutte le emergenze era da anni quella dei profughi che sbarcavano sulle nostre coste. Su questi sbarchi si sono costruite (o tentate solamente) fortune elettorali, si è cercato il consenso dei nostri peggiori concittadini, si è parlato d’invasione, determinando così una percezione amplificata di un fenomeno strutturale destinato a durare e a chiedere di essere governato. Poi anche questa emergenza si è all’improvviso ridimensionata, prima ancora che potessero esplicare i loro effetti le misure adottate dal ministro Minniti. Come è stato sostenuto, siamo ormai abituati ad inventarci le emergenze perché sono per definizione irrisolvibili. Ci sentiamo così legittimati e giustificati a non provare neppure di affrontare e risolvere problemi troppo difficili.

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E l’economia? All’improvviso abbiamo scoperto che è in atto una ripresa di una certa importanza. La spiegazione di questo voltafaccia della comunicazione è una sola: i talk show sono in pausa estiva e i conduttori in vacanza (insieme con il loro affezionato pubblico plebeo e forcaiolo). E nei bagagli hanno infilato anche il pauperismo.

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Una cara amica, ex collega della Camera (l’ex vale per me, visto che lei è ancora in servizio) mi scrive: “Credimi comunque: questa legislatura da un punto di vista umano è sicuramente peggio della passata. Avevamo idee diverse, eravamo maggioranza e opposizione, ma il rispetto reciproco era reale; adesso è veramente solo una guerra a oltranza, ma anche senza obiettivi chiari e soprattutto senza valori e con i tempi che corrono temo che la prossima sarà ancora peggio”.

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Siamo solidali con Laura Boldrini per aver deciso di denunciare coloro che si arrogano il diritto di insultarla sul web. È questa una battaglia di civiltà che la presidente della Camera si appresta a condurre per noi tutti. Chi ha (o ha avuto) un po’ di visibilità è oggetto di attacchi gratuiti, spesso ingiustificati o impropri, come se quegli insulti se li meritasse per il solo fatto di esistere, di avere delle opinioni, di esprimerle e di appartenere (o essere appartenuto) a quella che viene spregiativamente definita la “Casta”. C’è una differenza sostanziale tra questo atteggiamento e il razzismo?

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“Dare i numeri” ha nel linguaggio comune il significato di “sragionare”. Ma perché si evocano proprio i “numeri”? Semplice. Vogliamo fare un esempio appropriato? Basta pensare alla leggenda metropolitana dei 60 miliardi annui – un numero, appunto – attribuiti al sistema di corruttela. Nessuno ha mai spiegato come si arriva a tale cifra. Eppure viene considerata corretta, tanto che qualche imbecille indica il recupero di queste risorse a copertura di ingenti misure di spesa pubblica.

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Quando verrà il momento di dire, con Catullo, “nox perpetua una est dormienda”?

genitori, pediatri, germanellum, rappresentanza sindacale, stato, Giuliano Cazzola

Vi dico quello che non si dice in tv e sui giornali

Facciamoci caso. La vita reale non è più quella che incontriamo per le strade, nei supermercati, al lavoro o in vacanza, in trattoria o alla tavola calda, in chiesa o allo stadio. La vita vera ormai è quella che ci propinano in televisione o (per chi ancora li legge) sui quotidiani. Prendiamo il caso ricorrente delle emergenze: un mese fa…

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