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Dopo l’intervento di qualche giorno fa sui media di Silvio Berlusconi, si è rianimato il dibattito all’interno del centrodestra italiano. Stando alle parole del leader di Forza Italia non vi sarebbero preclusioni a lavorare per un nuovo inizio nel segno dell’unità, sebbene permangano i distinguo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni; mentre vi sarebbe una chiusura totale di Fi con il M5S e con il Pd.

Vedremo. Anche perché Berlusconi ha ribadito a Porta a Porta che egli resta un convinto proporzionalista ed è ben felice di poter andare alle elezioni comunque da solo. Per suo conto la Lega, principale alleato eventuale del Cav., si è mostrata molto più aperta verso i grillini di Fi.

Comunque sia, siamo davanti ad un classico caso nel quale niente è più reale dei concetti astratti; e se un centrodestra può esistere a livello di coalizione, allora deve esserlo sulla base di alcune idee comuni, di alcuni valori condivisi, superiori alle ovvie differenze di ogni partito componente.

Proverò ad indicare tre concetti che a me paiono assolutamente qualificanti e dirimenti.

In primo luogo, una piattaforma politica di centrodestra deve fondarsi non sulla vaghezza o sugli idealismi, ma sulla concretezza. E con questa parola non si deve intendere un mero pragmatismo di circostanza, che serva a questo o a quello, ma una precisa visione dello Stato, della società e, alla fin fine, perfino della realtà nel suo insieme. Un programma liberal-conservatore, quale quello che dovrebbe ispirare tale coalizione, deve potersi distinguere dal movimentismo grillino e soprattutto dal riformismo renziano (nonché, ancor più dalla sinistra integrale) perché sostiene il primato della società civile, del popolo in carne ed ossa, dotata di un suo proprio ordine preciso, rispetto al potere invasivo e dirigistico della politica. Non si tratta tanto di attuare qualcosa di sperimentale, creando situazioni che non ci sono e rischiano di peggiorare le cose, ma di togliere e sottrarre la presenza inutile del potere politico e finanziario dalla società e dalle persone. Questo significa concretezza. Per farlo bisogna avere un’antropologia positiva, una visione ottimista e consapevole delle risorse umane e produttive a disposizione dell’Italia, di quanto è presente nei sogni e nei desideri possibili dei cittadini, liberandone le energie senza paura e indecisioni.
Questa premessa definisce in senso pieno essere liberali oggi: pensare cioè che la politica deve essere presente sicuramente in ciò che le compete, ma assente in ciò che non le compete per nulla. Da qui l’esigenza di liberalizzare, detassare e tutelare il capitale produttivo per creare lavoro, rimuovendo ogni controllo esterno inutile di tipo burocratico, sia esso nazionale ed internazionale, visibile e invisibile.

In secondo luogo, è urgente concepire gli obiettivi di governo come limitati e legati ad un primato assoluto della persona individuale rispetto allo Stato e ad altre dimensioni organizzative sussidiarie. In questo senso non può esservi un progetto di centrodestra senza una chiara idea dell’individuo come principio e fine di ogni azione sociale ed economica. Una politica personalista è, infatti, sempre flessibile perché adatta le leggi alla società eterogenea, come un guanto ad una singola mano, e non costringe gli uomini nella gabbia di incomprensibili norme coercitive e astratte.

In terzo luogo, è necessario valorizzare al massimo la sfera comunitaria, intesa non come un tutto mondiale assoluto e indeterminato, sovrapposto ed estraneo ai cittadini, bensì come “quel cerchio concreto e diretto di relazioni soggettive e solidali” che si costituiscono attorno alla singola persona e si legano naturalmente all’esercizio volontario della solidarietà. Un’idea di comunità, in effetti, è il contrario sia del familismo e sia del collettivismo: si basa sulla finitezza e limitatezza delle società, nella cui particolarità, partendo dagli affetti e dai rapporti di riconoscibilità reciproca dei cittadini, si sviluppa la generosità della vita spirituale, culturale, democratica ed economica di un Paese. Quest’ultimo punto implica che inevitabilmente la sfera della politica abbia un raggio di azione comprensibile e peculiare, che gli obblighi rappresentativi di un progetto di governo riguardino essenzialmente elettori e cittadini, i quali non possono identificarsi con tutto il genere umano, ma solo con una sua parte definita, incarnata nel corpo elettorale in relazione ai confini umani e territoriali dello Stato. Fermo restando il rispetto per ogni essere umano, la politica guarda al tutto, ma ha doveri allacciati principalmente all’interesse proprio di quelle persone che, interne ad una singola comunità, ne sono i destinatari e i protagonisti originari. Appunto per questo non soltanto è necessario un welfare della sicurezza forte e incisivo di tipo nazionale, ma è indispensabile una revisione positiva dei rapporti internazionali, e in specie di quelli europei, sulla base di un’idea non globalista e dirigista, ma pubblica e statuale della politica al servizio del bene comune.

Su questi tre principi è possibile che il centrodestra torni ad essere unito, ed è probabile che liberali e conservatori si rivelino ancora oggi la vera maggioranza elettiva di governo nel Paese.

manchester

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