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C’è qualcosa di distorto nell’economia cinese, un controsenso di fondo che rischia di vanificare ogni sforzo. Pochi giorni fa da Pechino è arrivato un ordine di scuderia: le grandi banche del Paese, statali in primis, devono ricominciare a concedere prestiti alle società immobiliari, tutte con un piede nella fossa o quasi. Il film è di quelli già visti, un secchio bucato dove si continua a mettere acqua. Per anni gli istituti hanno finanziato i colossi come Evergrande, sicuri che lo sviluppo immobiliare avrebbe garantito il rimborso dei prestiti. Invece no, i cinesi hanno smesso di comprare casa, i prezzi sono crollati, interi quartieri sono rimasti invenduti e le società del mattone non hanno potuto restituire i finanziamenti.

Le banche più grandi hanno resistito, quelle minori sono saltate per aria, arrivando a tenersi i soldi dei correntisti pur di sopravvivere. Adesso la storia si ripete. Ma sono le stesse banche a ricordare al partito che è inutile continuare a prestare denaro a chi non può ridarlo indietro. La prova è nella montagna di crediti inesigibili, figli alla prima ondata di prestiti. Se già quei soldi non sono stati restituiti, che senso ha prestarne ancora? I numeri parlano chiaro, le quattro principali banche statali cinesi hanno segnalato collettivamente un aumento dei crediti inesigibili totali nel 2023, a causa in particolare delle gravi difficoltà nel settore immobiliare che ha forte necessità di credito.

Industrial and Commercial Bank of China, la maggiore banca cinese, Bank of China, China Construction Bank e Agricultural Bank of China hanno riferito che il totale dei loro prestiti in sofferenza ha raggiunto 1.230 miliardi di yuan (157 miliardi di euro) nel 2023, in aumento del 10,4% rispetto a 1.117 miliardi di yuan (143 miliardi di euro) nel 2022. Di più. I crediti inesigibili ai giganti immobiliari sono saliti a 183,9 miliardi di yuan (23,5 miliardi di euro) nel 2023, da 180,1 miliardi di yuan (23 miliardi di euro) nel 2022, con due banche su quattro che hanno segnalato aumenti rispettivamente del 43,31% e 1,25%.  I crediti inesigibili per l’edilizia, come denaro prestato a società di materiali da costruzione o di servizi immobiliari, sono invece balzati tra i quattro istituti di credito del 38,38% a 33,5 miliardi di yuan (4,3 miliardi di euro) nel 2023 rispetto all’anno precedente.

Tutto questo mentre, ed ecco che i conti tornano, Country Garden, gemella di Evergrande ma privata, ha annunciato di “non essere in grado di pubblicare il bilancio 2023” entro fine mese, avendo la necessità di raccogliere più informazioni per le stime contabili appropriate. E in un file inviato alla Borsa di Hong Kong, il colosso immobiliare privato cinese, finito in default e su cui pende una richiesta di messa in liquidazione, ha spiegato che i titoli saranno sospesi dalle contrattazioni. Mentre Nubi intanto si addensano anche intorno a Vanke, promotore immobiliare parzialmente controllato dalla municipalità di Shenzhen, che l’anno scorso era stato il secondo maggiore operatore cinese in termini di vendite. La società ha annunciato una caduta dell’utile del 46% a 12,16 miliardi yuan (circa 1,5 miliardi di euro). Tutto torna. Anche a Pechino?

Lo strano caso cinese. Il corto circuito tra banche e mattone

Pochi giorni fa il governo ha intimato alle grandi banche statali di riprendere a finanziare i colossi dell’immobiliare, ormai moribondi. Ignorando che i crediti inesigibili legati proprio a quel comparto sono ormai oltre la soglia di guardia.E che Country Garden stia seguendo il destino di Evergrande

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