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Qualcuno ha paura che l’Italia scali posizioni e che Giorgia Meloni si ritagli un ruolo diverso e più rilevante. Lo dice a Formiche.net il prof. Paolo Pombeni, professore emerito all’università di Bologna e direttore della rivista il Mulino, che partendo dal veto di socialisti e verdi alla nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea, ragiona sugli errori commessi anche dal Pd contro un candidato italiano e sull’impasse che potrebbe riversarsi sul governo dell’Ue. “L’unica cosa che insegue quel veto è impedire che l’Europa lavori, il che secondo me è una follia in questo momento”.

Il veto di socialisti e verdi alla nomina di Raffaele Fitto apre un problema politico nella maggioranza che sostiene von der Leyen?

Sì, perché mostra che queste forze politiche non hanno capito come funziona l’Europa, che non è una federazione come gli Stati Uniti, ma una cosa che è una via di mezzo fra una confederazione, come dimostra il peso molto forte che ha il Consiglio europeo e i poteri del Parlamento, ma che non sono tali da renderlo determinante. Per cui l’unica cosa che insegue quel veto è impedire che l’Europa lavori, il che secondo me è una follia in questo momento.

Perché il Pd non prosegue la consuetudine di votare il candidato proposto dal singolo Paese, così come in passato Ecr aveva fatto con Paolo Gentiloni?

Perché il Pd è vittima di due cose: da un lato il condizionamento di una parte dell’opinione pubblica che vuole il grande scontro tra destra e sinistra e dall’altro punto il fatto di non avere un leader che sappia pensare politicamente. Se non sei un leader che sa pensare politicamente poi non eserciti alcuna leadership.

I verdi testualmente hanno dichiarato che Fitto “ha dimostrato di non sostenere i valori dell’Ue e durante la sua audizione ha mostrato una totale mancanza di competenza e interesse per gli argomenti del suo portafoglio”. Non sarebbe stato più onesto intellettualmente dire ‘non lo votiamo per un motivo politico’ piuttosto che citare due dati falsi?

Certamente, ma i Verdi sono come tutti gli altri alla ricerca di un’identità che al momento non hanno, perché la vecchia identità ultra ambientalista non sta più in piedi e nemmeno loro hanno un leader capace di pensare politicamente, come è stato a suo tempo Fisher. Quindi è di tutta evidenza che siamo dinanzi ad una classe politica che parla per slogan.

È stato un errore inglobare i Verdi nella maggioranza Ursula bis?

È stato fatto di default, perché nella precedenza maggioranza c’erano. Prendiamone atto, ma al momento significa mostrare un po’ di sensibilità per la questione ambientalista che indubbiamente è una questione centrale. Non si può negare che esiste una questione ambientalista. Poi, che la questione ambientalista si possa risolvere con queste maniere ultra giacobine è secondo me assai discutibile. Anche in questo caso bisognerà essere molto pragmatici e dire ai verdi: se ci state, ci state alle regole del gioco, che sono quelle di fare una politica per l’Europa e non una politica per una certa parte politica come invece stanno facendo quasi tutti i partiti. In caso contrario si farà diversamente.

Se dopo i negoziati tra Ppe, Socialisti Democratici e Renews fino al 20 novembre non si dovesse trovare una quadra, quali sarebbero le conseguenze più immediate?

In primis un blocco dell’attività più o meno fino a gennaio. Io francamente penso che ciò non avverrà per una ragione molto semplice: i governi non lo vogliono. In questo momento i governi hanno bisogno di usare le risorse europee. Non dimentichiamo che c’è l’Ucraina in campo e la guerra in Medio Oriente: aggiungo che il veto si è manifestato nello stesso giorno in cui Macron incontrava Draghi a Parigi per discutere della sveglia da dare all’Europa. Allora è chiaro che a questo punto esso diventa un obiettivo preminente.

Questo ritardo nella formazione del Governo europeo che conseguenze può portare in seno a tutti i dossier complicati, come le due guerre, ma anche nel rapporto con la nuova amministrazione Trump da costruire?

Problemi così complessi richiedono che non si perda nemmeno un giorno. Pensiamo ad esempio al fatto che i trumpiani sostengono che la guerra in Ucraina debbano pagarla gli europei: è una battuta ma va analizzata. Aggiungo che l’Ue ha anche aperta la questione del rapporto con l’Africa che a proposito di migrazioni è un problema vero. No, non c’è proprio tempo per fare i giochini di politica interna che sono alla base del veto a Fitto, anche perché in Germania si voterà a breve, in Francia non si sa ancora se il governo riuscirà a stare in piedi e la Spagna ha i suoi grossi problemi. Posso pensare che qualcuno abbia il terrore che l’Italia acquisti posizioni, perché una parte delle forze politiche pensa legittimamente che ci sia bisogno di allargare la presa del consenso e naturalmente se Meloni si ritaglierà un profilo, non voglio dire alla Merkel, ma insomma un profilo più razionale, naturalmente guadagnerà molte posizioni. E questo il Pd non glielo vuole concedere. Ma sono calcoli di chi non sa ragionare di politica in un momento difficile come questo.

Qualcuno ha il timore che Meloni scali posizioni. Parla Pombeni

Paolo Pombeni, professore emerito all’università di Bologna e direttore della rivista il Mulino, partendo dal veto di socialisti e verdi alla nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea, ragiona sugli errori commessi anche dal Pd contro un candidato italiano e sull’impasse che potrebbe riversarsi sul governo dell’Ue

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