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È un appello, accorato, a sotterrare le asce di guerra e a riprendere il dialogo sulle riforme. E, in particolare, sul Premierato. Uscire dalla posizione barricadera e abbracciare la strada della condivisione in nome del bene superiore: l’esigenza di avere, finalmente, governi stabili ed efficaci.

Sono tantissimi i costituzionalisti, i politici e gli intellettuali che hanno aderito all’iniziativa promossa da LibertàEguale, IoCambio, l’associazione Riformismo e Libertà e dalla Fondazione Magna Carta.

La presentazione del “manifesto”, presentato nel corso dell’iniziativa “Dopo le elezioni inglese e francese quale confronto sul premierato alla Camera”, è coordinata dal costituzionalista Stefano Ceccanti, tra i più lucidi analisti della riforma che prossimamente dovrà essere discussa dai deputati dopo la prima lettura al Senato.

A inquadrare lo stato dell’arte della riforma è l’ex deputato – tra i massimi esperti di architettura costituzionale – Peppino Calderisi, che dà il là a Nicola Drago (presidente di IoCambio), per lanciare un’esortazione direttamente al Carroccio. “Occorre che la Lega sdogani il ballottaggio. Non è più possibile arroccarsi dietro queste posizioni pregiudiziali. Se Salvini cederà su questo punto, verranno abbattuti tutti gli argini e anche la minoranza non avrà più alibi”.

Anche la docente ed ex politica, Claudia Mancina sottolinea la necessità di una riforma “il più possibile condivisa, tanto più che è un tema sul quale lavoriamo da decenni senza un esito reale. L’opposizione – dice – deve superare questo assetto da guerra: per il Pd è assurdo contrapporsi al premierato”. Dopo un’analisi degli esiti elettorali tra Gran Bretagna e Francia – Mancina chiude l’intervento con una provocazione. “Vorrei che fosse chiaro un concetto – chiosa – il premierato non ha nulla a che fare con il patriarcato, come ho sentito dire più volte”.

“In questo momento – analizza Angelo Panebianco, docente ed editorialista del Corriere della Sera – siamo sostanzialmente in una fase di stallo. Ci troviamo di fronte a due chiusure totali che si contrappongono, anche perché a mio modo di vedere c’è una parte della politica – anche di maggioranza – a cui tutto sommato questa forma di governo va bene. Il vero nodo è legato alla legge elettorale”.

È un assist perfetto per Gaetano Quagliariello, che si muove sulla stessa prospettiva di analisi. “Non è pensabile – dice il presidente di Magna Carta – pensare che la riforma sia un capitolo a parte rispetto alla legge elettorale. Quest’ultima è, infatti, parte integrante e significativa della revisione della forma di governo”.

Il caso britannico e il caso francese si prestano a corroborare la tesi di Quagliariello. “Se in Francia si fosse votato con il sistema inglese – scandisce – avremmo assistito a una vittoria di Marine Le Pen e del Rassemblement National. Al contrario, con ogni probabilità, se in Inghilterra avessero votato con il sistema francese, avrebbero prevalso i conservatori”.

Ed ecco perché, in Italia, occorre “smetterla con le posizioni pregiudiziali e con l’ostruzionismo sulla legge elettorale”.

Un monito valido tanto a destra quanto a sinistra.

L’ex ministro Cesare Salvi dice a chiare lettere che “occorre scongiurare una sfida all’Ok Corral”, ma d’altra parte il premierato “che può essere una risposta a tanti problemi del nostro sistema istituzionale”, “è una riforma scritta male” e che “non contiene un richiamo alla legge elettorale”.

Se per l’ex sottosegretario Natale D’Amico in questo momento “occorre una legittimazione del governo democratico” perseguibile attraverso una riforma condivisa – di qui l’opportunità per il centrodestra, “aprendo ad alcune modifiche” di “fare qualcosa di rilevante per il futuro del Paese – secondo Enrico Morando “tira un’aria di rassegnazione”.

“Rivedere la forma di governo – dice l’ex senatore – è necessario. Questa strada va percorsa senza retorica, profondendo tutti gli sforzi verso una vera condivisione”. E, tra l’altro, l’ipotesi del ballottaggio “è coerente con la scelta politica fatta dalle due leader dei principali partiti italiani: il premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd, Elly Schlein”.

I saluti conclusivi spettano a Enrico Borghi, senatore di Italia Viva e membro del Copasir da cui arriva, ancora una volta, il richiamo all’esigenza di “tradurre in concreto lo spirito di condivisione”. “Non è lesa maestà – così Borghi – recuperare l’idea che il premier possa essere eletto direttamente dai cittadini”. Ma non solo il governo “si è posto in modo muscolare, avanzando la sua proposta”, secondo il renziano “affinché la revisione della forma di governo sia valida, occorre rompere il bicameralismo perfetto”.

Sul premierato serve condivisione. L'appello dei costituzionalisti

Sono moltissimi i costituzionalisti, gli ex politici e i giuristi che hanno aderito all’appello promosso da Magna Carta, Libertà Eguale, IoCambio e associazione Riformismo e libertà. L’obiettivo è quello di superare la contrapposizione ideologica sul premierato e arrivare a una riforma il più possibile condivisa. La chiamata alla responsabilità è bipartisan, in attesa della discussione alla Camera

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