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Lo scambio di battute al vetriolo tra il segretario del Partito Democratico (che già si considera insediato a Palazzo Chigi) ed il ministro dell’Economia e delle Finanze indica non solo che la campagna elettorale è già iniziata nonostante non si conoscano i dettagli della legge letterale ‘simil tedesca’ ma con varianti per compiacere questo o quello. Il diavolo – dice un proverbio inglese – si nasconde nei dettagli. Non sono un costituzionalista, ma colleghi costituzionalisti sostengono che gran parte degli emendamenti presentati hanno l’obiettivo di stravolgere il ‘modello tedesco’ a cui ci si dovrebbe essere ispirati per dare spazio alla simil-elezione di nominati portati in Parlamento in quanto fedelissimi dei segretari dei Partiti.

Tuttavia, proprio “il semestre europeo” 2016 è in corso all’insegna dell’incertezza. Da un canto,  lo “sfasamento” tra i tassi di crescita tra i Paesi “emergenti” (sostenuto), nord-americani (buono) ed europei (lento, in alcuni casi addirittura rasoterra, con l’eccezione di quello della Germania e dell’area ad essa più vicina) è un elemento che di per se stesso innesca incertezza sul futuro dell’economia mondiale. Da un altro, la volatilità dei corsi delle materie prime rendono difficili previsioni pure di aggregati, come l’andamento del Pil e dell’inflazione, di norma facilmente stimabili con strumentazioni econometriche anche relativamente semplici. Da un altro, in un ambito molto più vicino a noi, la rapida evoluzione politica nella sponda inferiore ed orientale del Mediterraneo ed il terrorismo nel cuore della stessa Europa rendono particolarmente arduo delineare il contesto delle politiche economiche dell’Eurogruppo e dei singoli Stati della zona anche soltanto per l’arco dei prossimi mesi. Su tutto questo incombe l’incertezza dei risultati delle elezioni legislativa in Francia e Germania nonché di quelle eventuali in Italia.

Quindi, proprio mentre il “semestre europeo” ha lo scopo di far sì che le politiche economiche vengano formulate ed attuate in un quadro noto e prevedibile (per tutti gli interessati), si è costretti a navigare a vista. In nebbie, quelle dell’incertezza, molto più spesse e molto differenti rispetto a quelle del rischio (che possono essere in gran parte scrutate facendo uso del calcolo delle probabilità) poiché, mentre il rischio riguarda gli andamenti di una o più variabili, l’incertezza attiene al cambiamento inatteso dell’intera situazione.

Ciò ha profonde implicazioni tecniche e politiche. Da un lato, le politiche economiche in un contesto d’incertezza richiedono l’analisi di ‘opzioni reali’ per ampliare, ridurre o comunque modificare tempestivamente programmi e misure. Non mancano metodologie e tecniche per farlo. Sono state codificate circa una venticinquina di anni fa per gli investimenti e gradualmente estese alla politiche. Anche in Italia sono state sperimentate in progetti di ricerca condotti (nel 2001-2006) dal ministero dell’Economia e delle Finanze, dal ministero delle Comunicazioni e dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Non tutti gli Stati dell’Eurogruppo dispongono, però, dei dati di base per applicarla; in Italia, la sperimentazione si è di fatto interrotta poiché alcuni elementi statistici di base erano diventati obsoleti.

Da un altro, ove superato lo scoglio tecnico, resta quello politico. I metodi, le tecniche e le procedure per formulare e valutare azioni economiche in condizioni d’incertezza sono unicamente un sopporto a decisioni spedite da parte di Governi e Parlamenti. Quanti Stati dell’Eurogruppo hanno Costituzioni e procedure che lo consentono? È questa una determinante dell’andamento sconfortante della crescita in gran parte d’Europa.

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