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In Turchia la deriva autoritaria di Recep Tayyip Erdogan va avanti silenziosamente, ma soprattutto senza che nessuno si opponga. Ieri nel Paese c’è stato un punto di non ritorno. A Istanbul si è aperto il processo contro gli 11 attivisti dei diritti umani che erano stati arrestati nel luglio scorso. Fra questi c’è anche la direttrice di Amnesty International, Idil Esen, e due cittadini europei, nello specifico uno tedesco e uno svedese.

Sono tutti accusati di supporto a organizzazione terroristica sia Feto, il network di Fethullah Gulen, l’ex imam in autoesilio negli Usa, nemico numero uno di Erdogan e accusato di essere dietro al golpe del luglio 2016, sia gruppi curdi più o meno vicini al Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan.

Rischiano da sette a 15 anni di carcere, nonostante le proteste dell’Unione Europea, in particolare della Germania di Angela Merkel sempre più irritata dall’atteggiamento di Ankara, che durante le purghe di Erdogan ha arrestato più di una persona con il passaporto tedesco.

Il repulisti del presidente, intanto, continua e ormai non si ferma più nemmeno davanti a chi, fino a poco tempo fa, veniva considerato intoccabile. È il caso di Meil Gokcek, sindaco di strada da 20 anni e che nelle scorse ore è stato accompagnato alla porta da Recep Tayyip Erdogan in persona, dopo un braccio di ferro durato giorni e che aveva portato alcuni a pensare che per il presidente fosse arrivato un momento di difficoltà nella gestione del suo strapotere.

Speranza vana, perché Gokcek dopo un iniziale momento di resistenza, ha chinato la testa davanti a quello che ormai è il padrone assoluto della Turchia. Il mese scorso, anche il sindaco di Istanbul, Kadir Topbas, alla guida della città da 13 anni, ha dovuto rassegnare le dimissioni, silurato in poco più di 48 ore. Nei corridoi del potere si sussurra, non a torto, che gli ormai ex primi cittadini abbiano pagato il risultato deludente al referendum, dove il no alla riforma costituzionale che ha dato a Erdogan poteri pressoché illimitati, ha vinto, seppure di pochissimo.

La strategia del presidente, per molti, è quella di prepararsi alle politiche del 2019, quando il Parlamento, proprio in grazia della riforma costituzionale, conterà molto meno, ma anche quando Erdogan inizierà ad acquisire alcuni dei super poteri a cui anela da tempo. Per questo, secondo alcuni analisti, il capo di Stato potrebbe essere tentato dal voto anticipato a novembre 2018. E allora il siluramento di uomini-chiave avrebbe ancora più senso.

Ma chi conosce Erdogan sa che non è un tipo che dorme all’umido. Topbas, l’ex sindaco di Istanbul, sulla carta è sempre stato un indipendente simpatizzante dell’Akp, che quindi era meglio rimpiazzare con un fedelissimo. Gokcek, in 20 anni da primo cittadino della capitale, si era ritagliato una sua fetta di influenza che lo aveva comunque fatto diventare, localmente, molto potente. Troppo, per i gusti di Erdogan, che ha preferito toglierlo di mezzo prima che diventasse pericoloso e in un modo così plateale da servire da insegnamento a chi volesse cercare di mettersi contro di lui.

Come avanza la deriva autoritaria di Erdogan in Turchia

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