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I seguaci renziani nel Pd esultano per l’altissima percentuale di voti ottenuta dal loro capo Matteo. Chi sta al di fuori della contesa, invece, rimane molto critico. Il motivo è presto spiegato: gli iscritti al partito sono diminuiti di ben centomila (400.000), alle urne per l’elezione del segretario si sono presentati meno del 60%, (per una competizione interna pochi), di cui Renzi ha conquistato il 66%, Orlando 28%, Emiliano 6%. Come è dato constatare, il plebiscito per l’ex segretario di cui molti media parlano è solo una montatura, perché i circa 156.000 voti non sono proprio una marea di voti, visto che alle ultime elezioni vere il Pd ha incassato intorno agli 11 milioni di consensi.

È confermato, quindi, che il partito renziano punta tutto sull’aspetto psicologico, occultando quello logico, in modo che il capo appaia sempre vincente, secondo la vulgata dei mezzi di informazione amici. Di che non si capisce, considerato che il governo Gentiloni-Padoan per la negativa e triste eredità ricevuta da Matteo Renzi sarà costretto a far pagare altre tasse agli italiani.

La maggior parte dei cittadini è ormai consapevole che il governo del giovane fiorentino è stato funzionale solo a rafforzare il potere della congrega toscana. L’Italia, invece, ha bisogno di un governo solido, coraggioso, responsabile perché siano garantite, prima d’ogni cosa serietà nei bilanci e decisione nelle leggi, coerenti coi bisogni della gente più in difficoltà. Un rapporto sereno e leale con gli organismi comunitari di Bruxelles è da perseguire a tutti i costi. Atteggiamenti bullisti hanno fatto perdere all’Italia in questi anni molto del suo prestigio in campo europeo e internazionale, regalandole nel contempo censure e antipatie da parte dei partner europei. In sostanza, bisogna allargare l’orizzonte internazionale e avere una politica estera lineare e non a zig zag come è avvenuto negli ultimi lustri.

L’informazione nazionale, forse per non dispiacere la parrocchia renziana indugia sul dato aritmetico del congresso Pd, dimenticando che questo senza una piattaforma politica realista e condivisa non serve a niente. Non a caso, durante le assemblee nei circoli del Pd raramente si è discusso di vera politica, quella che riguarda soprattutto il benessere della gente comune.  È vero che siamo immersi nella società dei due terzi, ma questo non significa che coloro che non rientrano tra questi devono vivere l’eterna condizione di abbandono. Il buon governo tende sempre, per vocazione antica ad includere: i meno fortunati, i più deboli, i più bisognosi.

L’imperativo categorico: la “politica come la più alta forma di carità” dovrebbe essere il faro che illumina sempre il cammino della buona politica. Renzi, che guarda con tanto interesse al ruolo che giocano in questo tempo le lobbies e la finanza speculativa, legate intrinsecamente alle dottrine liberiste, non si può certo considerare il capo di una  forza politica popolare. Anche le assemblee congressuali del suo partito lo testimoniano.

 

Paolo Gentiloni e Matteo Renzi

Matteo Renzi, il congresso Pd e il bullismo politico

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