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Dopo i fin troppo entusiastici commenti dei recenti dati Istat sull’occupazione – con qualche lodevole eccezione –  è toccato al Centro Studi Confindustria rimettere le cose a posto e lanciare un vero e proprio allarme sull’emergenza giovani: la bassa occupazione giovanile, sostengono gli economisti di viale dell’Astronomia, costituisce il vero “tallone d’Achille” del nostro sistema economico e sociale. Una situazione che testimonia una profonda crisi del mercato del lavoro e di grave squilibrio fra domanda ed offerta di occupazione. Situazione che è diretta conseguenza della separazione esistente fra i mondi della scuola e del lavoro. Una distanza aggravata dal progresso tecnologico applicato ai processi produttivi che rende obsolete le figure professionali tradizionali, e mina il successo di iniziative di per sé valide come quella di Industria 4.0.

L’Ocse, dal canto suo, ha recentemente collocato le università italiane agli ultimi posti fra i Paesi industrializzati come capacità di fornire laureati in grado di entrare, con successo, nel mondo del lavoro: troppi i laureati in discipline umanistiche e troppo pochi quelli in materie tecnico-scientifiche maggiormente “appetibili” per le aziende. È una realtà che purtroppo ben conosciamo e che ha spinto Cida a sostenere il progetto dell’alternanza scuola-lavoro per creare un valido”trait d’union” fra queste due realtà. Ai giovani diplomati raramente vengono fornite informazioni e suggerimenti utili ad orientare le proprie scelte universitarie prima e professionali dopo. C’è sicuramente un gap da colmare, destinando più risorse pubbliche all’istruzione e intervenendo con decisione per creare e mantenere aperto il dialogo fra scuola e lavoro. E se il primo aspetto è compito della politica e delle istituzioni affrontarlo, sul secondo i manager hanno un ruolo che possono esercitare da subito. Solo i manager, forti della loro esperienza e preparazione professionale, possono svolgere l’indispensabile funzione di “tutoraggio” dei giovani studenti per far loro comprendere i valori sfidanti e formativi del lavoro.

La scelta di un percorso universitario non può essere lasciata al caso, o affidata a tradizioni familiari non sempre collegate alle reali esigenze del mercato. Manca l’orientamento agli studi universitari, non c’è un ‘luogo’ dove domanda ed offerta di preparazione e competenze scolastiche possano confrontarsi. Occorre riprendere le redini di questo dialogo per non disperdere le eccellenze di cui ancora l’Italia dispone: dagli atenei all’avanguardia, agli istituti tecnico-professionali che hanno ‘sfornato’ buona parte della classe dirigente del Paese. Anche il tessuto imprenditoriale, caratterizzato da micro e piccole imprese, spesso autoreferenziali e poco incline ad ‘aprirsi’ all’esterno, non facilita il dialogo con la scuola.

Alla firma del ministero della Pubblica istruzione c’è un protocollo con cui Cida mette a disposizione, gratuitamente, i propri manager per svolgere una funzione di tutoraggio nelle scuole ed accompagnare i giovani nel mondo del lavoro. Un impegno concreto che vuole valorizzare il concetto dell’alternanza scuola-lavoro spesso volgarizzato da un approccio superficiale o, peggio, di sfruttamento degli studenti. L’obiettivo è ambizioso: mettere al centro la ‘risorsa umana’ e investire su di essa. Pensiamo sia il modo giusto per recuperare le posizioni perse nel confronto con gli altri Paesi industrializzati.

Ma certamente questo non basta. Di fronte all’emergenza della bassa occupazione giovanile, occorre un grande investimento nella formazione professionale, coinvolgendo istituzioni, aziende, enti di formazione e parti sociali. È infatti palese ed urgente fornire un’offerta formativa in grado di coprire i fabbisogni dell’intero arco di vita del lavoratore inteso come ‘risorsa’ e, nello stesso tempo, in grado di rispondere alle effettive esigenze delle aziende. Un simile processo formativo, come abbiamo spiegato, non può che iniziare nelle scuole, affiancando al personale docente figure professionali-manageriali che introducano ed accompagnino i giovani nel mondo del lavoro. Altrettanto convinto impegno Cida ha profuso sul versante di Industria 4.0, perché fin dall’inizio di questa esperienza abbiamo caldeggiato la necessità dell’inserimento di adeguate figure manageriali dotate delle necessarie competenze per la gestione di nuovi e complessi processi di produzione. E se, nel caso della scuola, il rischio è di non riuscire ad orientare i giovani verso i percorsi di studio e di formazione utili ad un ingresso positivo (e ben remunerato) nel mondo del lavoro, nel caso di Industria 4.0 il pericolo che si corre è di non disporre delle competenze necessarie al suo corretto funzionamento, e di non saper sfruttare le sinergie con il mondo dei centri di ricerca e delle università.

In entrambi i casi il ruolo dei manager e la messa a disposizione delle loro competenze, rappresenta quel “valore aggiunto” in grado di catalizzare il potenziale di crescita dei nostri studenti e delle nostre eccellenze produttive.

 

 

welfare, sentenza, corte costituzionale

Perché solo dalla formazione arriverà un buon aiuto ai giovani

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